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Schizofrenia: cos’è, classificazione, cause, sintomi, cure e trattamenti

schizofrenia: cos'è, cause, sintomi e cure

La schizofrenia è una particolare sindrome appartenente alle psicosi. Tale disturbo mentale si manifesta principalmente con la perdita di contatto con la realtà e, progressivamente, con la disorganizzazione del pensiero. I sintomi generalmente tipici di tale sindrome sono: disturbi delle senso-percezioni (vedere o sentire cose che non sono reali) e/o i deliri (credere con assoluta certezza cose che non sono vere). Nonostante le cause non siano ancora note, sembrano giocare un ruolo rilevante i fattori genetici e ambientali.

La diagnosi si basa sull’osservazione dei sintomi, dopo aver escluso altre possibili cause. Infatti, alcune patologie come quelle legate alla tiroide, i tumori cerebrali, l’epilessia e altre malattie mentali, possono causare sintomi simili a quelli schizofrenici. Il trattamento della schizofrenia è prevalentemente farmacologico.

Colpisce circa l’1% della popolazione mondiale ed è presente sia nei Paesi industrializzati che in quelli via di sviluppo, senza differenze sociali. 

Schizofrenia: che cos’è

La schizofrenia è un disturbo mentale cronico che si caratterizza per:

Dal greco “mente scissa” (schízō “divisione” e phrḗn “mente”), chi è affetto da schizofrenia perde il contatto con la realtà e il mondo circostante e si isola in una dimensione personale. 

La causa è ancora sconosciuta, ma le ricerche propendono verso una componente genetica e ambientale. L’esordio è generalmente nell’età adolescenziale o nella prima fase dell’età adulta (18-24 anni).

Tuttavia, nelle donne, si manifesta in età più avanzata (3-4 anni più tardi rispetto agli uomini).

Gli episodi sintomatici devono persistere ≥ 6 mesi per porre la diagnosi.

Il trattamento è soprattutto farmacologico, ma non si escludono la terapia cognitiva e la riabilitazione psicosociale. 

Una diagnosi e, quindi, un trattamento precoce, possono migliorare la qualità della vita del soggetto a lungo termine.

Schizofrenia: classificazione

Il Manuale diagnostico delle Malattie mentali (DSM) classifica la schizofrenia nei seguenti sottotipi. Schizofrenia di tipo:

Paranoide

La schizofrenia di tipo paranoide corrisponde a più della metà dei casi e presenta un profilo clinico eterogeneo. È caratterizzata soprattutto dalla presenza di deliri, generalmente a carattere persecutorio (ma anche di grandezza o di gelosia), e di allucinazioni uditive (sotto forma di voci sussurrate e bisbiglianti di tipo denigratorio e imperativo). 

Sia i deliri, sia le allucinazioni condizionano il comportamento dei soggetti. Ad esempio, è piuttosto comune che si sentano sorvegliati o che ciò che ascoltano in televisione o che leggono sui giornali sia riferito a loro.

Quindi, ciò li rende polemici, agitati, irascibili e a volte violenti.

L’affettività è spesso appiattita, mentre il controllo degli impulsi, le funzioni intellettive e la psicomotricità sono preservati.

Catatonico

La sindrome di tipo catatonico si caratterizza principalmente per la sintomatologia psicomotoria che può oscillare, anche in tempi brevi, dalla catatonia stuporosa all’eccitamento catatonico.

In questi soggetti si alternano, generalmente, fasi d’immobilità fisica con fasi di eccitamento. Inoltre, è presente ecolalia (ripetizione di una parola o frase pronunciata da un’altra persona) e, nelle fasi di eccitazione, il soggetto può gridare, parlare incessantemente, anche senza coerenza, e camminare o muoversi in modo agitato. 

Disorganizzato

La schizofrenia di tipo disorganizzato o ebefrenica è caratterizzata da una disorganizzazione del pensiero, da un eloquio incomprensibile, da un’alterazione del comportamento, dell’affettività e dell’attenzione.

Poi, il soggetto presenta uno scarso contatto con la realtà, deliri e allucinazioni.

Inventa parole nuove senza significato, può ridere senza motivo o avere attacchi improvvisi di pianto. Il comportamento è disorganizzato e privo di scopo. 

Schizofrenia di tipo indifferenziato

Comprende i casi che non rientrano completamente nelle forme descritte in precedenza.

Schizofrenia di tipo residuo

Riguarda principalmente soggetti che hanno manifestato in passato deliri, allucinazioni e comportamento disorganizzato (sintomi positivi) e che nel presente hanno perso lo stimolo verso le attività quotidiane.

