Sommario
La scoliosi è una deviazione permanente della colonna vertebrale causata da una rotazione delle vertebre. Avviene soprattutto durante l’infanzia e l’adolescenza ma può anche manifestarsi nell’età adulta. Le bambine sono più a rischio dei maschi e con una deviazione del rachide più importante. Inoltre, l’adolescenza è un periodo a rischio perché la scoliosi può evolvere lentamente prima dello sviluppo e aggravarsi per effetto di uno scatto della crescita.
In caso di scoliosi, il rachide o colonna vertebrale presenta una torsione e le sue curve naturali sono modificate. Una deformazione della colonna vertebrale porta a una inevitabile deformazione della cassa toracica, il classico gibbo. Il gibbo è la deformazione che si sviluppa dal lato della convessità della curva e si evidenzia durante una flessione del busto, la cosiddetta “gobba”.
Di fatto, la causa della scoliosi non è ancora conosciuta, quindi la migliore arma a disposizione dei medici è la diagnosi precoce e la prevenzione. Inoltre, il trattamento dipende dalla gravità della curva ed è per questo motivo che è importante curare precocemente la scoliosi.
Talvolta, la diagnosi è difficile perché la scoliosi non presenta sintomi nè dolori particolari. Ma, dolori dorsali e osservazione della colonna vertebrale possono allertare i genitori. Infatti, il segno visibile della patologia è una malformazione della colonna vertebrale, una postura scorretta e soprattutto una gobba da una parte o dall’altra della colonna quando il bambino si china in avanti (test di Adams).
Ma, la cura della scoliosi è un trattamento lungo che va avanti per diversi anni. Se la curva non è troppo accentuata (curva di meno di 20 gradi secondo l’angolo di Cobb), il ragazzo va seguito durante la crescita. Ma se la curva è maggiore di 35 gradi, può essere consigliato l’intervento chirurgico.
Scoliosi: che cos’è
La scoliosi è una deviazione laterale e deformazione della colonna vertebrale. Tale condizione non è modificabile volontariamente ed è accompagnata da alterazioni anatomiche delle vertebre e delle strutture adiacenti, organi compresi.
In condizioni fiosologiche, la colonna presenta una serie di curve, lordosi e cifosi, che le permettono di gestire al meglio i carichi e dissipare le forze. Quindi, muscoli e legamenti lavorano in sinergia su una struttura simmetrica. Ma, in presenza di una scoliosi, oltre alle curve fisiologiche, non sempre presenti, si aggiunge un’anomala deviazione laterale spesso associata a una rotazione del gruppo di vertebre deviate.
Quindi, è alterata la biomeccanica della colonna vertebrale, delle strutture muscoloscheletriche ad essa collegate e, nei casi più gravi, questo potrebbe creare problemi agli organi della gabbia toracica.
Infatti, basta pensare che solo il 25% delle scoliosi è dovuta a delle cause conosciute mentre il restante 75% presenta una eziologia (causa) sconosciuta. In questo caso, viene definita scoliosi idiopatica, ovvero che si presenta spontaneamente senza cause apparenti.
Proprio per la sua complessità di gestione, oggi è definita come “deformità torsionale tridimensionale del rachide e del tronco” (Grivas et al. 2006).
Differenza tra scoliosi e atteggiamento scoliotico
E’ bene differenziare chiaramente la scoliosi da un atteggiamento scoliotico. La scoliosi è una patologia tecnica definita come dismorfismo (alterazione morfologica), ovvero, presenta deformazioni dal punto di vista anatomico. Mentre l’atteggiamento scoliotico è un paramorfismo (assunzione di posizione scorrette) ma si presenta con una colonna vertebrale sana e del tutto normale.
Quindi, nell’atteggiamento scoliotico, c’è una deviazione laterale della colonna ma le vertebre non sono nè ruotate nè deformate.
