Site icon Melarossa

Psicosi: che cos’è, quali sono i sintomi, tipologie, cause e soggetti a rischio, diagnosi e cura

psicosi: che cos'è, sintomi, cause, soggetti a rischio, diagnosi, cure

La psicosi spesso è confusa con la schizofrenia, ma non è proprio così. Sono diversi i quadri clinici che appartengono al gruppo delle psicosi, così come sintomi psicotici possono presentarsi anche in altre patologie. Ad esempio, nelle forme più gravi dei disturbi dell’umore (in particolare nei disturbi bipolari o nella depressione), in alcuni disturbi neurologici (ad esempio in alcune neoplasie o nell’Alzheimer), in alcune condizioni mediche generali (come ad esempio nell’epilessia) e in seguito all’assunzione, o astinenza, di sostanze di abuso o farmaci.

La caratteristica chiave di tutti i disturbi psicotici è comunque la presenza della compromissione del senso di realtà, cioè lo psicotico è incapace di distinguere ciò che è frutto della propria mente dalla realtà esterna.

Questa incapacità ha importanti conseguenze sulla vita di chi ne soffre, condizionando quindi la sua vita di relazione, le attitudini, le relazioni familiari e l’indipendenza.

Vediamo allora cos’è la psicosi, come si cura e quali sono i sintomi.

Psicosi: che cos’è il disturbo psicotico?

Con il termine psicosi si definisce un tipo di disturbo psichiatrico che provoca alterazioni nella percezione o nell’interpretazione della realtà. Si manifesta con gravi disturbi della memoria, dell’attenzione, del ragionamento (le cosiddette funzioni cognitive), dell’affettività e del comportamento.

Quindi, la caratteristica di base della psicosi è la presenza di percezioni distorte che alterano il modo in cui un individuo percepisce la realtà. I sintomi si possono classificare in positivi e negativi, in una miscela assolutamente unica che varia da persona a persona.

Tra i sintomi “positivi”: deliri, allucinazioni e disorganizzazione del pensiero e del comportamento. Invece tra quelli “negativi”:

Qualsiasi disturbo psicotico produce gravi conseguenze: da un lato, una fondamentale compromissione del funzionamento della persona, dall’altro, un impoverimento progressivo delle relazioni interpersonali dovuto alla mancanza di comprensione dei sintomi da parte dell’ambiente sociale e all’alterazione della comunicazione.

I sintomi possono poi variare notevolmente, perciò nessun trattamento specifico può essere considerato efficace a priori.

Anche il decorso della malattia è vario e imprevedibile.

Differenti tipologie di psicosi

Il DSM 5 (il Manuale diagnostico dei disturbi mentali) raggruppa nella categoria “psicosi” i seguenti disturbi, secondo la gravità (dal meno al più grave):

Vediamoli brevemente.

Disturbo schizotipico di personalità

Prevede ridotte capacità riguardanti le relazioni affettive, distorsioni cognitive e percettive ed eccentricità.

Si manifesta nella prima età adulta e possono essere presenti:

Disturbo delirante

Sono presenti uno o più deliri, che si protraggono per un mese o più, ma il funzionamento generale della persona non è compromesso, né il comportamento è bizzarro. Non ci sono altri sintomi psicotici.

La manifestazione più tipica è la presenza di deliri di persecuzione. L’aspetto di compromissione più importante è la conseguenza diretta delle convinzioni deliranti. Se, ad esempio, una persona è convinta che ci sia un killer che vuole ucciderla, potrebbe decidere di non andare al lavoro per questo potenziale pericolo.

Disturbo psicotico breve o psicosi transitoria acuta (secondo il manuale ICD-10)

È un disturbo mentale limitato nel tempo, con esordio brusco e improvviso, che prevede un rapido passaggio, entro due settimane, da uno stato non psicotico a uno chiaramente psicotico, senza nessun prodromo. I sintomi associati sono: deliri e/o allucinazioni e/o eloquio disorganizzato con o senza comportamento disorganizzato.

Le manifestazioni sintomatologiche, anche gravi, si manifestano per almeno un giorno e non si protraggono mai per più di un mese.

Una volta che il disturbo esaurisce il proprio decorso, l’individuo tornerà al suo pieno funzionamento. Colpisce soggetti giovani, anche adolescenti, e può manifestarsi in diverse forme.

Gli individui con disturbo psicotico breve tipicamente provano un tumulto emotivo e un forte senso di confusione con rapidi passaggi da un intenso stato affettivo ad un altro.

Benché sia di breve durata, il disturbo può manifestarsi anche in forme di una certa gravità tali da richiedere assistenza o vigilanza per prevenire il rischio suicidario.

Può essere causato da stress, disagio o da bruschi cambiamenti ambientali. Si può manifestare anche durante la gravidanza o nel primo mese dopo il parto (conosciuto anche come psicosi puerperale o post-partum).

