Sommario
La rosolia è una malattia esantematica provocata dal Rubellavirus, soprattutto nei bambini dai 5 ai 14 anni. Ma interessa anche adulti non immunizzati, in particolare le donne in gravidanza che la trasmettono al figlio attraverso la placenta.
Il contagio avviene da malato a sano, tramite le goccioline di secrezioni infette, emesse con tosse, starnuti o parlando. Dopo l’incubazione, il contagiato avverte rinite, febbre e dolori articolari.
Sul palato molle, compaiono macchie rosa e, sul volto, un’eruzione, preceduta da linfoadenite. Successivamente, l’esantema si diffonde al tronco e agli arti, ma dopo 3 giorni scompare.
Definita “terza malattia”, in passato la rosolia colpiva milioni di persone. Ma, da dati dell’OMS, nel mondo sono ancora 110.000 i neonati con CRS in 1 anno.
L’Italia ha reso obbligatorie, dal 2013, la notifica della malattia e, dal 2017, la vaccinazione per i minori.
In genere con il vaccino MPR (Morbillo-Parotite-Rosolia), i piccoli sono vaccinati a 12-15 mesi e poi tra i 5 e i 6 anni.
Essendo l’unica prevenzione, la vaccinazione è raccomandata ai soggetti suscettibili, come le donne in età fertile. Orchite negli uomini e artrite nelle donne sono le complicanze più comuni, e neurite ed encefalite le più rare.
Inoltre, all’inizio del concepimento, la rosolia induce morte uterina ed aborto spontaneo. Dopo il III trimestre di gravidanza, la CRS causa nel feto difetti cardiaci, del Sistema Nervoso Centrale e degli organi di senso.
I sintomi tipici sono sufficienti per la diagnosi di rosolia, confermata dal Rubeo Test per la ricerca degli anticorpi specifici. La blanda infezione guarisce da sola e lascia immunità definitiva.
Febbre, dolori e altri disturbi possono essere alleviati con farmaci da banco, come antipiretici e colliri.
Rosolia: che cos’è
La rosolia è una malattia esantematica acuta, ad origine virale, caratteristica soprattutto dell’età infantile.
Infatti, l’infezione fa parte del gruppo di patologie pediatriche, tra cui morbillo, pertosse e parotite.
La malattia è estremamente contagiosa e può essere pericolosa, anche se normalmente comporta una leggera sintomatologia.
Tra l’altro, l‘eruzione cutanea della rosolia è meno rossa, brillante e fastidiosa di quella del morbillo.
Inoltre, il decorso della malattia è così breve, che l’infezione è nota come “morbillo dei 3 giorni”.
Rubella virus
Causata dal Rubella virus, la patologia prende il nome dal latino “rubella”, che significa “poco rossa”.
In effetti l’infezione, oltre che con rinite e febbre, inizia con formazioni rosate sul palato, costituite da macchie indolori.
Quindi, l’arrossamento si propaga alla faringe e, dopo 1 giorno, è seguito da un’eruzione cutanea, che appare prima al volto.
Una volta diffuso rapidamente al tronco e agli arti, l’esantema permane per circa 3 giorni e poi scompare.
Di rado, l’esantema procura prurito ed è accompagnato da dolori articolari che affliggono soprattutto le donne.
Particolarmente rilevante il fatto che 1/3 dei casi è asintomatico, senza che l’interessato si accorga della malattia.
Le complicanze riguardano in prevalenza gli adulti con rosolia che possono soffrire di otite, artrite ed encefalite.
Le donne che si infettano in gravidanza possono generare figli con vari handicap.
Rosolia: epidemiologia
Nei primi anni ’70, è stato approntato un triplo vaccino contenente i virus attenuati di morbillo, parotite e rosolia, o MPR.
Nel 2015, le Americhe sono state riconosciute come la prima regione dell’OMS ad aver debellato il virus.
Però, nonostante il vaccino, l’OMS stima che siano 110.000 i neonati con CRS, nel mondo, ogni anno.
Infatti, nei Paesi in via di sviluppo, si contano ancora oggi 100.000 casi all’anno dell’infezione esantematica. In particolare, in ampie zone dell’Africa e dell’Asia non è stato possibile raggiungere una copertura vaccinale adeguata.