Solitamente la causa dell’atteggiamento scoliotico è dovuta a problemi articolari degli arti inferiori, a una loro dismetria oppure ad alterazioni posturali. Perciò, in questa condizione è possibile risolvere il problema risolvendone la causa.
Epidemiologia
Solamente il 25% circa delle scoliosi ha una causa precisa, patologica o funzionale. Invece, il restante 75% è costituito dalla scoliosi idiopatica.
Inoltre, la sua frequenza sembra variare in base alla latitudine e presenta una percentuale tra lo 0,93% e il 12% della popolazione generale con angolo di Cobb superiore a 10°.
Scoliosi: cenni storici
La scoliosi colpisce l’uomo fin dal suo passaggio alla posizione eretta.
Quindi, è un problema ben noto dai tempi più antichi. Ippocrate studiò la scoliosi e si applicò alla sua misurazione, stilando in seguito una classificazione. Inoltre, mise a punto alcune tecniche di correzione della deformità basandosi su principi ancora attuali.
Però, il termine scoliosi venne nominato per la prima volta dal medico greco Galene nel II secolo a.c. I primi rudimentali corsetti metallici vennero ideati nel XVI secolo da Ambroise Pare. La svolta a livello scientifico avvenne con l’introduzione dei raggi X in diagnostica, all’inizio del 1900.
Dopo circa 30 anni, nel 1931, Hubbs eseguì la prima artrodesi spinale e nel 1946 venne ideato, per mano di Schimdt e Blount, il primo corsetto (Milwaukee) che associava la trazione assiale della colonna a dei pressori laterali. Quindi, arriviamo agli anni ‘60 con il primo trattamento chirurgico moderno per mano di Harrington.
Anatomia della colonna vertebrale
La colonna vertebrale è composta da 33 vertebre ed è suddivisa nel tratto cervicale, dorsale, lombare, sacrale e coccigeo.
In generale, una vertebra presenta un corpo, anteriormente, e gli archi vertebrali posteriormente. Queste due strutture delimitano il canale midollare dentro il quale risiede il midollo spinale.
Le vertebre sono in collegamento tra loro grazie al disco intervertebrale, con la funzione di cuscinetto e nutrimento per la vertebra, e alle articolazioni poste sugli archi vertebrali.
Tra due vertebre si viene a formare un foro per consentire la fuori uscita dei nervi spinali dal midollo, il foro intervertebrale. Le vertebre si sono evolute per lavorare in sinergia e offrire alla colonna vertebrale flessibilità ma allo stesso tempo robustezza.
Curve fisiologiche
Un ruolo chiave in queste caratteristiche lo giocano le curve fisiologiche della colonna vertebrale:
- lordosi cervicale
- cifosi dorsale
- lordosi lombare
- cifosi sacrale.
Le curve fisiologiche hanno la funzione di dissipare le forze e gestire i carichi nel migliore dei modi, insieme ai muscoli profondi della schiena e ai muscoli posturali influenzano la postura del corpo nel suo insieme.
Ma, quando questo equilibrio di forze e tensioni viene meno, ad esempio per una scoliosi, il modello biomeccanico del corpo perde la sua efficacia e va incontro a una serie di tentativi di adattamento che potrebbero portare problemi anche gravi al paziente.
Scoliosi: curva primitiva e secondaria
La scoliosi è una malattia altamente complessa ma la sua anatomia patologica presenta caratteristiche ben definite: la curvatura principale o primitiva è quella che presenta maggiori alterazioni strutturali del tratto di colonna vertebrale.
Quindi, è il risultato diretto della causa scatenante, anche se nella scoliosi idiopatica la reale eziologia rimane sconosciuta. La curva primitiva può interessare ogni tratto della colonna vertebrale. Invece, la curvatura secondaria o di compenso si sviluppa nelle zone sovrastanti e sottostanti alla curva primitiva.
Lo scopo della curva secondaria è appunto quello di compensare i gradi della curva primitiva. Quindi, entrambe le curve sono interessate da una rotazione delle singole vertebre sul proprio asse con direzione del corpo vertebrale verso il lato convesso della curva.
