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Puerperio: che cos’è e cosa succede durante questo periodo

puerperio: che cos'è e consigli per la neomamma

Il puerperio è una fase molto delicata della vita di una donna e del suo bambino. Se poi si tratta del primo parto, l’esperienza è una delle più significative mai vissute. Sono mesi caratterizzarti da forti emozioni, cambiamenti nel corpo e da una nuova relazione, quella con il proprio piccolo, e dal nuovo ruolo di mamma.

È anche un momento che coinvolge aspetti fisiologici, emozionali e sociali per la donna, il neonato e l’intero nucleo familiare.

Il puerperio è il periodo che inizia dopo l’espulsione della placenta e termina con la ripresa dell’attività ciclica ovarica (individuata dalla prima mestruazione dopo il parto, detta capo-parto) e delle funzioni dell’apparato genitale.

Ha una durata variabile ma convenzionalmente oscilla tra le 6 e le 8 settimane. Subito dopo l’espulsione della placenta (detta secondamento), le prime due ore sono definite post partum per gli importanti cambiamenti che comportano e che segnano il passaggio dell’organismo dallo stato gravidico a quello puerperale.

Cosa si intende per puerperio: periodo e definizione

La parola deriva dal latino puerpera, composto da puer (fanciullo) e pàrere (partorire). E’ quindi quel periodo che inizia dopo il secondamento, cioè l’espulsione della placenta, e si conclude con la comparsa del flusso mestruale, che rappresenta il ripristino della funzione ovarica. Nella donna che non allatta la sua durata è stata convenzionalmente identificata tra 6 e 8 settimane.

Nell’80% delle puerpere che non allattano, il capoparto si verifica entro 6 settimane dal parto, mentre nelle puerpere che allattano, tale periodo si può estendere per tutto il tempo dell’allattamento.

In questa definizione non sono comprese le 2-3 ore successive al secondamento che caratterizzano il post parto, periodo necessario affinché all’emostasi placentare (cioè la normale risposta fisiologica del corpo per la prevenzione e l’interruzione del sanguinamento/emorragia) subentri l’emostasi definitiva.

Insomma, il post parto è il lasso di tempo che inizia subito dopo il parto e termina nelle 2 ore successive con l’espulsione della placenta. Il puerperio, invece, è il periodo di tempo che inizia subito dopo il parto e termina con il ritorno delle mestruazioni.

Quanto tempo impiega l’utero a tornare normale dopo il parto?

L’utero, ancora dilatato, continua a contrarsi per un po’ di tempo, divenendo progressivamente più piccolo nelle due settimane successive.

Tali contrazioni sono irregolari e spesso dolorose e si intensificano con l’allattamento. L’allattamento, infatti, stimola la produzione di ossitocina, un ormone che a sua volta stimola la produzione di latte e le contrazioni uterine.

Solitamente, dopo 5-7 giorni, l’utero è rigido e asintomatico, ma risulta ancora dilatato. Entro 2 settimane dopo il parto, ritorna quasi alle dimensioni iniziali e dopo 4 settimane torna alla sua normalità.

Cosa può accadere alla mamma durante il periodo di puerperio?

Come abbiamo accennato, il corpo femminile è andato incontro a una importante trasformazione durante la gravidanza. Infatti, durante i nove mesi si è lentamente adattato per ospitare il suo bambino e farlo crescere dentro di sé.

Dopo il parto, invece, i cambiamenti sono fisiologicamente più rapidi: l’utero, entro circa dieci giorni, assume di nuovo le sue dimensioni originali e gli altri organi all’interno della cavità pelvica tornano alla loro posizione originaria.

Si verifica anche una ridistribuzione dei liquidi corporei, più evidente soprattutto nelle donne che in gravidanza hanno sofferto di ritenzione idrica e gonfiori.

È anche possibile che durante il parto si siano verificate delle lacerazioni spontanee o che sia stata necessaria l’episiotomia, i cui punti di sutura ci metteranno qualche giorno prima di essere riassorbiti.

Se invece la donna ha avuto un parto cesareo, il tempo necessario per il riassorbimento dei punti e la cicatrizzazione sarà maggiore.

È possibile che durante il puerperio si manifestino alcuni disturbi, come mal di schiena, perdite vaginali, incontinenza, stanchezza, sudorazione e variazioni ormonali.