Perciò, la rosolia è stata dichiarata la terza malattia da eliminare, insieme a vaiolo e poliomielite.
Dati italiani
Dal 2013, in Italia esiste il Sistema Nazionale di Sorveglianza Integrata morbillo-rosolia, anche per infezioni rubeoliche in gravidanza e CRS.
In Italia, il vaccino della rosolia fa parte delle vaccinazioni dell’infanzia, somministrato dopo il primo anno di età. In particolare, il vaccino trivalente, MPR, prevede per i bambini una seconda dose, per una maggior efficacia.
L’iniezione di richiamo, praticata prima dell’età scolare, è importante dal punto di vista epidemiologico.
Le somministrazioni sono cadenzate in base all’età e l’intervallo tra 2 dosi è quello ritenuto più accettabile. A tale scopo, sono state adottate 3 strategie: la vaccinazione selettiva delle ragazze/donne in età fertile, quella universale dei nuovi nati e la combinazione di entrambe.
Rosolia: chi colpisce
Quando si sospetta la malattia, il caso va segnalato, entro 12 ore, alla propria Asl, per telefono, fax o mail.
L’infezione esantematica colpisce, in prevalenza in inverno e primavera, soprattutto i bambini tra i 5 e i 14 anni.
A partire dal 2013, da noi l’incidenza della rosolia congenita risulta inferiore a 1 caso su 100.000 neonati vivi. Dal 2000 al 2016 i nostri malati da 2.605 sono scesi a 36 e, nel 2015, i casi di CRS a 84.
Rosolia: cause
Il Rubella virus della rosolia fa parte della famiglia dei Togaviridae, del genere Rubivirus, legato agli Arbovirus dell’encefalite equestre. L’agente infettivo ha un singolo filamento di RNA ed è protetto da una capside, rivestimento lipidico.
Il Rubivirus è abbastanza instabile e viene inattivato da formalina, luce ultravioletta, calore e solventi lipidici.
Sulle superfici esterne, il microrganismo riesce a sopravvivere solo per qualche ora e poi muore.
Nel 2019, è stato assodato che l’uomo è l’unico ospite-serbatoio e contagiato, riconosciuto, del Rubella virus.
Come agisce il virus della rosolia e cosa colpisce
Attraverso la trasmissione respiratoria da malato a sano, il virus si inserisce nel nasofaringe dove si replica. Un’altra sede dell’organismo in cui avviene la riproduzione virale è rappresentata dai linfonodi regionali.
Dopo l’esposizione, occorrono da 5 a 7 giorni perché il Rubivirus si diffonda in tutto il corpo e dia viremia.
E’ proprio durante questa fase che si verifica l’infezione del feto attraverso la placenta della madre ammalata. Nel caso, i danni nel bimbo in formazione sono dovuti alla distruzione o all’arresto della mitosi (riproduzione) delle cellule.
Il 30% dei colpiti sono bambini sotto i 5 anni, il 30% piccoli fino a 14 anni e il 30% adulti fino a 39 anni.
Le persone dai 20 ai 49 anni, con un’età media di 32 anni, non vaccinate sembrano essere più suscettibili alla rosolia.
Quando il Rubella virus infetta le gravide, a seconda del mese di gestazione, può permanere nella madre e aggredire il figlio.
Comunque, chi guarisce dalla malattia acquisisce un’immunità permanente che impedisce una ricaduta della rosolia.
Contagio e trasmissione della rosolia
La contaminazione dal malato a un soggetto non immune può avvenire attraverso 2 modalità di contagio.
Trasmissione diretta e indiretta
La trasmissione diretta è quando il virus viene inalato, in quanto propagato per via aerea per mezzo delle goccioline di saliva o muco emesse con starnuti o tosse dall’infetto.
Oppure il contagio può avvenire tramite il contatto diretto, tra sano e malato, che spande carica virale anche solo parlando.
Un altro modo di infettarsi è quello indiretto, quando un sano tocca superfici e oggetti contaminati dalle secrezioni naso-faringee e poi si porta le mani a occhi, naso o bocca, senza prima averle lavate.