Inoltre, ogni curva presenta una vertebra apicale che, come suggerisce la parola, essendo posta all’apice della curva è conseguentemente la vertebra che presenta le maggiori alterazioni strutturali. Se al “centro” della curvatura troviamo la vertebra apicale, agli estremi troviamo invece le vertebre estreme, ovvero vertebre di “passaggio” tra la curva principale e secondaria.
Inoltre, nei casi di grave deformazione della cassa toracica, c’è la possibilità di sviluppare modificazioni agli organi presenti al suo interno. E’ importante ricordare che la scoliosi può essere idiopatica e quindi con una forte possibilità di evoluzione in età adolescenziale oppure una scoliosi dall’eziopatologia (cause) note.
Cause
Abbiamo anticipato come la scoliosi possa avere una causa nota: congenita, neuromuscolare, secondaria ad altre patologie o dismetrie, atteggiamento scoliotico o funzionale.
Invece, una percentuale delle scoliosi non ha una chiara origine, in questo caso parliamo di scoliosi idiopatica che ricopre la percentuale maggiore delle scoliosi strutturate.
Per scoliosi strutturate si intende una patologia che presenta tutte le caratteristiche di deviazione e rotazionali.
Inoltre, tra le strutture troviamo quelle con eziologia congenita e neuromuscolare. Invece, le scoliosi non strutturate presentano una componente rotazionale incompleta e per questo possono essere definite posturali. Inoltre, rientrano in questo gruppo:
- scoliosi funzionali
- atteggiamenti scoliotici
- scoliosi secondarie ad altre patologie.
Scoliosi idiopatica
Rappresenta circa il 75% di tutte le scoliosi.
Le cause non sono note e quindi solo ipotizzabili. Ma, la malattia ha comunque una forte componente genetica multifattoriale. Ad esempio, un figlio con genitore scoliotico ha molte più possibilità di contrarre la malattia rispetto a un figlio con genitore non scoliotico.
Sono diversi gli studi che evidenziano possibili, ma non ancora definite, cause della scoliosi idiopatica. Il fattore genetico, alterazioni del sistema nervoso centrale, alterazione dell’ormone della crescita e alterazioni di tipo biomeccanico sembrano essere coinvolti nello sviluppo di questo tipo di scoliosi.
Infatti, il sistema nervoso centrale controlla il movimento, la postura e regola il tono muscolare. Ma, un suo malfunzionamento potrebbe portare a disturbi del sistema posturale, della coordinazione e dell’orientamento corporeo nello spazio. Il risultato sarebbe una distorsione dello schema corporeo durante la crescita. Questo potrebbe portare a un mancato controllo da parte del sistema nervoso centrale delle curve della colonna vertebrale durante l’accrescimento.
Che succede in fase di sviluppo
Quindi, sembrerebbe che durante l’accrescimento, la struttura muscoloscheletrica inneschi una serie di “malfunzionamenti” dello sviluppo dei tessuti. Queste turbe darebbero il via alla formazione della curva scoliotica che porta a creare un vero e proprio circolo vizioso con una conseguente evoluzione della curva e quindi un suo peggioramento.
L’evoluzione continua durante tutta la fase di sviluppo fino al raggiungimento della maturità scheletrica.
La maggior incidenza nel sesso femminile ha portato a pensare alle alterazioni ormonali, ma rimane tutt’ora un’ipotesi. Ci sono altre ipotesi sull’origine della scoliosi ma quella dell’alterazione del sistema nervoso centrale è quella che ha riscontrato un maggior consenso tra gli scienziati.
Gli autori Sahlstrand e Nachemson hanno definito la scoliosi idiopatica come “una malattia multifattoriale a cui partecipa una mutazione anormale del Sistema Nervoso Centrale geneticamente determinata, associata ad un disassamento dello scheletro per differenza di crescita dei diversi elementi vertebrali, sui quali agiscono fattori biochimici e neuromuscolari, per i quali è difficile stabilire se siano cause o conseguenze” .
