Sommario
La narcolessia è una malattia neurologica piuttosto rara caratterizzata da alcuni sintomi, tra cui un’eccessiva sonnolenza diurna. Generalmente si associa a “cataplessia” (improvvisa debolezza muscolare) allucinazioni, paralisi del sonno e frammentazione del sonno notturno.
Può esordire in età pediatrica ma anche in altri stadi della vita. Al momento non esiste una cura, ma si affronta con terapie comportamentali e farmacologiche per tenere sotto controllo i sintomi. La diagnosi si effettua attraverso esami specifici del sonno come la polisonnografia. Si stima che circa una persona su 2.000 sia affetta da narcolessia negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone. Colpisce indistintamente uomini e donne. In Italia i casi stimati sono circa 2.500.
La prima Giornata Mondiale della Narcolessia si è svolta nel settembre del 2019, voluta dall’Associazione Italiana Narcolettici e Ipersonni (AIN) come momento di sensibilizzazione verso questa malattia.
Narcolessia: che cos’è
La narcolessia è un disturbo neurologico caratterizzato da una sonnolenza eccessiva durante il giorno o da episodi involontari e ricorrenti di sonno durante le ore di veglia. Spesso è associata anche a episodi improvvisi di debolezza muscolare (cataplessia). Invece, alcune volte, possono manifestarsi:
- Paralisi del sonno.
- Sogni vividi.
- Allucinazioni (nella fase dell’addormentamento o del risveglio).
È una malattia cronica, cioè dura tutta la vita, ma non influisce sull’aspettativa di vita.
La causa non è ancora nota. Tuttavia, alcune ricerche indicano come possibile eziologia un’alterazione del sistema immunitario, che attaccherebbe i neuroni cerebrali di specifiche aree del cervello. Secondo altri studi, invece, il fattore genetico e quindi ereditario giocherebbe un ruolo rilevante.
Chi è affetto da narcolessia è dunque colpito da attacchi di sonno improvvisi e incontrollabili. Ciò rende questa patologia piuttosto invalidante con un forte impatto sulla vita dell’individuo a qualsiasi livello: scolastico, professionale, sociale, familiare e personale.
Senza tralasciare un aumento del rischio di incidenti stradali, sul lavoro o di altro genere.
Per accertare la diagnosi occorre eseguire specifici esami come la polisonnografia e il test delle latenze multiple del sonno. La cura è prevalentemente farmacologica per tenere sotto controllo i sintomi.
La malattia può colpire a qualunque età, ma generalmente l’esordio è durante la pubertà o in età giovanile, con un picco nell’adolescenza e tra i 30-40 anni. All’inizio, i sintomi sono poco evidenti, determinando spesso un significativo ritardo nella diagnosi e quindi nella cura.
Narcolessia: sintomi
I sintomi principali della narcolessia sono costituiti da un’eccessiva sonnolenza diurna, cataplessia, allucinazioni ipnagogiche e paralisi del sonno. Durante l’esordio, la sintomatologia può essere poco marcata, determinando spesso un significativo ritardo nella diagnosi.
Solitamente si manifestano durante il periodo adolescenziale o comunque tra i giovani adulti e persistono per tutta la vita.
È una patologia cronica, fortemente invalidante e nella sua forma più tipica, è caratterizzata dalla coesistenza dei seguenti sintomi:
Eccessiva sonnolenza diurna
Si caratterizza da numerosi attacchi di sonno diurno ai quali il soggetto non riesce a resistere. Durano circa 10-20 minuti (alcune volte anche ore) e accadono indipendentemente da quante ore il soggetto abbia dormito durante la notte. Quindi, sono episodi improvvisi di sonno incontrollabile che possono capitare in qualsiasi momento, spesso senza preavviso.
Le persone affette dalla malattia solitamente al risveglio si sentono riposate, anche se l’episodio di sonno dura solo pochi minuti. Tuttavia, possono addormentarsi di nuovo poco dopo.