Trasmissione verticale durante la gravidanza
Chiamata anche la Sindrome da Rosolia Congenita, si verifica dalla donna incinta, infettata in gravidanza, al feto, attraverso la placenta. In questo frangente, il passaggio del virus accade nel 90% dei casi, anche se non è sempre certo.
I maggiori portatori del virus, fonte di contagio, sono le persone con rosolia acquisita e i neonati con quella congenita.
Oltre che durante la gestazione, la futura madre può contrarre il virus anche poco prima del concepimento.
In ogni caso, l’agente della rosolia va a infettare la placenta in cui si insedia, attaccando poi il feto.
Incubazione e decorso
L’agente infettivo si riproduce nell’oro-faringe e a livello dei polmoni, per poi invadere l’organismo.
Dopo il contagio, l’incubazione dura da 2 a 3 settimane ed è seguita dalla fase prodromica, dal 21° al 23° giorno.
La comparsa e lo sviluppo dell’esantema si attuano dal 22° al 26° giorno, mentre dal 29° giorno inizia la guarigione.
La viremia si sviluppa dopo circa 6 giorni dal contagio e scompare prima della formazione dell’esantema.
La trasmissibilità del virus si ha da 7 giorni prima della comparsa dell’esantema a 8 giorni dopo.
La contagiosità diventa massima da 1 a 5 giorni dopo la formazione dell’eruzione.
Però nei malati, le secrezioni naso-faringee possono contenere il virus fino a 2 settimane dopo l’esantema.
Tuttavia, va tenuto presente che molti portatori del virus non hanno sintomi, per cui ci si può infettare senza saperlo.
L’esantema arriva all’acme tra il 23° e il 25° giorno e la tipica linfoadenopatia dal 22° giorno oltre il 30°.
I sintomi della rosolia
Nella fase dell’incubazione, il soggetto è asintomatico finché non passa in quella prodromica.
Fase prodromica
In questo stadio, la malattia ha la parvenza di una moderata influenza, con spossatezza e malessere generale.
Il malato può soffrire di mal di gola, raffreddore e mal di testa, con senso di affaticamento e inappetenza.
Inoltre, la rosolia può dare dolori muscolari, occhi rossi e lieve congiuntivite, in particolare negli adulti.
Se presente, la febbre è modesta o media, rimanendo, in questo periodo, non troppo alta.
Le macchie rosa in bocca, o enantema, e la linfoadenopatia precedono di poco l’esantema.
Sul palato molle, si formano le “macchie di Forscheimer”, petecchie che poi si riuniscono in un’area eritematosa.
All’esordio, si presenta un’iperemia faringea e può comparire un eritema molto pallido, in prevalenza al viso.
Linfonodi ingrossati
L’ingrossamento dei linfonodi si verifica 5-10 giorni prima dell’eruzione e diviene evidente nelle 24 ore precedenti.
Ad essere interessati sono i linfonodi dietro le orecchie, alla base della nuca e sul retro del collo.
Ma anche gli altri linfonodi possono essere coinvolti e presentarsi gonfi e fastidiosi, perché stimolati per la difesa dall’infezione.
I piccoli organi del sistema linfatico rivelano flogosi e tumefazioni e sono grandi come una nocciola, dolenti alla palpazione.
Fase esantematica: macchie rosate
Nella successiva fase esantematica, si manifesta il rash cutaneo e la linfoadenopatia risulta più dolorosa.
Le piccole macchie rosate sono piatte e raggiungono la dimensione massima di una lenticchia.
Di solito, le formazioni cutanee compaiono prima dietro le orecchie, poi sulla fronte e quindi sul viso.
Dalla testa e dal collo, le macchie si espandono in 1 giorno in tutto il resto del corpo.
Evoluzione dell’esantema
Nella forma classica della malattia, l’esantema evolve in una giornata e sparisce lasciando la tipica desquamazione. L’eruzione è del tipo micropapuloso, rimane chiara e non confluisce, al contrario di quella del morbillo.
A volte, l’esantema può diventare a punta di spillo, come nella scarlattina, con un arrossamento generale.
L’eruzione è per lo più associata alla febbre, che da moderata a volte può arrivare a 40° C.