I sintomi positivi sono presenti in forma lieve, ma persistono quelli negativi (scarsa reattività all’ambiente circostante, atteggiamento passivo).

Schizofrenia: epidemiologia

L’incidenza del disturbo oscilla tra lo 0,5% e 1,5% della popolazione adulta complessiva.

L’età di esordio per gli uomini è compresa tra i 18 e i 25 anni, mentre per le donne è dai 25-35 anni /49-59 anni.

Il rapporto maschi/femmine è di circa 1,4. La prevalenza è 4/1.000.

Secondo le stime, in Italia circa 240.000 persone sono o sono state affette da disturbi di tipo schizofrenico. Inoltre, è presente sia nei Paesi industrializzati che in quelli via di sviluppo, senza differenze di classe sociale. 

I sintomi della schizofrenia

La sindrome schizofrenica è caratterizzata da un’alterazione della percezione del sé (ipseità) e, di conseguenza, dell’interpretazione della realtà circostante.

I sintomi più frequenti sono:

Che cosa sono i sintomi positivi?

Questa sintomatologia compromette il funzionamento del soggetto. È generalmente episodica, ma può richiedere una temporanea ospedalizzazione.

Comprende alterazioni del comportamento, della percezione e del pensiero. Tra questi, ci sono:

Deliri

Si tratta di false convinzioni che distorcono la percezione dell’ambiente circostante.

Nonostante le prove evidenti, il soggetto resta connesso alle proprie convinzioni. 

Ci sono vari tipi di deliri:

Allucinazioni

Possono essere uditive, visive, gustative o tattili.

Le più comuni sono quelle uditive. Le voci percepite dal soggetto sono generalmente minacciose, oscene, accusatorie o denigranti. A volte invece sono inoffensive e amichevoli.

Le voci possono essere più di una e dialogare fra loro, commentando il comportamento del soggetto. Sono frequenti le allucinazioni somatiche o cenestesiche (la sensazione di non avere gli organi interni, oppure che questi siano fatti da materiali come il vetro, la pietra ecc., o comunque deformati).

Invece, con meno frequenza possono presentarsi anche allucinazioni visive, mentre più rare sono quelle tattili, olfattive e gustative. 

Disturbo del pensiero

Si evidenziano nel linguaggio scritto e parlato. Possono comprendere:

Alterazioni del comportamento

Oscillano dall’aggressività, all’immobilità, al mutacismo (difficoltà a pronunciare le consonati labiali), negativismo, obbedienza automatica e rigidità (stato catatonico).

Inoltre, i pazienti catatonici possono restare immobili e silenziosi o replicare alle domande solo con brevi risposte e muoversi solo su richiesta.

Schizofrenia: cosa sono i sintomi negativi?

La comparsa dei sintomi negativi preannuncia solitamente il primo episodio acuto della malattia. Si manifestano in modo graduale, tendono a stabilizzarsi nel tempo e contribuiscono significativamente alla compromissione funzionale. Tra questi:

Questi sintomi negativi sono spesso associati a una generale perdita di motivazione, scopi e obiettivi. Sono evidenti deficit cognitivi come la perdita di memoria, delle capacità attentive e del problem solving. 

Disorganizzazione

Si manifesta con:

Cause e fattori di rischio della schizofrenia

Al momento non si dispone di evidenze scientifiche sufficienti e le cause della schizofrenia sono tuttora incerte. Molti ricercatori sostengono che i fattori di rischio siano più di uno, in combinazione tra loro.

Fattori genetici

A sostegno dell’ipotesi genetica, c’è la probabilità di esserne colpiti inferiore all’1% per la popolazione generale. Invece, arriva al 6,5% per i familiari di primo grado di una persona malata e supera il 40% in caso di gemelli identici.

Cause fisiologiche

Tra le cause della schizofrenia possono esserci alterazioni nella funzione di importanti sostanze chimiche che permettono la trasmissione delle informazioni tra i neuroni cerebrali:

L’ipotesi deriva dall’osservazione dell’efficacia dei farmaci psicotropi che regolano l’attività di questi due neurotrasmettitori nell’alleviare alcuni dei principali sintomi della malattia.

Fattori stressanti

Si ritiene che una serie di eventi negativi o traumi accaduti durante il parto (ad esempio, ridotto peso alla nascita, parto prematuro, scarso afflusso di ossigeno al cervello del feto durante il parto) possano compromettere in qualche modo il cervello del neonato, con possibili conseguenze a lungo termine.

C’è poi anche una predisposizione individuale a sviluppare la malattia. In altre parole eventi traumatici in persone predisposte, potrebbero scatenare la malattia.