Questi episodi si manifestano maggiormente in situazioni noiose o monotone (ad esempio durante una riunione o alla guida nei lunghi tratti in autostrada), ma possono accadere anche mentre si mangia, si parla o si scrive.
Cataplessia
È caratterizzata da una repentina e transitoria perdita del tono muscolare, spesso scatenata da una forte emozione:
- Risata.
- Rabbia improvvisa.
- Sforzo fisico.
- Attività sessuale.
Durante la crisi, il soggetto non perde coscienza e conserva il ricordo dell’evento. Gli episodi possono durare da qualche secondo a qualche minuto, con una completa risoluzione dopo la crisi. La presenza o meno di cataplessia caratterizza la sottodivisione della narcolessia nel tipo 1 (con cataplessia) e tipo 2 (senza cataplessia) e si verifica in circa un terzo delle persone che soffrono di narcolessia.
Paralisi del sonno
Può capitare che il soggetto dopo l’attacco di sonno o dopo il risveglio, non riesca a muoversi o a parlare. Questi episodi, definiti “paralisi del sonno”, tendono a risolversi spontaneamente dopo pochi minuti. È un sintomo che si manifesta in circa un quarto dei narcolettici.
Allucinazioni
Nella fase dell’addormentamento e raramente al risveglio, si possono manifestare delle allucinazioni. Sono molto vivide e simili a quelle dei sogni normali, ma più intense. Si distinguono in:
- Ipnagogiche, se si verificano durante il sonno.
- Ipnopompiche, se si verificano durante la veglia.
Le allucinazioni ipnagogiche si manifestano in circa un terzo delle persone che soffrono di narcolessia.
Disturbi del sonno notturno
Nei narcolettici, il sonno notturno può essere frammentato, cioè interrotto periodicamente da risvegli e sogni vividi. Ciò vuol dire che il sonno è poco ristoratore causando stanchezza durante il giorno.
Non tutti i sintomi possono essere presenti contemporaneamente, soprattutto in età pediatrica. Infatti, i due sintomi principali, eccessiva sonnolenza e cataplessia, possono manifestarsi con modalità diverse. Questo è uno dei motivi per cui spesso la narcolessia non è subito diagnosticata.
Infatti, solo il 10% circa dei narcolettici presenta il quadro sintomatologico completo.
Perché la narcolessia non è una malattia riconosciuta?
Si tratta di una malattia rara e quindi poco conosciuta anche dai medici. È poi la variabilità dei sintomi a rendere difficile il riconoscimento della malattia. In età infantile o adolescenziale si presenta generalmente con perdita del tono muscolare del viso (facies cataplettica). Si tratta di un segno evidente di narcolessia ad un occhio esperto, ma difficilmente riconoscibile per il medico di base, ad esempio.
Anche per la sonnolenza diurna, è necessaria un’indagine specifica per capire la gravità e l’impatto sulla vita del soggetto. Sempre nei bambini poi è piuttosto problematico identificare le allucinazioni, scambiate per incubi o non raccontate ai genitori dai bambini stessi.
Questi sono solo alcuni dei motivi per i quali, ad esempio l’eccessiva sonnolenza di un adulto è scambiata per disturbo del sonno e in un bambino per svogliatezza o distrazione.
In molti casi poi gli attacchi di cataplessia, sia negli adulti che nei bambini, sono confusi con i sintomi dell’epilessia. O ancora, le allucinazioni si associano a psicosi e ad altre malattie psichiatriche.
Quali sono le conseguenze? In mancanza di una diagnosi il narcolettico non è curato adeguatamente o assume trattamenti farmacologici per patologie che non ha (come l’epilessia o la psicosi). Riconoscere e agire tempestivamente sulla malattia permette, infatti, al soggetto di svolgere una vita normale. In caso contrario, l’impatto sulla vita scolastica, professionale, sociale e perfino personale è rilevante.