Comunque, l’esantema non è quasi mai pruriginoso e dura 3 giorni, mentre la linfoadenite può tormentare per settimane.
Negli adulti, in particolare donne, si può sviluppare artralgia, ovvero dolore articolare, che però non persiste a lungo.
In un altro tipo di rosolia, nel 25% dei casi, l’esantema è assente, ma sono presenti febbre e linfoadenite.
Complicanze della rosolia
Le conseguenze della rosolia possono colpire soprattutto gli adulti, con differenze legate al sesso, e chi ha deficit immunitari.
Nei maschi, è abbastanza comune il gonfiore dei testicoli, che può sfociare nell’orchite, infiammazione con ematuria.
Invece è più frequente nelle donne la comparsa di artrite, con dolori, tumefazione, arrossamento e rigidità delle articolazioni. Si stima che fino a un terzo delle ragazze e delle donne, dopo la rosolia, sviluppa anche solo artralgia, o dolori articolari. Le parti più compromesse del corpo risultano essere le dita di mani e piedi, i polsi e le ginocchia.
Difficilmente gli uomini possono soffrire di artrite o artralgia post-rosolia, al massimo il 30% di loro.
In alcuni pazienti può sopravvenire una infiammazione dei nervi, o neurite, con parestesie e altri sintomi, in base all’area coinvolta.
Raramente la rosolia può complicarsi provocando otite dell’orecchio medio e polmonite. Invece, solo 1 soggetto adulto su 6000 si ammala di encefalite, infiammazione del cervello che può essere letale.
Nel sangue dei soggetti può esserci riduzione delle piastrine, o trombocitopenia, causa di sanguinamenti ed ecchimosi.
Inoltre, indagini hanno evidenziato che la piastrinopenia, con manifestazioni emorragiche, interessa 1 paziente su 3000.
Ancora più rara è la sclerosi multipla che potrebbe essere in relazione alla malattia esantematica in individui predisposti.
Rosolia in gravidanza
Più diffusa è la Sindrome della Rosolia Congenita, dovuta al virus in circolo nel sangue materno che raggiunge il concepito.
Il processo avviene se una donna non resistente al Rubivirus, perché non vaccinata o mai ammalata, lo contrae in gravidanza.
Inoffensiva per la mamma, la rosolia si dimostra pericolosa per il nascituro che si infetta attraverso la placenta.
Le complicanze sono diverse a seconda della fase di gestazione e sono peggiori quando il contagio materno è precoce.
Primo mese
Il primo mese di gestazione dovrebbe essere esente da problemi in quanto la placenta non si è ancora formata.
Invece già dal secondo mese, i vasi sanguigni, che si sono formati, possono veicolare il virus.
Dalla 5° settimana fino alla 16°
Dalla 4ª settimana di gravidanza, la condizione può portare alla morte uterina dell’embrione e ad aborto spontaneo.
A partire dalla 5ª settimana, fino alla 16ª, le cellule si replicano intensamente per cui sono ricettive alla riproduzione del virus.
Nelle 11 settimane iniziali della gestazione, si producono anomalie fetali congenite nel 90% dei casi.
Terzo e quarto mese
Al 3°-4° mese dal concepimento, il feto può riportare difetti cardiaci e lesioni del Sistema Nervoso Centrale e degli organi di senso.
Infatti, in questa fase, nel feto si può instaurare la “triade di Gregg”, con cataratta, cardiopatie e sordità.
Rosolia dopo il 4° mese di gravidanza
Dopo il 4° mese, le malformazioni diventano meno frequenti e riguardano il 36% dei bambini.
Perciò dopo tale periodo, il nascituro ha buone probabilità di non incorrere più in difetti congeniti.
Dalla 17° settimana
Dalla 17ª settimana, nel feto può esserci l’infezione che però non implica gravi anomalie.
Nel periodo, il prodotto del concepimento può avere la “rosolia espansa”, con interessamento di polmoni, fegato e flogosi.
Oppure, il feto può essere sano ma presentare gli anticorpi IgM, nella “rosolia in utero”.
Complicazioni per il nascituro
Ancora, la malattia esantematica nel nascituro può dare ripercussioni solamente su un organo. Infatti, se durante la gravidanza, il virus non viene eliminato dal feto, può dare disfunzioni e infezione, con ittero e piastrinopenia.