Vediamo nel dettaglio i principali.

Perdite vaginali

La puerpera, per un periodo di tempo variabile tra le 2 e le 4 settimane, ha delle perdite vaginali (dette lochiazioni) che indicano che l’utero sta tornando alle sue condizioni originarie. Infatti, la contrazione costante dell’utero consente di eliminare eventuali residui del tessuto placentare.

Allo stesso tempo, l’endometrio si ripristina e la ferita causata dal distacco della placenta si rimargina. All’inizio le perdite sono abbondanti e di colore rosso vivo, ma diminuiscono man mano, fino a diventare piccole perdite rosso scuro o marrone per alcuni giorni.

Piccole perdite di urina

Una leggera incontinenza, con piccole perdite urinarie soprattutto a causa di uno sforzo, una risata, uno starnuto o un colpo di tosse, è normale se scompare spontaneamente in qualche settimana.

Se continua, è bene rivolgersi al proprio ginecologo per valutare le cause dell’incontinenza e gli eventuali trattamenti per la riabilitazione del pavimento pelvico da parte di personale specializzato.

Costipazione e sudorazione

Subito dopo il parto, costipazione e stitichezza possono essere normali, anche per la possibile infiammazione e congestione delle emorroidi che, in alcune donne, è una tipica conseguenza del parto. Si può quindi variare l’alimentazione, consumando cibi ricchi di fibra come frutta e verdura e cereali integrali. È utile anche bere molta acqua per ammorbidire le feci.

Ad alcune neo mamme, poi, spesso capita di sudare di più dopo il parto, soprattutto la notte. Ma niente paura: è il corpo che si adatta al ritorno dei normali livelli ormonali.

Emorroidi

Le emorroidi, piuttosto comuni in gravidanza, possono presentarsi anche nel periodo post parto. Le vene presenti nel tessuto all’interno dell’ano si gonfiano e aumentano di volume, provocando emorroidi, interne o esterne, che causano prurito, bruciore, dolore, difficoltà di evacuazione e sanguinamento rettale.

Le emorroidi possono essere causate dallo sforzo del travaglio in caso di parto naturale, mentre il parto cesareo in genere non ne favorisce l’insorgenza. È anche possibile, indipendentemente dalle modalità con cui la donna ha partorito, che dopo il parto persistano le emorroidi che si sono sviluppate in gravidanza, anche se nella maggior parte dei casi scompaiono da sole qualche settimana dopo la nascita del bambino.

Se questo non succede, o se le emorroidi sono comparse proprio come conseguenza del parto, è bene seguire alcuni accorgimenti per alleviarne i sintomi e farle passare più in fretta.

È utile non passare troppo tempo sedute o in piedi per non aumentare la pressione sulla zona rettale. Cerca invece di stare il più possibile distesa, applica del ghiaccio sulla parte oppure fai dei bagni con acqua tiepida nella vasca, oltre naturalmente a mantenere pulita la zona anale, specie dopo l’evacuazione.

Se ti interessa l’argomento, scopri i migliori rimedi per le emorroidi.

Nel caso in cui, dopo il parto naturale, siano stati applicati dei punti di sutura nella zona rettale o perineale, è consigliabile concordare con il medico le modalità di cura e gli eventuali prodotti per uso topico da usare. È bene anche chiedere consiglio al medico sui farmaci da assumere, soprattutto se si sta allattando.

Problemi ai genitali

La zona perineale, ossia quella compresa tra ano e vagina, dopo essersi dilatata per consentire il passaggio del bambino, nei giorni successivi al parto è traumatizzata, edematosa e con i tessuti tanto gonfi da intimorire molte donne, che invece devono prendersene cura con prodotti specifici.

Tutta la zona perineale risulta dolente e può provocare anche bruciore.

Inoltre, in presenza di episiotomia o dei punti per le lacerazioni, il dolore e il bruciore possono essere avvertiti con maggiore intensità.

I punti di sutura cadono dopo circa un paio di settimane dal parto. In questa fase, è consigliabile:

Per le prime 24 ore dopo il parto è possibile lenire questi disturbi ricorrendo a impacchi di ghiaccio o alla classica borsa, ma di acqua fredda.