Tipi di narcolessia
Esistono due tipi di narcolessia:
- Tipo 1: associata a cataplessia e a bassi livelli o assenza, nel liquido cefalorachidiano, dell’orexina o ipocretina, un neurotrasmettitore necessario per il mantenimento della veglia.
- Tipo 2: i livelli di orexina sono nella norma ed è assente la cataplessia.
Narcolessia: cause e fattori di rischio
Ciò che contraddistingue questa malattia è l’alterazione del ritmo sonno-veglia. La causa non è ancora conosciuta, ma possono entrare in gioco i seguenti fattori.
Fattore neurologico-immunitario
Recenti ricerche hanno evidenziato il ruolo di alcuni neurotrasmettitori. Tra questi c’è l’ipocretina (orexina).
Infatti, nei narcolettici il livello di questo trasmettitore sarebbe piuttosto ridotto all’interno del liquor cefalo-rachidiano, fino alla completa scomparsa nel 90% dei soggetti con cataplessia. Inoltre, è stata evidenziata anche una riduzione dei neuroni ipotalamici che secernono l’ipocretina. La causa di questa riduzione potrebbe essere una reazione autoimmune, ovvero un’alterazione, forse di origine genetica o ambientale, del sistema immunitario.
Fattori ambientali
Fattori ambientali di tipo infettivo sono considerati possibili cause dello sviluppo della malattia. Tra questi:
- Presenza di infezioni delle vie aeree.
- Influenza da virus H1N1 (influenza suina).
- Precedenti infezioni da streptococco pyogenes.
Quindi, l’ipotesi attuale suggerisce che un evento infettivo possa attivare il sistema immunitario che attaccherebbe i neuroni ipotalamici che producono l’orexina/ipocretina. Infatti, da quel che affermano i ricercatori, la narcolessia può essere causata dalla scomparsa di questi neuroni nell’ipotalamo.
È quindi un aspetto importante ai fini della diagnosi, poiché l’orexina/ipocretina è misurabile direttamente nel liquor cefalorachidiano.
Pertanto il deficit liquorale di orexina/ipocretina resta il marcatore biologico della narcolessia.
Fattore genetico
Per quanto riguarda l’ipotesi genetica, l’1% dei casi di narcolessia presenta familiarità. Il rischio di narcolessia fra i familiari di primo grado è del 1-2%, quindi 30-40 volte più alto della popolazione generale. Ciò vuol dire che anche i fattori genetici potrebbero giocare un ruolo rilevante.
Narcolessia: cure e trattamenti
Purtroppo al momento non esistono cure per la narcolessia. Tuttavia, un trattamento continuo e regolare consente al soggetto di condurre una vita quasi normale. La terapia include un’adeguata igiene del sonno (con la pianificazione di pisolini diurni) e l’uso di farmaci.
Trattamento farmacologico
L’eccessiva sonnolenza diurna può essere trattata con farmaci come il modafinil (o a volte armodafinil, destroanfetamina o metilfenidato).
Invece, per la cataplessia sono indicati farmaci triciclici come la clomipramina. Si tratta di farmaci per lo più con azione stimolante, pertanto è necessario assumerli sotto controllo medico. Infatti, possono causare:
- Agitazione.
- Ipertensione.
- Battito cardiaco accelerato (tachicardia).
- Disturbi dell’umore.
Un altro farmaco utile per il trattamento di narcolessia e cataplessia è il sodio oxibato. Assunto prima di addormentarsi e durante la notte, solitamente riduce i sintomi.
Trattamento comportamentale e alimentazione
Avere piena consapevolezza della malattia, conoscendone bene le caratteristiche, è il primo passo per convivere quotidianamente con essa.
La strategia più efficace è costituita da sonni brevi. Devono durare da pochi minuti a un’ora e consentono di restare svegli per alcune ore. Il numero varia da 6-7 al giorno, secondo la durata e la possibilità di dormire. È importante essere regolari negli orari di addormentamento e di risveglio. Tuttavia a scuola, nei luoghi pubblici o al lavoro non è sempre facile adottare questa strategia.