Sul feto, la CRS determina, oltre alla cataratta, altri problemi visivi, come retinopatia e glaucoma.
Frequente nel neonato infetto la difficoltà uditiva, con sordità neurosensoriale, per imperfezione dell’organo del Corti.
Il piccolo può essere soggetto a cardiopatie congenite, tra cui stenosi dell’arteria polmonare e persistenza del dotto di Botallo.
Le alterazioni delle ossa possono procurare al bambino difetti della formazione e dell’ossificazione in quelle lunghe.
Dalla rosolia, per il neonato possono derivare disturbi neurologici, con ritardo mentale e dello sviluppo fisico.
A livello ematico, la CRS può procurare anemia emolitica o trombocitopenia, con deficit di globuli rossi o piastrine.
Inoltre, il nascituro può avere una crescita nell’utero più lenta, da cui la formazione di una testa piccola, con scarso cervello.
Quindi, il piccolo potrebbe andare incontro a danni cerebrali, ai polmoni, al fegato e al midollo osseo.
Purtroppo gli effetti della CRS non sono solo immediati, ma possono essere tardivi, anche dopo 2-4 anni dalla nascita.
In tale situazione, il bambino è a rischio di:
- ipotiroidismo
- ipertiroidismo
- diabete di tipo 1.
Infine, un edema cerebrale può infliggere al piccolo gravi deformità con difficoltà nel movimento e disabilità intellettuale.
Diagnosi della rosolia
Con l’esame obiettivo del paziente, la rosolia può essere riconosciuta grazie ai segni e ai sintomi che produce nell’organismo.
L’esantema rosato, i linfonodi ingrossati e lo stato generale riscontrati nel soggetto forniscono la prova dell’infezione.
A volte, per l’accertamento, si ricerca l’RNA virale in materiali nasali e faringei o in campioni di urina.
Solo se persistono dubbi, vengono prescritti 2 test particolari che non lasciano incertezze sulla malattia.
2 test: esame della saliva e Rubeo test
L’esame della saliva si pratica con un tampone assorbente, con cui si asporta la secrezione ritenuta infetta.
Invece, il prelievo ematico, da una vena del braccio, è utile per una analisi mirata del sangue, o Rubeo Test.
L’esame rivela se una persona non è immune oppure se ha contratto la malattia o è stato vaccinato.
Entrambi i test servono per rintracciare gli anticorpi specifici, o immunoglobuline, rilasciati dal sistema immunitario. Infatti, a difesa dall’infezione, un malato produce all’inizio IgM e dal 28° giorno IgG, o anticorpi della memoria.
Questi ultimi rimangono nell’organismo per tutta la vita, a protezione dalla malattia.
La rosolia viene confermata dall’aumento di minimo 4 volte del valore anticorpale tra fase acuta e quella di convalescenza.
La ricerca dei 2 tipi di anticorpi consente anche la diagnosi differenziale della rosolia, rispetto ad altre malattie. Infatti, l’infezione può essere scambiata per morbillo, scarlattina o quarta malattia (scarlattinetta), con sintomi simili.
Del resto, nel corso di una patologia analoga potrebbe esserci un risultato falsamente positivo per le sole IgM. Comunque, le indagini di laboratorio sono raccomandabili in tutti i casi sospetti, per motivi di sanità pubblica.
Rubeo test in gravidanza
Il Rubeo Test è indispensabile per la diagnosi in gravidanza allo scopo di prevenire le temibili conseguenze della rosolia nel feto.
Inoltre, le gravide non immuni dovrebbero fare l’esame soprattutto in presenza di sintomi o se sono state in contatto con un malato.
L’analisi andrebbe eseguita da tutte le donne in età fertile, prima di una gravidanza, per sapere se sono immuni.
Lo screening con il dosaggio degli anticorpi anti-rosolia in queste donne seleziona quelle suscettibili da vaccinare.
Il Rubeo Test viene eseguito anche nei neonati con difetti congeniti, in cui venga sospettata la rosolia. Nei piccoli infetti, gli anticorpi che compaiono per primi (IgM) permangono anche fino a 1 anno dopo la nascita.