Scoliosi ad eziologia nota
In questo caso, la patologia ha delle cause conosciute ed è secondaria a malformazioni o ad altre patologie.
Ad esempio, malformazioni o dismetrie degli arti inferiori, miopatie (distrofia muscolare) e patologie delle vertebre (spondiloartriti) sono solo alcune delle molteplici cause che possono portare a una scoliosi.
Infatti, molte sindromi che interessano l’apparato muscolo scheletrico, o a carico del sistema nervoso e, non per ultime, le neoplasie possono anch’esse portare allo sviluppo di una scoliosi.
Scoliosi: classificazione
Le modalità di classificazione della scoliosi sono diverse ma le più utilizzate sono quelle relative alla localizzazione e alle cause (eziologia). Seguendo il criterio della localizzazione troviamo le scoliosi con una curva primaria:
- lombare
- dorso-lombare
- dorsale
- cervico dorsale.
Questa categoria, scoliosi con una curva primaria, rappresenta il 70% dei casi. Quelle dorsali e lombari sono le più comuni. Il restante 30% delle scoliosi è rappresentato da una doppia curva primaria. Quindi, troviamo quelle:
- dorsale e lombare
- con doppia curva dorsale
- dorsale e dorso-lombare.
Inoltre, esaminando la classificazione per agenti eziologici (cause) la scoliosi viene suddivisa in tre categorie:
- congenita
- acquisita
- idiopatica (di origine non nota).
Circa il 70% delle scoliosi sono classificate come idiopatiche, ovvero senza un’origine conosciuta. Il restante 30% è suddiviso tra forma congenita e acquisita. La forma congenita è presente fin dalla nascita e correlata ad altre patologie poco comuni o rare. Invece, la forma acquisita è la conseguenza di patologie, lesioni traumatiche o di tipo neuromuscolare (ad esempio poliomelite).
Scoliosi: sintomi
Entrambi i tipi (idiopatica e con eziologia nota) possono evolvere anche dal punto di vista sintomatologico.
Inoltre, se il peggioramento esponenziale si registra in età adolescenziale per poi rallentare in età adulta, il percorso della sintomatologia può essere molto diverso.
Adulti
Se un bambino/adolescente è in grado di compensare meglio i disturbi causati dalla scoliosi, questa capacità si limita progressivamente con l’età.
Quindi, è verosimile che gli adulti possano manifestare più sintomi degli adolescenti a causa del naturale processo di invecchiamento del corpo umano. Alcuni dei processi degenerativi naturali che, in associazione a una deformazione della colonna vertebrale, possono portare a una sintomatologia anche seria, sono:
- mobilità limitata
- problemi circolatori
- deterioramento dei dischi intervertebrali.
I dolori più frequenti riscontrati sono dolori alla colonna lombare e fascia lombare, spesso associati a rigidità diffusa nella zona.
Inoltre, se la scoliosi comportante ha una compromissione del canale vertebrale e quindi una compressione dei nervi spinali, si possono presentare sintomatologie simili all’ernia del disco:
- dolore tipo scossa elettrica agli arti inferiori
- intorpidimento
- perdita di forza e dolori acuti.
Perciò, lo squilibrio muscolare associato alla patologia può portare a una peggiore efficienza biomeccanica di articolazioni e muscoli con un conseguente affaticamento muscolare.
Diagnosi
Il quadro clinico della scoliosi è tipico ma è fondamentale valutare attentamente il tipo di scoliosi per arrivare a una corretta diagnosi.
Infatti, sottovalutare una scoliosi idiopatica fortemente evolutiva potrebbe portare a conseguenze drammatiche fisiche e psicologiche nella persona affetta.