Negli adulti si può assumere caffeina come stimolante. L’effetto si nota con circa 3-4 caffè al giorno (pari a 400-600mg di caffeina), circa 15-30 minuti dopo l’assunzione, e dura poche ore.
Lo zucchero e, in generale, i cibi ricchi di carboidrati, tendono ad aumentare la sonnolenza diurna.
Alcuni studi, infatti, hanno evidenziato che diete povere di carboidrati nei narcolettici adulti migliorano la sonnolenza diurna. Ovviamente sono banditi gli alcolici e le diete con cibi grassi.
Non c’è, invece, evidenza che nei bambini l’introduzione o la sottrazione di alcuni elementi nutritivi nella dieta abbiano gli stessi effetti. Potrebbero piuttosto avere effetti negativi sulla crescita.
Diagnosi di narcolessia
La diagnosi si basa principalmente su criteri clinici e strumentali. Se gli episodi di sonnolenza diurna sono associati alla debolezza muscolare è lecito sospettare la narcolessia. Anche perché i sintomi possono essere causati da altre patologie.
Ad esempio, la paralisi del sonno e le allucinazioni si possono manifestare occasionalmente nei soggetti sani, in chi è stato privato del sonno o in chi soffre di apnea notturna o di depressione. Per una diagnosi di narcolessia, è quindi necessario effettuare test specifici in un centro del sonno.
Riconoscere i sintomi
Attraverso la Epworth Scale si può inizialmente verificare quanto è marcata la sonnolenza diurna e, quindi, sulla base dei risultati, decidere se eseguire ulteriori indagini.
Per una diagnosi di narcolessia è necessario che l’eccessiva sonnolenza diurna persista da almeno 3 mesi, associata eventualmente a cataplessia.
Uno dei test principali per il corretto inquadramento diagnostico è il Multiple Sleep Latency Test (MSLT). Si tratta della misurazione della tendenza fisiologica ad addormentarsi durante il giorno. Serve a quantificare la sonnolenza (in termini di attitudine al sonno) e a definire il processo dell’addormentamento. Tramite questo test si misura la velocità con la quale il soggetto si addormenta in episodi sequenziali durante il giorno.
Esami del sonno
Le indagini diagnostiche si effettuano mediante esami strumentali come la polisonnografia, eseguita di notte e il test delle latenze multiple del sonno ((Multiple Sleep Latency Test – MSLT), eseguito il giorno successivo.
Polisonnografia
Si esegue in un laboratorio o in altra struttura dotata di un letto e la strumentazione per il monitoraggio. Si applicano sul cuoio capelluto e sul viso degli elettrodi per registrare l’attività elettrica del cervello (elettroencefalogramma, o EEG) e i movimenti degli occhi. Le registrazioni forniscono al medico informazioni utili sulle fasi del sonno. Gli elettrodi sono posizionati anche in altre zone del corpo per registrare il battito cardiaco, l’attività muscolare e la respirazione.
Poi, si attacca una clip indolore a un dito o a un orecchio per registrare i livelli di ossigeno nel sangue.
Questo esame può rilevare:
- Disturbi della respirazione.
- Disturbi convulsivi.
- Narcolessia.
- Disturbo del movimento periodico degli arti.
- Tutti i movimenti e comportamenti insoliti durante il sonno (parasonnie).
Quindi, permette una valutazione sia quantitativa che qualitativa del livello di sonnolenza del soggetto.
Test delle latenze multiple del sonno
Serve a distinguere la stanchezza fisica dalla sonnolenza diurna eccessiva per verificare la presenza di narcolessia. Consiste in 5 registrazioni tramite elettroencefalogramma (EEG) di 20 minuti, quando il soggetto dorme, effettuate a 2 ore di distanza l’una dall’altra.