Ecografia fetale con sospetto rosolia
Invece, quando in una donna incinta si suppone la CSR per il feto, sono necessari esami più mirati.
La madre deve effettuare un’ecografia fetale, che, tramite gli ultrasuoni, permette di osservare lo sviluppo del nascituro. Le condizioni del piccolo possono essere controllate anche per mezzo dell’amniocentesi, cioè un prelievo di liquido amniotico.
Il fluido, che avvolge e protegge il feto durante la gravidanza, all’interno del sacco amniotico, contiene cellule fetali. Una volta isolati e coltivati in laboratorio, questi amniociti rivelano eventuali infezioni e irregolarità fisiche o cromosomiche.
In questo modo, è possibile appurare se il nascituro ha una crescita normale oppure è stato danneggiato dalla rosolia.
Cure: come alleviare i sintomi della rosolia
La rosolia è un’infezione lieve che, nella maggioranza dei casi, non richiede cure ma un supporto per i sintomi.
Del resto, non è mai stato realizzato un farmaco esclusivo per la malattia esantematica. Quindi, le terapie d’appoggio sono indirizzate ad alleviare i disturbi dell’infezione e solo per le complicanze si prescrivono farmaci.
Il paziente va dichiarato all’autorità sanitaria e deve rimanere a casa, per non nuocere a sé e agli altri.
Importanza dell’idratazione
Per chi ha la rosolia, è indicato il riposo, preferibilmente a letto e al caldo, in una stanza tranquilla e riparata. Inoltre, il malato deve sforzarsi di assumere liquidi in abbondanza, come:
- acqua
- tisane
- latte
- succhi di frutta.
Infatti, la rosolia può provocare nell’organismo la disidratazione, che può aggravarsi producendo la xerosi cutanea. Quindi, il soggetto potrebbe avere le mucose di bocca, naso e occhi e la pelle secchi, con aridità, squame e prurito.
Dal momento che il sofferente è irritato e inquieto, dovrebbe evitare le bevande nervine, come tè e caffè.
Dieta
La dieta deve essere leggera e nutriente, con cibi facilmente digeribili, tra cui:
- pesce
- carne magra
- vegetali
- cereali.
Al contrario, il paziente dovrebbe abolire o limitare gli alimenti troppo grassi ed elaborati, per non affaticare l’organismo.
Farmaci per abbassare la febbre e antidolorifici
Per abbassare la febbre, se si alza troppo, è opportuno adoperare:
- paracetamolo
- ibuprofene
- altri antipiretici.
Questi stessi farmaci aiutano a sopportare la mialgia e i dolori articolari, che spesso accompagnano la rosolia.
I FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei) sono particolarmente efficaci anche per la loro azione analgesica.
Per i bambini è sconsigliabile l’acido acetilsalicilico (Aspirina) in quanto può dare la sindrome di Reye, con danni a cervello e fegato.
Per normalizzare la temperatura, le pasticche di antipiretici vanno prese ogni 6 ore, in dose da 200 a 400 mg.
Se febbre e dolori sono intensi, si possono preferire le supposte o la somministrazione del farmaco per via endovenosa.
Infine, gargarismi lenitivi e colliri decongestionanti sono idonei per sopportare meglio l’irritazione della gola e degli occhi.
Quando è il caso di dare l’antibiotico
Gli antibiotici non servono per l’infezione esantematica, ma diventano necessari se si sviluppa l’otite media. Anche quando sopravvengono infezioni batteriche, bisogna far ricorso a una terapia antibiotica mirata.
Se poi interviene una complicanza più seria, come la neurite, si possono dare al malato i corticosteroidi.
Purtroppo, non esiste una cura per la Sindrome della Rosolia Congenita, trasmessa dalla madre al figlio durante la gravidanza.
Prognosi e decorso
Certamente nel 20-30% dei malati l’infezione passa quasi inosservata o è addirittura priva di sintomi. Ma spesso le manifestazioni della rosolia, come febbre ed esantema, rimangono evidenti per 5-10 giorni.
Molti casi presentano sintomi lievi e l’eruzione cutanea, e quindi, la fase principale della malattia, viene superata in 3 giorni.