Disturbo schizofreniforme

È una diagnosi solitamente provvisoria, perché spesso si riferisce al primo episodio di psicosi i cui sintomi durano da almeno un mese. Deve essere riscontrata la presenza di due o più sintomi (positivi e negativi) e almeno uno deve essere deliri, allucinazioni o eloquio disorganizzato.

Quando la fase attiva dell’episodio si estende oltre i sei mesi e sono soddisfatti gli altri criteri per la schizofrenia, la diagnosi viene modificata di conseguenza.

Schizofrenia 

Si tratta di una particolare sindrome appartenente alle psicosi. Si manifesta tipicamente con la perdita di contatto con la realtà e, progressivamente, con la disorganizzazione del pensiero.

I sintomi sono: disturbi delle senso-percezioni (vedere o sentire cose che non sono reali) e/o i deliri (credere con assoluta certezza cose che non sono vere). Nonostante le cause non siano ancora note, sembrano giocare un ruolo rilevante i fattori genetici e ambientali.

Se ti interessa l’argomento, scopri il nostro approfondimento sulla schizofrenia.

Disturbo schizoaffettivo

L’individuo manifesta, durante il decorso della malattia, segni e sintomi inquadrabili nell’ambito della schizofrenia e dei disturbi dell’umore (episodio depressivo o maniacale), ma i sintomi che riguardano la schizofrenia sono prevalenti. 

Disturbo psicotico indotto da sostanze/farmaci

I sintomi psicotici sono direttamente associati all’intossicazione, o astinenza, di sostanze (come alcol, cannabis, cocaina, allucinogeni, ecc.), all’assunzione di un farmaco (come ansiolitici o sedativi) o all’esposizione a una sostanza tossica.

Catatonia

È una condizione patologica associata sempre a un altro disturbo mentale o medico (ad esempio, i disturbi del neurosviluppo o quelli bipolari) che comporta una diminuzione o un aumento dell’attività motoria e del contatto durante il colloquio clinico o l’esame obiettivo.

Sintomi psicotici presenti in alcune malattie 

I sintomi psicotici possono presentarsi anche in altre malattie mentali quali:

Differenza tra psicosi, nevrosi e altre patologie psichiche

La differenza tra nevrosi e psicosi fu concettualizzata da Freud nel 1923, poi ripresa da Otto Kernberg che descrisse tre livelli di organizzazione della personalità (psicotica, borderline e nevrotica).

In linea generale possiamo definire le nevrosi come quell’insieme di disturbi psicologici in cui l‘individuo mantiene conservato il senso di realtà, cioè riesce chiaramente a distinguere gli elementi reali da quelli prodotti dalla propria mente.

Tra i disturbi nevrotici rientrano quelli che possono generare un’intensa sofferenza nell’individuo (come i disturbi d’ansia e psicosomatici), in cui però vi è assenza di deliri o turbe della percezione.

Nelle psicosi, invece, c’è la perdita di contatto con la realtà. Lo psicotico cioè percepisce come vere e reali le voci prodotte da un’allucinazione uditiva, ad esempio, e dunque non le mette in discussione.

Psicosi: sintomi e come si manifesta

I sintomi caratteristici delle psicosi sono cinque e possono presentarsi secondo combinazioni che variano da persona a persona. Vediamoli nel dettaglio.

Deliri

Sono idee false e immodificabili basate su erronee deduzioni sulla realtà esterna, caratterizzate da straordinaria convinzione e certezza.

Tale convinzione non è scalfita da argomentazioni logiche, non è soggetta a critica e non è condivisibile da altre persone. Inoltre, il delirio insorge rapidamente, ha un’intensità fluttuante e si associa solitamente a deficit dell’attenzione e disorganizzazione comportamentale.

Quanti tipi di delirio esistono?

A seconda del contenuto del delirio si possono classificare differenti tipologie:

Allucinazioni

Rientrano nei disturbi della percezione e riguardano la presenza di una falsa percezione visiva, uditiva o di altra natura sensoriale, anche senza uno stimolo esterno reale.

È il cervello a produrre tale inganno: nel caso, ad esempio, di un’allucinazione visiva, il cervello proietta un’immagine virtuale (inesistente) sovrapposta a uno sfondo realmente esistente.

Poiché il meccanismo è del tutto inconsapevole, la persona colpita non ha alcun motivo di credere che quell’immagine non sia vera. Le allucinazioni si possono distinguere in semplici e complesse, in quest’ultimo caso sono coinvolti più sensi contemporaneamente.