Tra gli eventi “precipitanti”:

Diagnosi

Secondo il DSM-5, per effettuare la diagnosi di schizofrenia devono essere soddisfatti una serie di criteri diagnostici. Tra questi, occorre accertare la presenza di:

Anche le principali attività quotidiane come lavoro, studio, relazioni interpersonali o cura di sé sono chiaramente compromesse.

I sintomi devono persistere continuativamente per almeno 6 mesi e, durante tale periodo, i sintomi positivi devono essere presenti per almeno un mese. 

Come si diagnostica la schizofrenia?

Non esistono esami del sangue o test di laboratorio per confermare una diagnosi di schizofrenia. La malattia è accertata attraverso una valutazione psichiatrica.

Tuttavia, la rapidità nella diagnosi è molto importante, poiché un intervento immediato può migliorare il decorso della malattia. Purtroppo, in molti casi, i primi sintomi si distinguono a fatica da una normale crisi adolescenziale, per esempio. Inoltre chi è affetto da un disturbo mentale non ne ha consapevolezza. 

Quindi, per arrivare alla diagnosi occorre una visita psichiatrica specialistica, alcuni esami per escludere cause organiche e, in alcuni casi specifici, indagini neuroradiologiche come la tomografia computerizzata o la risonanza magnetica cerebrale.

Diagnosi differenziale

Infatti, è molto importante escludere altre malattie psichiatriche che si manifestano con segni clinici molto simili, tra cui:

Infine, sono da escludere anche il disturbo post-traumatico da stress (DPTS), la depressione, l’ansia e l’abuso di sostanze stupefacenti.

Disturbo schizoaffettivo

Il termine fu usato per la prima volta negli anni Trenta dallo psichiatra Jacob Kasanin per definire episodi psicotici acuti con esordio improvviso e caratterizzati da sconvolgimento emozionale e distorsioni sensoriali.

Si caratterizza da psicosi (deliri, allucinazioni e linguaggio disorganizzato) che evidenziano la perdita di contratto con la realtà, associata ad alterazione del tono dell’umore.

Invece, si differenzia dalla schizofrenia per la presenza di depressione o manie. L’età di esordio è all’inizio dell’età adulta e la prognosi è più favorevole della schizofrenia. 

Disturbo delirante 

Si caratterizza per la presenza di un delirio persistente e focalizzato su temi specifici come essere:

Si distingue dalla schizofrenia per la presenza di deliri senza altri sintomi come allucinazioni, comportamenti bizzarri, dissociazione, ecc. Generalmente esordisce nell’età adulta e non compromette del tutto la vita sociale come nella schizofrenia.

Come curare la schizofrenia

Le cure attualmente disponibili per la schizofrenia possono solo attenuare i sintomi principali.

La terapia è dunque farmacologica e impiega farmaci antipsicotici o neurolettici, usati per il trattamento della sintomatologia psicotica. A questi si può associare la psicoterapia e interventi riabilitativi per il recupero delle capacità sociali compromesse dalla malattia. 

Infatti, insieme alla terapia farmacologica, è di grande sostegno l’intervento psicologico per aiutare le persone schizofreniche a riappropriarsi delle abilità sociali e di base (come lavarsi e vestirsi) e a controllare comportamenti come l’aggressività, l’autolesionismo o l’iperattività.

La diagnosi precoce (in età scolare), laddove vi siano esordi precoci o molto precoci, è attualmente il presidio terapeutico più efficace.

Prima si riconosce il disturbo, migliore sarà il decorso.

Per questo motivo sono stati attuati piani di collaborazione tra le istituzione scolastiche e i dipartimenti di neuropsichiatria infantile.

Farmaci

Antipsicotici

Si dividono in farmaci di prima e seconda generazione (definiti anche atipici, con maggiore efficacia e migliore tollerabilità).

Si usano sia nelle fasi acute della malattia, sia in quelle di mantenimento. A volte sono somministrati in combinazione con altri farmaci come gli antidepressivi o gli ansiolitici.

Tra gli effetti collaterali ci sono: 

Prima generazione

Questa classe di farmaci comprende neurolettici definiti “tipici” (aloperidolo, promazina, flufenazina). Gli effetti collaterali più frequenti sono:

Farmaci antipsicotici di seconda generazione

Si tratta di antipsicotici più recenti (olanzapina, clozapina, quetiapina, risperidone) molto efficaci per i sintomi sia positivi, sia negativi, con effetti collaterali più di tipo metabolico (aumento di peso, alterazione del metabolismo, aumento del colesterolo, diabete, ecc.). 