Di per sé l’esantema è meno fastidioso ed esteso di quello del morbillo e risulta pallido e sfumato.
In generale, la febbre si risolve dopo la scomparsa del rash cutaneo, a partire dal 3° giorno di malattia.
Tuttavia, nei soggetti immunodepressi e in adulti in condizioni precarie la malattia può dar luogo a pesanti complicanze.
Di solito, i bambini piccoli hanno sintomi scarsi e leggeri, come un malessere generale. Anche gli adulti possono avere poche manifestazioni cliniche, ma in alcuni casi presentano disturbi transitori.
Oltre alla febbre, le persone non più adolescenti possono accusare cefalea, rigidità articolare e modesta rinite.
La linfadenite può continuare per 1 mese, mentre le artralgie scompaiono in pochi giorni. Tuttavia, il veloce e debole decorso della rosolia non dovrebbe portare a conseguenze importanti.
Il ritorno allo stato di salute precedente è rapido e completo, se non subentrano complicanze.
L’immunità, superata la malattia, sembra essere definitiva, senza rischi di nuove infezioni.
Come prevenire la rosolia
Soprattutto quando è in corso un focolaio di rosolia, i soggetti non immuni dovrebbero attenersi ad alcune precauzioni.
Tutti i suscettibili, in particolare le donne gravide, dovrebbero evitare di incontrare gli ammalati.
Inoltre, è una buona regola mantenere una costante igiene delle mani, che vanno lavate spesso e a lungo.
Al fine di non introdurre il Rubivirus, chi è a rischio non dovrebbe toccarsi bocca, naso e occhi, prima di essersi pulito le mani. La norma va seguita a maggior ragione dopo essere stati su mezzi pubblici o in luoghi chiusi affollati.
Altra origine di contagi possono essere i viaggi in Paesi in cui l’incidenza della rosolia rimane elevata.
Vaccino MPR
Ma, l’unica prevenzione contro la malattia è il vaccino MPR (Morbillo-Parotite-Rosolia), a base di virus vivo attenuato. Il ceppo virale viene modificato in laboratorio per ridurne la virulenza, per cui non può provocare la malattia.
Invece, il virus attenuato rimane in grado di stimolare la risposta anticorpale e offrire così l’immunità.
La profilassi prevede la somministrazione del vaccino combinato per via sottocutanea, nella coscia o nella parte alta del braccio.
Nei più piccoli, una prima dose viene data tra i 12 e i 15 mesi ed una seconda tra i 5 e i 6 anni.
Dal 2017, in Italia la vaccinazione è diventata obbligatoria per legge per i minori, dai neonati ai ragazzi di 16 anni. Il Decreto in materia inserisce la vaccinazione anti-rosolia insieme ad altre 10, altrettanto obbligatorie.
Nella vaccinazione contro l’infezione esantematica sono compresi anche quanti sono nati dopo il 2001.
L’avvenuta vaccinazione permette l’iscrizione dei bambini da 0 a 6 anni all’asilo o alla scuola materna. Al contrario, chi viola l’obbligo e non fa vaccinare il figlio con il MPR, non può farlo accedere alle strutture scolastiche.
Inoltre, i genitori dei piccoli non vaccinati vengono anche sottoposti a sanzioni pecuniarie.
Vaccino quadrivalente
Grazie al vaccino quadrivalente MPRV (anche Varicella), oggi è possibile la copertura per 4 malattie con una sola iniezione. Tuttavia, i vaccini trivalente e quadrivalente sono vietati alle gravide e a chi ha deficit immunitari o è in terapia immunosoppressiva.
Certamente, chi ha già avuto la rosolia, in particolare i bambini, non deve vaccinarsi perché è immunizzato per via naturale.
Donne in età fertile
Invece, le donne non immuni che hanno in progetto di avere un figlio dovrebbero vaccinarsi contro la rosolia.
Solo con la vaccinazione una madre che non ha mai contratto la malattia può mettere al riparo il nascituro dalla CRS.
Prima di procedere con la vaccinazione, per le donne, è opportuno l’esame del sangue per la ricerca di anticorpi antivirali. Secondo valutazioni, in Italia, le donne in età fertile che non hanno contratto il virus o non sono vaccinate ammontano al 15%.