 In medicina le allucinazioni possono essere:

Pensiero disorganizzato

Si caratterizza nello specifico da:

Comportamento grossolanamente disorganizzato o anomalo

Sono presenti anomalie nel comportamento, con importanti conseguenze sullo svolgimento delle attività quotidiane. Ci sono forme di diminuzione della reattività all’ambiente (comportamento catatonico), resistenza alle istruzioni (negativismo), mantenimento di una postura appropriata o bizzarra fino alla mancata risposta motoria (stupor).

Può essere presente attività motoria non finalizzata o eccessiva (eccitamento catatonico), sguardo fisso, mutismo o l’ecolalia (cioè la ripetizione involontaria, come un’eco, di parole o frasi pronunciate da altri o dal soggetto stesso).

Sintomi negativi della psicosi

Lo psicotico tende a perdere interesse per ciò che lo circonda e a ridurre sempre più i propri rapporti sociali, fino ad isolarsi completamente. Di regola, questi sintomi appaiono in maniera graduale e peggiorano lentamente.

L’affettività è appiattita e si assiste a una perdita di volontà e progettualità. Possono comprendere:

A causa dei sintomi presenti, lo psicotico manifesta anche deficit cognitivi, con compromissione di attenzione, concentrazione, memoria e apprendimento.

Psicosi: cause e soggetti a rischio

È ormai noto che all’origine della psicosi vi siano fattori biologici, neurochimici (per il ruolo svolto da neurotrasmettitori quali la dopamina e la serotonina) e genetici (maggiore è la possibilità di sviluppare la malattia se uno dei genitori ne è affetto).

Sappiamo però che non tutti gli individui che hanno una predisposizione genetica alla psicosi ne manifesteranno i sintomi, dunque i ricercatori hanno individuato altri fattori tra le cause scatenanti.

Oggi la psicosi è considerata il prodotto dell’interazione di fattori biologici-psicologici-sociali. Lo psicotico avrebbe cioè una vulnerabilità individuale, data da:

Un altro modello interpretativo della psicosi è quello denominato “vulnerabilitàstress-coping” che parte dal presupposto che se molti presentano una certa vulnerabilità, solo alcuni svilupperanno la malattia. Gli studiosi distinguono tra una vulnerabilità innata, cioè genetica, e una acquisita, data da traumi, malattie, esperienze familiari negative.

Di fronte a uno stress, la persona può sperimentare un sovraccarico emotivo che, se diventa permanente, darà origine ai sintomi psicotici. Non sarebbe però lo stress la causa della psicosi, ma le vulnerabilità di partenza. 

Anche il clima familiare può avere il suo peso nell’andamento della malattia: in particolare familiari intrusivi, che considerano la persona responsabile dei sintomi che presenta, che nutrono aspettative molto elevate e hanno risposte rigide nei momenti di crisi.

Diagnosi della psicosi

La diagnosi di psicosi si fonda sull’osservazione dei sintomi e sul riscontro di una compromissione funzionale. Nel colloquio psichiatrico, il medico compie il cosiddetto “esame dello stato mentale”, raccogliendo informazioni dalla persona e osservando e valutando obiettivamente come questa si presenta, come si muove, come parla, la sua mimica facciale e il linguaggio non verbale.

Indaga poi il livello di consapevolezza, l’orientamento, la percezione, l’attenzione e la memoria e raccoglie informazioni sul pensiero attraverso l’eloquio.

Dopo l’anamnesi e dopo aver visionato gli esiti di indagini precedenti, lo specialista sottopone il soggetto a test diagnostici generali e specifici per formulare un’ipotesi di malattia. I test specifici sono: la Brief Psychiatric Rating Scale e il PANSS.

Poiché l’inquadramento della situazione può risultare difficile, è essenziale raccogliere ulteriori informazioni anche dalle persone vicine al soggetto. Alla fine, in base ai dati raccolti, il clinico può risalire alla storia della malattia e, una volta ottenuta la diagnosi, inizia il trattamento.

La patologia evolve solitamente da uno “stato mentale a rischio”, con sintomatologia sfumata, per poi passare all’esordio psicotico, in cui compaiono i primi sintomi. Quest’ultimo può progredire nella fase acuta. Se non è attuato alcun tipo di intervento terapeutico, il disturbo tende a diventare cronico.

Cura e terapie per la psicosi

Una volta riconosciuta dal clinico la condizione di “stato mentale a rischio”, l’intervento consiste innanzitutto nel monitoraggio nel tempo, insieme a un supporto psicologico, associato al trattamento dei sintomi.

Risultano, inoltre, utili gli interventi di psico-educazione rivolti al soggetto e alla famiglia per renderli consapevoli della natura della patologia e dei mezzi per fronteggiarla.

In questa fase gli antipsicotici non sono raccomandati, se non nel caso di gesti lesivi, rischio suicidario o rapido deterioramento psicosociale.

A questa fase preliminare segue l’esordio psicotico in cui compaiono, ben delineati, i sintomi positivi e negativi.