Schizofrenia: quanto dura il trattamento farmacologico? 

La durata del trattamento per un primo episodio di schizofrenia è da uno a due anni dopo la completa remissione dei sintomi.

Per gli episodi ripetuti, si prosegue il trattamento per almeno 5 anni e, in alcuni casi, per tutta la vita.

Ciò che conta è la regolarità di assunzione della cura. Nei casi in cui il soggetto non accetta la malattia e non prende i farmaci con regolarità, la risposta clinica sarà inadeguata.  

Psicoterapia e schizofrenia

Un approccio psicoterapeutico è sicuramente utile, anche se non riduce i sintomi della schizofrenia.

Inoltre, può, favorire la collaborazione tra il soggetto schizofrenico, la famiglia e il medico. L’obiettivo è fare in modo che il soggetto impari a capire e a gestire la propria malattia, che assuma regolarmente i farmaci e gestisca lo stress. 

Se il soggetto schizofrenico vive in famiglia, anche ai familiari è utile fornire informazioni sul disturbo e su come gestirlo, ad esempio insegnando delle tecniche per affrontarlo. 

Gli interventi psicologici possono prevedere terapie :

Partecipazione della famiglia

La partecipazione della famiglia è molto importante per riconoscere i segnali di un’eventuale ricaduta e per assicurarsi che il soggetto assuma regolarmente i farmaci prescritti. Sono anche importanti:

Prognosi

Secondo le ricerche, il tasso di mortalità dei soggetti affetti da schizofrenia è circa il doppio rispetto a quello della popolazione generale.

L’aspettativa di vita sarebbe inferiore di circa 10 anni. Anche perché la schizofrenia è la patologia psichiatrica che più frequentemente si associa al suicidio.

In base ai dati, circa il 10% dei soggetti schizofrenici muore per suicidio (una percentuale 20 volte più alta rispetto alla popolazione generale) e circa il 40% compie almeno un tentativo nel corso della vita. 

La prognosi è piuttosto variabile. In alcuni casi i soggetti affetti da schizofrenia:

Ma solo il 15% circa riesce a condurre una vita simile a quella che aveva prima della malattia.

L’importanza dei farmaci

La prognosi dipende comunque in gran parte dalla risposta al trattamento farmacologico.

Tuttavia, nonostante i benefici della terapia farmacologica, la metà dei soggetti affetti da schizofrenia non assume i farmaci prescritti.

Alcuni non riconoscono la propria malattia e quindi non vogliono prendere i farmaci. Altri smettono di assumere la terapia per gli effetti collaterali e altri ancora si dimenticano o non hanno i soldi necessari.

È opportuno ricordare che la schizofrenia è una malattia molto invalidante, per questo motivo molti soggetti non lavorano e vivono in ristrettezze economiche. 

Fattori per una prognosi migliore 

Fattori per una prognosi infausta 

Gli uomini hanno una prognosi peggiore rispetto alle donne. Infatti, queste ultime rispondono meglio al trattamento farmacologico.

Comportamento alimentare e schizofrenia

Le persone affette da schizofrenia possono adottare comportamenti alimentari piuttosto strani, come mangiare quantità di cibo esagerato o seguire diete più o meno bizzarre. Infatti, il rapporto con il cibo si caratterizza da: 

Sovralimentazione

Il soggetto tende a mangiare in maniera smisurata, accumulando chili di troppo.

Questo comportamento può essere dovuto agli effetti collaterali di alcuni farmaci, ma possono esserci anche motivi psicologici. Tra questi la sensazione di non essere mai sazi, per cui il cibo serve a bloccare questa percezione.

Questa smania si riscontra non solo verso il cibo, ma anche nella ricerca incessante di caffè, alcolici, sigarette o droghe. Queste sostanze agiscono direttamente sul sistema nervoso con un’azione eccitante o sedativa, per cui a volte il loro abuso corrisponde a un distorto tentativo di “autocura”. 

E’ opportuno che i familiari tentino di gestire questa voracità, cercando sempre di evitare scontri diretti.

Diete stravaganti

Chi è affetto da schizofrenia a volte può decidere di seguire una dieta rigida, assumere solo certi tipi di cibo o addirittura digiunare.

È possibile che dietro a tali scelte si nascondano dei deliri, come ad esempio la paura di essere avvelenato. Oppure sono le “voci” che impongono regimi dietetici precisi.

In questi casi è bene informare subito il medico. Occorre poi fare attenzione a non somministrare farmaci nei cibi all’insaputa del soggetto.