In seguito, il fastidio e il dolore possono essere contrastati detergendo l’area vaginale con acqua calda 2 o 3 volte al giorno. Un altro rimedio semplice è il semicupio: sedute con perineo e glutei immersi nell’acqua fresca.

Puerperio e depressione post parto

La gravidanza e il puerperio rappresentano uno degli eventi più complessi dell’esperienza umana.

In questa fase, le donne sono più vulnerabili e possono sviluppare disturbi psichici a causa dei numerosi cambiamenti fisiologici e psicologici conseguenti al parto.

La depressione post-partum, o depressione puerperale, è il disturbo più comune nel periodo post-natale e, come tale, colpisce circa l’8-12% delle donne, con esordio tra la sesta e la dodicesima settimana dal parto.

Tuttavia, meno della metà delle donne chiede un aiuto concreto, ritardando così la diagnosi e il trattamento, con possibili conseguenze non solo sulla madre, ma anche sul resto del nucleo familiare e soprattutto sul neonato. 

Da un punto di vista diagnostico, la depressione post-partum rientra nel più complesso quadro dei disturbi psichici del puerperio e, in base all’intensità dei sintomi, occupa un posto intermedio tra il Baby Blues (Maternity Blues o post-partum blues) e la psicosi del post-partum.

Il primo è un quadro clinico lieve, che insorge in corrispondenza della prima settimana dopo il parto, caratterizzato da una flessione del tono dell’umore, maggiore emotività con facilità al pianto, astenia, ansia, irritabilità e talora  lievi disturbi della memoria e di concentrazione. Colpisce più del 50% delle madri e non dura più di qualche giorno, risolvendosi per lo più spontaneamente.

Se vuoi saperne di più, leggi il nostro approfondimento sulla depressione post-partum.

Puerperio: dopo quanto tempo dal parto si possono riprendere i rapporti sessuali?

Alcune donne chiedono spesso al proprio medico quando sarà possibile riprendere i rapporti sessuali e quindi recuperare l’intesa sessuale di coppia dopo il parto. In altri casi, invece, le neo mamme non ci pensano nemmeno, non hanno l’umore adatto e fanno un po’ fatica a ritrovare il desiderio sessuale. Si tratta comunque di evenienze del tutto normali.

I medici generalmente, consigliano di aspettare 4-6 settimane dopo il parto, indipendentemente se naturale o cesareo. Il puerperio, in realtà è proprio il tempo che occorre al nostro corpo per riprendersi completamente.

È meglio quindi attendere che i sintomi tipici di questa fase, come perdite vaginali, stanchezza, secchezza vaginale e scarso desiderio sessuale, siano superati. Tuttavia, in caso di episiotomia, è possibile dover attendere qualche giorno in più. 

La ripresa dell’attività sessuale è un aspetto delicato, spesso non facile da affrontare. Aspetti fisici, psicologici e soprattutto ormonali si fondono riflettendosi negativamente sulla sfera legata alla libido. 

Dal punto di vista medico è importante lasciar passare quindi il periodo del puerperio ed effettuare subito dopo una visita di controllo dal ginecologo che dirà, a seconda delle condizioni dell’utero, se ci sono impedimenti o meno alla ripresa della vita sessuale. 

Potrebbe consigliare l’utilizzo di un gel vaginale per facilitare la ripresa dei rapporti e contrastare il trofismo delle mucose, soprattutto se sono stati messi dei punti dopo il parto.

Pianificazione familiare: la contraccezione post-parto

E’ bene ricordare che si può rimanere incinte alla prima ovulazione, che può avvenire anche 4, 6 settimane dopo il parto, prima della ripresa delle mestruazioni.

Quindi facciamoci consigliare dal medico sulle opzioni contraccettive possibili, scegliendo quella a noi più adatta. 

Puerperio e allattamento

Il puerperio è, quindi, una fase piuttosto delicata per la vita della donna: deve riprendersi dalle fatiche e dai dolori del parto (e dal post-operatorio se ha subito il cesareo), occuparsi del neonato, gestire i cambiamenti del suo corpo, sia a livello fisico, sia emotivo, e iniziare l’allattamento.