Un tempestivo intervento in questa fase comporta una migliore risposta al trattamento farmacologico e riduzione della sintomatologia.  Anche le tecniche di neuroimaging possono essere utilizzate per identificare alterazioni morfologiche cerebrali. Sono raccomandati anche i trattamenti psicoeducativi, il social skills training, la psicoterapia cognitivo-comportamentale.

Nella fase acuta, va assolutamente monitorata la presenza di pensieri suicidari. 

Risulta efficace il trattamento farmacologico con l’uso di antipsicotici al fine di controllare i sintomi, insieme agli interventi di psico-educazione dei familiari e la psicoterapia cognitivo-comportamentale anche associata a tecniche psicodinamiche.

La remissione ha, invece, tempi variabili. Il processo di guarigione non coincide con l’interruzione delle terapie psicologiche o farmacologiche, poiché la scomparsa del sintomo non implica la scomparsa della malattia.

La guarigione dai disturbi psichiatrici è, infatti, un processo di cambiamento attraverso il quale le persone “riescono ad avere una salute migliore, raggiungono uno stato di benessere, arrivano a vivere una vita auto-diretta e si impegnano a raggiungere il proprio potenziale” (American Psychiatric Association).

Altri trattamenti

Oltre ai farmaci, alla psicoterapia e alla psico-educazione del paziente e dei familiari, altri trattamenti utili nel caso di psicosi sono:

Effetti collaterali e complicazioni della psicosi

Nonostante l’avvento di nuovi farmaci e la maggiore comprensione del disturbo, c’è molto da fare: restano ancora molti gli effetti collaterali dei farmaci antipsicotici che, se da un lato tengono a bada i sintomi, non agiscono però su dimensioni importanti quali, ad esempio, il ritiro sociale. Per questo motivo diventano indispensabili le terapie psicologiche e di supporto.

Tra le complicazioni dei disturbi psicotici possiamo sicuramente considerare il suicidio/i tentativi di suicidio e le condotte violente: queste ultime in particolare sembrano associarsi all’impoverimento dei rapporti sociali, alle condizioni economiche disagiate e all’uso della cannabis.

Anche l’aver subito abusi fisici e sessuali nell’età evolutiva può implementare la tendenza alla violenza negli adulti psicotici. I soggetti che poi presentano comportamenti aggressivi nei confronti degli altri, sembrano più propensi ai tentativi di suicidio, comportamenti che correlano con la presenza di una forte impulsività.

Prevenzione e trattamenti

L’evoluzione e gli esiti finali della malattia psicotica sono in larga parte condizionati dalla tempestività e dalla qualità degli interventi terapeutici offerti nelle fasi precoci del disturbo.

Il ritardo nel trattamento o gli interventi inappropriati, possono accrescere il rischio di cronicizzazione del disturbo, con una conseguente riduzione della qualità della vita, il fallimento scolastico o la perdita del lavoro, la comparsa di comportamenti auto/etero-lesivi, di conflitti intra-familiari e il peggioramento delle relazioni interpersonali.

Pertanto, il percorso di cura dovrebbe mirare a rilevare la malattia il prima possibile, per fornire tempestivamente il trattamento più appropriato per ogni fase della malattia.

Un intervento precoce sulle persone ad alto rischio quindi è la prima forma di prevenzione per evitare la cronicizzazione e modificare il percorso di vita per portarlo da comportamenti problematici a comportamenti conservativi dello stato di salute.

Data l’importanza della tempestività, la ricerca scientifica ha portato allo sviluppo di nuovi ed efficienti approcci e modelli di riconoscimento e intervento, focalizzati sulle fasi prodromiche del disturbo (Interventi Precoci – Early Intervention).

Vista, infine, la grande variabilità dei quadri clinici, soprattutto all’interno dei disturbi mentali, stiamo assistendo, negli ultimi tempi, a un graduale spostamento verso una psichiatria di precisione. Quest’ultima, grazie alle tecniche di intelligenza artificiale, permetterà al clinico di orientarsi tra le linee guida di trattamento e di individuare una terapia adeguata al soggetto con una determinata patologia.

Alcuni dati epidemiologici 

La psicosi può insorgere in diverse età ma generalmente l’esordio si posiziona nella fascia di età compresa tra i 15 e i 35 anni.

Nel mondo ne soffre circa l’ 1% della popolazione con età compresa tra i 15 e i 54 anni e con differenze significative date dal tipo di disturbo.

Il disturbo schizoaffettivo, ad esempio, ha una prevalenza, nella popolazione mondiale, dello 0,3%, la schizofrenia di circa l’1% e il disturbo delirante dello 0,2%. Ne soffrono in ugual misura gli uomini e le donne.

Fonti
Exit mobile version