La vaccinazione di routine è consigliata subito dopo il parto alle madri che rischiano il contagio.
Categorie a rischio
Una dose di vaccino è raccomandata per tutti i soggetti non immuni, dopo la pubertà.
In particolare, dovrebbero vaccinarsi, in quanto suscettibili, gli studenti universitari, i militari di leva e gli immigrati.
Anche gli operatori sanitari e il personale che lavora a contatto con i bambini, se non immunizzati, andrebbero vaccinati.
Il vaccino non sembra scatenare l’infezione e l’immunità che induce dura oltre 15 anni nel 95% dei vaccinati.
Effetti collaterali del vaccino
Le donne in età fertile vaccinate dovrebbero evitare il concepimento per almeno 28 giorni dopo l’iniezione.
Il vaccino non causa CRS ma può essere dannoso per il feto, in circa il 3% dei casi.
Quindi, durante l’intera gravidanza, le donne devono evitare assolutamente la vaccinazione anti-rosolia.
Nei bambini, il vaccino può dare sporadicamente:
- febbriciattola
- dolori
- linfoadenopatia
- leggero esantema.
Invece, negli adulti, soprattutto nelle donne, dopo la vaccinazione, può apparire una tumefazione dolente articolare.
Rosolia: cenni storici
La rosolia, come altre malattie esantematiche, ha afflitto l’uomo dagli albori della civiltà. Ma l’infezione, denominata “terza malattia”, veniva ritenuta una variante del morbillo o della scarlattina e confusa con essi.
La malattia è stata descritta clinicamente per la prima volta nel 1740 dal tedesco Friedrich Hoffman. Soltanto nel 1814, in Germania, George de Maton ha considerato la rosolia a sé stante, per cui venne chiamata “morbillo tedesco”.
Nel 1881, al Congresso Internazionale di Medicina di Londra, l’infezione è stata finalmente riconosciuta come malattia distinta.
Nel 1914, il medico americano Alfred F. Hess ha ipotizzato l’eziologia virale della rosolia, basandosi su studi sulle scimmie. Invece, nel 1938, Hiro e Tosaka hanno confermato la presenza del virus, contagiando bambini con secrezioni nasali di infetti.
A seguito di un’epidemia, nel 1940, l’oftalmologo australiano Norman Gregg ha individuato la cataratta congenita in 78 neonati.
Lo specialista ha constatato che 68 dei bambini malati erano nati da madri infettate dalla rosolia in gravidanza.
Descrivendo la cataratta e altri problemi dei neonati infetti, Gregg ha illustrato la Sindrome, poi definita da Rosolia Congenita.
Poiché ai tempi non esisteva un vaccino, un pensiero popolare chiedeva che i bambini sani venissero contagiati da quelli malati.
Secondo l’idea, così si sarebbero potute immunizzare soprattutto le bambine, per proteggerle dalla rosolia in una futura gravidanza.
Pandemie
Invece nel 1962-65, c’è stata una pandemia, partita dall’Europa e che negli Stati Uniti ha dato 12,5 milioni di casi in 2 anni.
Nella sola New York, l’1% delle nascite fu colpito da CRS, mentre nel resto del Paese furono riscontrate numerose conseguenze. I neonati morti sono stati 2.100, quelli sordi 12.000, i ciechi 3.850 e i disabili mentali 1.800.
La scoperta del vaccino
Il virus è stato isolato solo nel 1962 da Thomas H. Weller e Paul D. Parkman dell’Istituto Nazionale Americano della Salute.
Per merito della scoperta, incominciarono le ricerche per ottenere un vaccino valido, realizzato nel 1969.
Sempre Parker, insieme a Harry M. Meyer, ha ideato il test a larga applicazione per la ricerca degli anticorpi della rosolia. I due scienziati americani hanno anche messo a punto il vaccino contro la malattia, utilizzato poi nel mondo.
Da allora, la rosolia, tramite la vaccinazione di routine, è stata ridotta in molti Paesi e in alcuni di essi non è più endemica.
Con la consulenza di Manrico Cimoli, specialista in pediatria a Massa Carrara e Rosanna Ercole Mellone, divulgatrice della nutrizione e del benessere.
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