Consente la valutazione della latenza media del sonno in condizioni di veglia a riposo. Serve anche per determinare la presenza del sonno REM. Durante l’esame, le persone affette da narcolessia, in genere, si addormentano rapidamente e hanno due fasi REM.
Criteri diagnostici
La presenza di cataplessia e di eccessiva sonnolenza diurna, associata a un’alterazione del MSLT, consentono una diagnosi precisa.
Inoltre, c’è il dosaggio dell’orexina, un esame molto importante ai fini diagnostici.
Il DSM-V ha definito i seguenti criteri per la diagnosi:
- Sonnolenza diurna.
- Cataplessia.
- Deficit liquorale di ipocretina (orexina).
- Latenza ≤15 minuti del sonno REM alla polisonnografia notturna.
- Latenza media del sonno ≤8 minuti al MSLT con ≥2 periodi di REM come inizio del sonno.
Diagnosi differenziale
La narcolessia (o le condizioni clinicamente simili) può essere osservata anche nelle patologie neurologiche (traumi cranici, encefaliti, tumori, ecc.) o nei disturbi genetici rari (malattia di Niemann-Pick tipo C, sindrome di Prader-Willy, ecc.).
Anche la sindrome di Kleine-Levin, una malattia molto rara negli adolescenti, somiglia alla narcolessia. Tale sindrome provoca ipersonnia episodica e iperfagia. L’eziologia non è chiara ma può essere causata da una risposta autoimmune scatenata da un’infezione.
Ritardo nella diagnosi
Possono trascorrere molti anni prima che la narcolessia sia correttamente diagnosticata. Anche per gli specialisti non è semplice riconoscerla. Mediamente si arriva a una diagnosi dopo sette anni dall’insorgenza dei primi sintomi.
Infatti, questa patologia è spesso confusa con altre malattie come:
- Epilessia.
- Depressione.
- Sindrome da affaticamento cronico.
- Schizofrenia.
- Sindrome delle apnee ostruttive del sonno.
Il rischio è più alto quando si tratta di bambini. In questi casi, sia la cataplessia che l’eccessiva sonnolenza diurna possono essere erroneamente confusi con disturbi muscolari (tipo miopatie o miastenia) o disturbi neuropsichiatrici (disturbo da inattenzione ed iperattività – ADHD).
Le conseguenze di un ritardo diagnostico investono la vita scolastica, lavorativa e familiare del soggetto con un impatto rilevante.
Comorbidità
Nei soggetti narcolettici spesso si associano in comorbidità patologie di tipo:
- Endocrino-metaboliche (in età adulta obesità e alterazione livello glicemico e lipidico; in età infantile obesità e alterazione dello sviluppo puberale e pubertà precoce).
- Cardiovascolari (alterazione della pressione arteriosa).
- Psicologico/psichiatriche (disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, disturbi del comportamento alimentare, disturbi dell’ideazione).
Prognosi della narcolessia
La narcolessia non è una malattia mortale, quindi non ha una prognosi infausta e l’aspettativa di vita è la stessa dei soggetti sani, ma sicuramente ha un forte impatto sulla qualità della vita a tutti i livelli. Oltre all’imbarazzo e al disagio provocato dai sintomi.
Vivere con la malattia
Affrontare la vita e la società con la narcolessia, una malattia invalidante nonostante non presenti segni visibili, non è semplice. È una patologia rara e poco conosciuta, quindi il narcolettico può essere facilmente scambiato per una persona pigra o che voglia sottrarsi alle sue responsabilità. O perfino drogato o alcolista.
Invece, la narcolessia è una malattia cronica che compromette pesantemente la qualità della vita, come il Parkinson o la sclerosi multipla o altre malattie neurologiche.
Infatti, le difficoltà si riscontrano non solo a scuola o al lavoro, ma anche in famiglia e nei rapporti sociali e interpersonali.