Ma come si forma il latte materno durante il puerperio? Nei primissimi giorni la ghiandola mammaria produce una sostanza di colore giallino chiamata colostro. Si tratta di un liquido denso e vischioso, con un colore che va dal giallino all’arancione, ed è prodotto in genere a partire dal settimo mese di gravidanza, fino ai primi sei giorni dopo il parto.

È il primo “pasto” del piccolo, molto digeribile e con un elevato potere nutrizionale. È povero di grassi, ricco di proteine, sali minerali e carboidrati (oligosaccaridi). Comprende anche vitamina A, anticorpi, globuli bianchi, lisozima (un aminoacido con proprietà antibatteriche) e il sistema di complemento, un gruppo di enzimi fondamentali per il sistema immunitario.

Possiede anche un effetto lassativo che aiuta il neonato a eliminare le prime feci e a espellere l’eccesso di bilirubina. È prodotto in piccole quantità, perfette per le dimensioni dello stomaco del neonato e per i reni che, ancora non maturi, non sono in grado di gestire troppi liquidi.

Se vuoi saperne di più, leggi il nostro approfondimento sull’allattamento al seno.

Diventare genitori

Non solo poppate, ma anche pianti, risvegli notturni, bagnetto, cambio di pannolini: per la neomamma e il neopapà, tornare a casa dopo il parto significa imparare, giorno dopo giorno, a prendersi cura del proprio bambino.

Soprattutto le prime settimane, c’è bisogno di uno sforzo di adattamento, e anche di comprensione, dei bisogni e delle necessità del piccolo. Perché piange? Come fargli il bagnetto? Come cambiargli il pannolino?

Cura del cordone ombelicale

Dopo il taglio del cordone ombelicale, al bambino resta un moncone di 3-5 cm che si essicca (si mummifica) e cade spontaneamente dopo 7-14 giorni dal parto, lasciando come “cicatrice” l’ombelico. Nel frattempo, bisogna prendersene cura per evitare infezioni.

È importante lavarsi le mani con acqua e sapone prima di manipolare il cordone ombelicale, soprattutto dopo aver pulito il bambino, specie in presenza di feci.

È consigliabile lasciare il moncone il più possibile scoperto per favorirne la mummificazione, oppure proteggerlo con una garza sterile asciutta, da cambiare circa tre volte al giorno.

La ricerca ha dimostrato che, nei casi in cui l’igiene è normalmente garantita, basta la semplice acqua per mantenere pulito il moncone: disinfettanti come l’alcol non servono e, anzi, ritardano la mummificazione e possono irritare la cute.

Come fare il bagnetto

Finché il moncone non è caduto e la cicatrice non è asciutta, alcuni pediatri consigliano di lavare il bambino sotto l’acqua corrente, o di tamponarlo con un asciugamano bagnato, evitando di immergerlo nel bagnetto per non rischiare che attraverso l’acqua i germi possano raggiungere il cordone ed entrare nel suo organismo.

Non ci sono prove scientifiche che confermano questo pericolo, ma in via precauzionale può essere preferibile aspettare. Subito dopo, il bagnetto può essere fatto tranquillamente.

È importante che l’ambiente sia caldo e confortevole e che la temperatura dell’acqua sia tra i 32° e i 35°, da misurare con un termometro o immergendo il gomito.

In genere si utilizza una vaschetta per bambini, mettendo sul fondo un tappetino di gomma per prevenire il rischio di scivolamento. Non c’è un orario migliore degli altri, l’importante è lavare il bambino in un momento di calma per dedicargli la giusta attenzione: parlargli e giocare con lui lo aiuterà a vivere il bagnetto con più serenità.

Se invece il bambino mostra di non gradire il momento del bagno, piange e protesta, è importante capire perché: potrebbe avvertire l’insicurezza della mamma o del papà che lo sostengono, oppure essere infastidito dalla temperatura dell’acqua o dagli schizzi. È consigliabile rifare il bagnetto dopo qualche giorno, modificando i fattori che possono causare disagio.

Come si cambia il pannolino

Il cambio del pannolino è uno dei primi “riti” quotidiani con cui mamma e papà prendono familiarità. Per farlo, bisogna sistemare il bambino sul fasciatoio, togliere il pannolino sporco, pulire con delicatezza la pelle con una salvietta umidificata, asciugarla, sollevare le gambe del bambino, sistemare il pannolino con le linguette sul retro e chiudere.