Invece, un atteggiamento scoliotico causato da un vizio posturale ma scambiato per una scoliosi, può portare a lunghe e costose terapie non necessarie. Quindi, la diagnosi deve essere fatta da un medico specialista che richiederà gli esami strumentali necessari.
Angolo di Cobb
L’angolo di Cobb è un indice di valutazione della scoliosi che approfondiremo nei prossimi paragrafi. Dei casi di scoliosi diagnosticati, circa il 10% richiede un trattamento conservativo e circa lo 0,2% un intervento chirurgico.
Quest’ultimo potrebbe essere previsto nel momento in cui l’angolo di Cobb sia superiore ai 30°-50° (a seconda degli autori) perché una tale deformità aumenterebbe il rischio di problemi di salute e ridurrebbe la qualità della vita. L’evoluzione della scoliosi idiopatica è più accentuata e frequente nelle femmine rispetto ai maschi.
Radiografia
Un esame radiografico in stazione eretta (ortostatismo) è necessario per valutare e misurare le curve scoliotiche, classificare la patologia e organizzare il percorso terapeutico. Infatti, grazie all’esame radiografico è possibile calcolare l’angolo di Cobb, ovvero l’angolo di curvatura per valutare la gravità della patologia. Generalmente è proprio l’angolo di Cobb a determinare il tipo di intervento terapeutico.
Infatti, è previsto l’intervento chirurgico nelle scoliosi con angolo di Cobb superiore ai 40°, un corsetto correttivo tra i 20° e i 40°, mentre sotto i 20° la terapia non prevede l’utilizzo di corsetti.
Infine, viene infine definita scoliosi quando l’angolo di Cobb misura più di 5°. Inoltre, l’iter diagnostico prevede un’attenta anamnesi e un serie di test clinici. L’angolo di Cobb è un esame che prevede una misurazione in due dimensioni. Quindi, non tiene conto di una serie di variabili, come ad esempio l’impatto estetico della patologia.
Test di Adams
Invece, il test di Adams viene utilizzato in clinica per misurare l’entità della deformazione e delle asimmetrie. Viene chiesto al paziente, in posizione ortostatica, di flettere il busto e avvicinare le mani verso le punte dei piedi.
Con questo movimento viene enfatizzata la deformazione del tratto scoliotico (gibbo) ed è possibile valutarne la gravità con lo scoliosometro.
Video-rasterstereografia
Tuttavia, il test di Adams così come il calcolo dell’angolo di Cobb, presentano alcuni limiti. Prima di tutto, alcuni studi riportano una dubbia attendibilità del test per misurare l’effettiva rotazione del tratto vertebrale. Inoltre le misure con lo scoliosometro risultano spesso imprecise e difficilmente repricabili, il rischio è di sottovalutare la gravità della patologia.
In entrambi i casi, angolo di Cobb e test di Adams, sarebbe opportuno integrare le misurazioni con una rasterstereografia, ovvero un’acquisizione tridimensionale dell’immagine del tronco, la quale permette appunto una valutazione della deformazione in tre dimensioni.
Prognosi
L’evoluzione della scoliosi dipende da molte variabili e può raggiungere 20° Cobb annui. Sappiamo che raggiunge il suo picco nella fase di accrescimento tra gli 11-17 anni ma anche che, tendenzialmente, una curva corta ha un’evoluzione più veloce.
Raggiunta la maturità ossea, si stabilizza ma potrebbe continuare a peggiorare anche nell’adulto. Solitamente un peggioramento dei gradi Cobb in età adulta lo ritroviamo nelle curve oltre i 40°.
In sostanza risulta impossibile prevedere con esattezza l’andamento della patologia, proprio per questo motivo è di vitale importanza la diagnosi precoce. Prima la scoliosi verrà diagnostica più alte saranno le probabilità di successo nel trattamento.
Scoliosi: cure
Il trattamento della scoliosi si basa su: valutazione della gravità e posizione della curva, età, sesso, maturità ossea e sintomatologia.