In particolare rende difficile:
- Concentrarsi a scuola e raggiungere gli obiettivi prefissati.
- Trovare un lavoro adeguato, con ridotta possibilità di fare carriera.
- Mantenere i ritmi lavorativi. Secondo le statistiche, dal 36% al 52% dei narcolettici, ha lasciato o ha perso il lavoro a causa della malattia; i narcolettici disoccupati sono circa il 59%.
Non sono da sottovalutare anche difficoltà coniugali (e il rischio di separazione) e complicazioni nella gestione del tempo libero (viaggi, sport, cinema, teatro, ecc.).
Narcolessia e patente
Gli attacchi improvvisi di sonno comportano un alto rischio di incidenti domestici, sul lavoro o alla guida. Ma, in base alla manifestazione dei sintomi, alcuni soggetti possono guidare.
Generalmente un narcolettico con diagnosi accertata e sotto terapia può ottenere la patente.
Tuttavia occorre il parere di una commissione medica che vaglierà con attenzione la documentazione fornita dal neurologo di riferimento. La commissione valuterà caso per caso l’idoneità alla guida. Difficilmente però un narcolettico potrà conseguire patenti superiori alla B.
Narcolessia: 10 consigli
- Meglio non contrastare il sonno, è parte integrante della propria vita. Va conosciuto e accettato per gestirlo al meglio.
- Non chiudersi in se stessi. Conoscendo la malattia è possibile gestirla e avere una vita normale senza rinunciare agli amici, allo sport o al lavoro.
- Evitare l’iperprotezione dei familiari che possono ledere l’autonomia.
- Mantenere il controllo e non esitare a chiedere supporto in caso di necessità.
- Attenzione agli incidenti: i sintomi della narcolessia possono provocare incidenti che coinvolgono altre persone. Meglio non superare il limite delle proprie possibilità, essere responsabili e seguire le indicazioni mediche.
- La narcolessia può colpire chiunque, a prescindere da etnia, sesso o classe sociale. Quindi perché sentirsi diversi?
- Diffondere la conoscenza della malattia, parlare della narcolessia e dei suoi sintomi.
- Aiutare gli altri narcolettici ad avere una diagnosi nel più breve tempo possibile.
- Avere cura di sé. Seguire le indicazioni mediche e le terapie, una dieta sana e fare sport. Cercare anche di programmare i sonnellini sempre alla stessa ora (per esempio dopo pranzo). Accettare la malattia è il primo passo per affrontarla.
- Partecipare a gruppi di supporto e alle attività delle associazioni impegnate nella ricerca.
Epidemiologia
La prevalenza è di 0,2 – 2 casi ogni 1.000 abitanti. Solamente il 10-15% dei soggetti narcolettici presenta un quadro sintomatologico completo. L’eccessiva sonnolenza diurna è il primo campanello d’allarme. È generalmente una patologia sotto-diagnosticata in tutto il mondo.
in Italia si stima che i pazienti narcolettici siano circa 6.000, ma quelli con diagnosi certa sono solo 2.000.
Il ritardo o l’errore nella diagnosi non consente di valutare la frequenza reale della narcolessia. Secondo i dati disponibili, il numero dei narcolettici oscillerebbe tra 20 e 50 casi ogni 100.000 persone. Tale oscillazione rende difficile definire l’epidemiologia della narcolessia. Applicando questi dati alla popolazione italiana, il numero dei narcolettici potrebbe variare da 12.000 a 30.000.
Con la consulenza del Dott. Carlo Di Bonaventura, neurologo, dirigente medico di I livello c/o Clinica Neurologica, Policlinico Umberto I, Dipartimento di Neuroscienze Umane, Sapienza Università di Roma.
Si ringrazia il Prof. Alfredo Berardelli per la gentile concessione del materiale bibliografico: La Neurologia della Sapienza, edizione 2019, Esculapio Editore.
Link esterni