In alternativa, il bambino può essere lavato nel lavandino sotto l’acqua corrente tiepida, appoggiandolo su un braccio a pancia in giù. La scelta di usare le salviette o di lavarlo è a discrezione dei genitori, l’essenziale è usare comunque dei detergenti leggeri, a basso grado di acidità, senza profumazioni e che non ungano la cute.

Se il moncone del cordone ombelicale non si è ancora essiccato, è bene piegare verso il basso la parte anteriore del pannolino per lasciarlo scoperto, oppure chiudere il pannolino in modo che non stringa.

Momento della nanna

Almeno nelle prime settimane, idealmente fino ai 3 mesi, è consigliabile che il bambino dorma con mamma e papà, non nel lettone ma in una culla o in un lettino posizionato nella loro stanza, in modo che possa essere costantemente controllato e allattato più agevolmente.

È importante che il neonato dorma in posizione supina, per ridurre il rischio di soffocamento e morte in culla (SIDS – Sudden Infant Death Syndrome), senza cuscino e non troppo coperto.

Per abituarlo a dormire di notte e aiutarlo a distinguere la notte dal giorno, può essere utile collocare la culla in una stanza diversa, durante il giorno, con la luce che filtra dalle finestre.

Che vuol dire quando piange?

Il pianto, nel neonato, è fisiologico: piangere è il modo che il bambino ha per comunicare i suoi bisogni. Piange se ha fame, se è stanco, se ha bisogno di essere cambiato.

Soprattutto nelle prime settimane di vita, il pianto comunica proprio che il piccolo vuole che questi bisogni siano soddisfatti, oppure ha voglia di essere coccolato dalla mamma.

Con il passare del tempo, con l’abitudine e la pratica, ma soprattutto rafforzando giorno dopo giorno il rapporto con il suo bambino, la mamma imparerà a conoscerlo, a comprendere quali necessità cerca di esprimere attraverso il pianto e a calmarlo.

Puerperio: quando contattare il medico?

Di seguito vediamo le possibili complicanze durante il puerperio in cui è opportuno rivolgersi al medico.

 SintomiPossibile causa
PerditeAbbondanti di sangue anche con grumi molto grandi.emorragia; infezione all’utero
TemperaturaUguale o superiore ai 38°C durante la prima settimana.Infezione
MinzioneDolorosa, urgente, frequente; la vescica non si svuota completamente.Infezione delle vie urinarie; ritenzione urinaria
Dolore addominaleSopra la zona pubica dopo i primi cinque giorni.Infezione dell’utero o della vescica
SchienaDolore alla schiena o sotto la gabbia toracica, in presenza di febbre o di dolore alla minzione.Infezione renale
MammellePalpazione di un nodulo solido dopo congestione mammaria.Blocco di un dotto galattoforo
 Se è dolente, gonfia o arrossata, oppure calda o sensibile.Infezione della mammella (mastite)
UmoreSenso di tristezza e pianto. Stanchezza, insonnia. Inappetenza o iperalimentazione. Irritabilità. Incapacità di prendersi cura di se stessa o del neonato.Depressione post-partum
Incisione da parto cesareoIndolenzimento, zona arrossata e gonfia, secrezioni dalla ferita.Infezione della ferita
Gamba o toraceGamba gonfia o dolente, dolore improvviso e acuto al petto che peggiora quando si inspira; difficoltà respiratorie.Coagulo di sangue nella gamba o nel polmone
Sintomi genericiVertigini, svenimenti o difficoltà respiratorie.Coagulo di sangue nei polmoni; anemia grave

Fonte: Manuale MSD – Versione pazienti

Fonti
  1. Ministero della Salute, Puerperio e allattamento.
  2. Bollettino di Ginecologia Endocrinologica, Puerperio, allattamento e funzione riproduttiva.
  3. Liuzzo M., Consultori Familiari Azienda U.S.L.4 Regione Sicilia, L’assistenza in puerperio.
  4. ScienceDirect, Puerperium.
  5. Dtsch Arztebl Int., Diseases and Complications of the Puerperium.
  6. Ordine della Professione di Ostetrica della Provincia di Brescia, Il Puerperio.
  7. MSD – Versione Pazienti, Panoramica sull’assistenza dopo il parto.
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