In questo modo, si può compromettere il rapporto di fiducia con la persona schizofrenica, con il rischio di scatenare deliri di avvelenamento. Quindi, il rifiuto dei farmaci deve essere sempre riferito al medico curante.

Complicanze

La schizofrenia è una malattia molto invalidante, per la persona che ne soffre e per i suoi familiari.

Infatti, i sintomi hanno un forte impatto sociale, non solo per le relazioni affettive, ma anche per i pregiudizi solitamente associati alle malattie mentali in genere.

L’aspetto più rilevante è la disoccupazione e quindi l’insicurezza economica.

La persona schizofrenica, inoltre, non è pienamente consapevole della malattia e quindi fa fatica a seguire regolarmente la terapia farmacologica. Per questo motivo le ricadute sono piuttosto frequenti. 

Le complicazioni più comuni sono: 

Imparare a vivere con la schizofrenia

Dopo una diagnosi di schizofrenia entrare in ansia sul decorso della malattia o provare una forte preoccupazione per la propria vita è più che normale.

La schizofrenia è una malattia cronica, cioè dura tutta la vita e richiede cure costanti.

Quindi, seguendo con attenzione e regolarità la terapia si può ridurre l’impatto sulla vita quotidiana. 

È anche importante imparare a riconoscere i segnali di un’eventuale ricaduta tra cui:

Riconoscere questi campanelli di allarme permette di tenere sotto controllo la malattia con i farmaci. 

Come aiutare uno schizofrenico

Però, la schizofrenia è una malattia gravosa anche per i familiari della persona colpita.

Quindi, è necessario, per quanto possibile, avere un atteggiamento positivo nonostante le difficoltà quotidiane. In particolare, sarebbe opportuno per i familiari:

La schizofrenia gli fa impressione? Forse mi farebbe lo stesso effetto, ma ahimè non posso sfuggire a me stesso (John Nash, dal film A Beatiful mind).

Schizofrenia: cenni storici

Verso la fine del Novecento, lo psichiatra tedesco Emil Kraepelin utilizzò il termine di dementia praecox per indicare una psicosi, con esordio nell’adolescenza, caratterizzata dalla presenza di:

Kraepelin coniò questo termine riferendosi al decorso del disturbo che, in assenza degli attuali trattamenti, causava disturbi cognitivi sovrapponibili alla demenza.

Questi sintomi portavano il soggetto a un progressivo decadimento sul piano affettivo e intellettivo. 

La scissione mentale

Ma il termine di schizofrenia fu coniato dallo psichiatra svizzero Eugen Bleuler, nel 1908, per indicare un disturbo caratterizzato da una “scissione mentale” e che si manifestava con una frammentazione dei processi associativi e del pensiero.

Secondo Bleuler, le manifestazioni psicopatologiche fondamentali della schizofrenia presumevano:

Solo in un secondo momento, grazie allo psichiatra Kurt Schneider, i deliri e le allucinazioni furono considerati i sintomi caratteristici e specifici di questo disturbo.

Schizofrenia o psicosi

È da più di 20 anni che la comunità scientifica si sta confrontando sulla possibilità di modificare il termine schizofrenia con un altro che includa la parola “psicosi”.

Anche per l’uso improprio da parte dei non addetti ai lavori. Infatti, capita spesso, di sentire, anche nei mass media e nei social, la parola “schizofrenia” per indicare semplicemente un ossimoro (la figura retorica che unisce sintatticamente due termini contraddittori). Inoltre, escludere questo termine ridurrebbe di molto lo stigma vissuto dai pazienti e dai loro familiari.

Differenze in base ai sintomi

Invece, nel 1980, Timothy Crow propose di differenziare la schizofrenia in base alla presenza di sintomi positivi o di sintomi negativi:

 

Con la consulenza del Prof. Massimo Pasquini, Psichiatra e Professore associato c/o l’Università La Sapienza di Roma, Dipartimento di Neuroscienze Umane.

Si ringrazia il Prof. Alfredo Berardelli per la gentile concessione del materiale bibliografico: La Neurologia della Sapienza, edizione 2019, Esculapio Editore. 

Link esterni

  1. Rivista di psichiatria, Mortalità e rischio suicidario nella schizofrenia (A.C. Altamura, S. Vismara, C. Montresor, M. Russo, G. Tacchini), Cattedra di Psichiatria, Università di Milano, Dipartimento Scienze Biomediche, Ospedale L. Sacco, Milano
  2. Psichiatria per Professioni Sanitarie (L. Lia, A. Serretti), Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie AlmaDL – Alma Mater Studiorum Università di Bologna
  3. Manuale MSD
  4. ISS.

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