Tendenzialmente con una curva scoliotica fino a 20° non sono previsti corsetti ma solo attività motoria volta al rinforzo dei muscoli profondi della schiena.
Invece, con una curva compresa tra i 20° e i 35° è prevista l’applicazione del corsetto o busto ortopedico. Oltre i 35°-40° di curvatura, sarà necessario un intervento chirurgico.
1 – Trattamento delle scoliosi inferiori a 20° angolo di Cobb
La terapia è fondamentalmente di osservazione, con un monitoraggio ogni 6 mesi dell’evoluzione delle curve. Ginnastica posturale e attività fisica sono le forme di intervento proposte in questa fase.
2 – Angolo di Cobb tra 20° e 35°
Le scoliosi comprese in questi gradi possono essere trattate con due diversi tipi di terapia:
- incruenta
- cruenta (intervento chirurgico).
Sarà la valutazione medica a determinare il percorso terapeutico.
Terapia ortopedica e fisioterapica
La terapia incruenta è indicata in età adolescenziale e nelle scoliosi inferiori ai 30° con una rotazione vertebrale contenuta e un rischio basso di evoluzione. In questi casi l’obiettivo è quello di non peggiorare la situazione sfruttando le terapie ortopediche, fisioterapiche e lo sport.
Quindi, l’ortopedico interviene utilizzando busti e corsetti per immobilizzare la colonna vertebrale e tentare di prevenire il peggioramento della patologia.
Corsetti ortopedici
Sul mercato sono presenti diversi modelli di corsetti e il loro utilizzo è specifico per ogni categoria di scoliosi. Sostanzialmente i modelli sono di tre tipi.
- Milwaukee, adatto a qualsiasi forma di scoliosi
- Lionese adatto alle forme di scoliosi dorsali o dorso-lombari
- Lapadula indicato invece per le curve lombari.
Il corsetto è un mezzo terapeutico sfruttabile solo in età evolutiva e risulta inefficace nell’età adulta.
La fase iniziale prevede di indossare il corsetto 24 ore al giorno, con una progressiva diminuzione delle ore nelle fasi successive.
Tuttavia, diventa quasi scontato citare le implicazioni psicofisiche che un corsetto può avere su un bambino/ragazzo. Oltre ai problemi psicologici e sociali, il corsetto può causare:
- ulcerazioni
- rigidità del rachide
- atrofia muscolare
- problemi di malocclusione dentale nel Milwaukee.
Stimolazione elettrica e fisoterapia
Anche per questi motivi negli ultimi anni sono stati messi a punto dei metodi non invasivi come la stimolazione elettrica (LEES). Una tecnica che potrebbe rivelarsi una valida alternativa ai corsetti, in un futuro prossimo. Prevede l’applicazione di elettrodi sul lato convesso della curva per 8-10 ore al giorno, nelle ore notturne. Invece, la fisioterapia ha lo scopo di limitare i possibili danni causati dai corsetti, migliorando la mobilità articolare, limitando l’atrofia muscolare e migliorando le condizioni generali del bambino/ragazzo. Infine, l’attività fisica.
Lo sport gioca un ruolo chiave sia dal punto di vista psico-sociale che fisico. Migliora il trofismo muscolare, di vitale importanza durante la terapia con corsetti, migliora la mobilità del rachide e delle articolazioni nel loro complesso, oltre alla coordinazione e propriocezione.
Sport consigliati
Gli sport consigliati sono tutti quelli che prevedano l’attivazione globale della muscolatura, è opportuno sceglierli in base alle attitudini e preferenze del paziente. Non esiste uno sport nettamente migliore degli altri, l’importante è praticarlo (nel limite delle proprie possibilità) con costanza, passione e che porti a soddisfazioni personali.
Invece, la ginnastica correttiva è fuorviante nel suo nome. Di correttivo ha appunto solo il nome, perché nel concreto non è possibile correggere una scoliosi idiopatica solamente con della ginnastica.
3 – Scoliosi maggiore di 35°-40°
In questi casi, l’unica possibilità di intervento è la terapia cruenta, l’intervento chirurgico.
Una scoliosi grave oppure in forte evoluzione deve essere corretta per evitare di causare gravi danni al paziente. Ma, l’intervento chirurgico è maggiormente efficace se eseguito tra i 12 e i 16 anni, con una scoliosi in via di strutturazione ma con un maturità ossea non ancora completa.
Quindi, questo non significa che l’intervento chirurgico non possa essere eseguito in età infantile o nella maggiore età. Le variabili in gioco sono molte e sopratutto imprevedibili. Anche in questo caso esistono diverse metodiche di intervento chirurgico. Tra le più note e antiche troviamo il metodo Risser.
Il paziente arriva all’intervento dopo diversi mesi di busto gessato. L’intervento prevede un’artrodesi (fissazione) delle vertebre che presentano rotazione e deformità e le vertebre confinanti con quelle estreme alla curva. Quindi, la colonna viene fissata, messa in tensione e la curva corretta. Il post intervento prevede nuovamente il busto gessato mantenuto per circa un anno.
Scoliosi: prevenzione
La scoliosi non si può prevenire. Infatti, risulta evidente che non è possibile prevenire una patologia con causa sconosciuta, genetica o secondaria ad altre patologie.
Tuttavia, è possibile prevenire, in alcuni casi, un suo peggioramento. L’attività fisica gioca un ruolo chiave nella prevenzione delle sintomatologie e problematiche osteoarticolari nei casi di scoliosi lieve. La scoliosi porta a un inevitabile squilibrio muscolare e una modifica della biomeccanica articolare. Alcuni squilibri possono essere limitati con l’attività fisica, e questa non deve essere per forza specifica per la scoliosi. Ricordiamoci che stiamo parlando di scoliosi non ancora strutturata e quindi di bambini e adolescenti.
Sport e bambini
La scelta dell’attività fisica deve essere fatta anche in base alle esigenze del bambino, anche perché gli studi sono contraddittori sulla reale efficacia della ginnastica per il miglioramento della scoliosi. Se volessimo descrivere un’attività fisica “ideale” per la scoliosi, tenendo conto di tutti i fattori caratterizzanti la patologia, potremmo descriverla come un’attività sotto carico (no il nuoto), che richiede abilità coordinative e riflessi, con ampi movimenti e utilizzo di diversi schemi motori.
Ad esempio, i giochi di squadra come pallavolo e basket oppure uno sport individuale come l’arrampicata sportiva.
Invece, sarebbero da evitare gli sport in cui è richiesto un eccessivo aumento della flessibilità come ginnastica artistica e danza, per esempio. Il motivo è il rischio di peggioramento delle curve a causa dell’aumento di flessibilità di tutti i muscoli, compresi quelli in accorciamento che mantengono la curva “stabile”.
Nuoto sì, nuoto no?
Arriviamo invece al nuoto. La cura per tutti i mali secondo ipotesi ormai smentite. Il nuoto, essendo un sport praticato in acqua e quindi in scarico, con continue torsioni del busto, non solo non porterebbe benefici nei pazienti con scoliosi ma sarebbe addirittura controproducente.
“Il nuoto non è un trattamento per la scoliosi secondo un’attendibile indagine trasversale”.
Tuttavia, essendo la scoliosi una patologia molto complessa, non esistono esercizi standard ma questi devono essere consigliati da personale esperto e su indicazione medica. Inoltre, ricordiamo che la ginnastica correttiva non ha l’obiettivo di correggere le curve ma di limitarne il peggioramento. Quindi, gli esercizi devono essere svolti sotto la supervisione di un esperto, il quale selezionerà i movimenti più appropriati in base alle indicazioni mediche per favorire una funzionalità fisiologica della colonna vertebrale.
Link esterni:
- Scoliosis Research Society- SRS.
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