Sommario
L’iperfagia è un comportamento alimentare disfunzionale caratterizzato da un aumento “anormale” del senso di fame e della quantità di cibo ingerita. La fame iperfagica non viene soddisfatta dal mangiare e a lungo andare può determinare un aumento di peso, portando anche a obesità.
L’iperfagia non si configura come una patologia a sé stante quanto piuttosto come il segnale della presenza di altre condizioni mediche o psicologiche. Essa rappresenta il sintomo più comune di diabete ma è anche associata alla presenza di ipotiroidismo, sindrome premestruale, bulimia nervosa, demenza frontotemporale, depressione atipica e altre.
Risulta essere un comportamento altamente disfunzionale. Per questo motivo è di fondamentale importanza non sottovalutare la sua presenza perché potrebbe andare a inficiare non solo lo sviluppo del bambino ma anche la salute psico-fisica dell’adulto.
Che cos’è l’iperfagia?
L’iperfagia o polifagia è caratterizzata dalla presenza di una eccessiva e persistente fame che non viene mai soddisfatta. Essa non è un disordine o una patologia a sé stante ma un sintomo di altre condizioni.
E’ un comportamento alimentare disfunzionale caratterizzato da una sensazione persistente e forte di fame associata a un aumento eccessivo ed estremo dell’ingestione di cibo. Questa fame “anormale” non viene mai placata nonostante l’ingestione di cibo e non è condizionata dalla qualità o dalle caratteristiche del cibo.
I termini iperfagia e polifagia derivano dal greco “-fagia” che significa mangiare e dai prefissi “iper” e “poli-” che significano rispettivamente “oltre” e “molto”.
La causa di questo comportamento è da ricercarsi in diversi fattori biologici e psicologici che sono caratterizzati da un’alterazione della regolazione del rapporto fame-sazietà.
Alcune situazioni specifiche come il digiuno, l’esercizio fisico o l’ipoglicemia possono portare a un incremento del senso di fame che tuttavia si placa con l’ingestione del cibo stesso.
Nell’iperfagia, invece, l’ingestione del cibo non fa sparire il senso di fame che persiste nonostante l’ingestione di grandi quantità di cibo. Il trattamento non può essere determinato a priori ma si sviluppa e viene specificato in funzione della causa scatenante.
L’iperfagia, ad oggi, non rappresenta di per sé un un disturbo del comportamento alimentare (DCA) sebbene sia strettamente legata a questi.
Polifagia: tipologie
Overeating
L’iperfagia compulsiva è un tipo di iperfagia in cui il desiderio di ingerire cibo e il senso di fame è continuo e compulsivo. La compulsione è un comportamento ripetitivo che si sente di dover agire indipendentemente dalle conseguenze.
Questa condizione, anche nota come compulsive overeating, è caratterizzata dall’ingestione di grandi quantità di cibo a seguito di eventi specifici stressanti. Il mangiare diventa una compulsione, un rimedio, un comportamento obbligatorio che l’individuo deve mettere in atto per fronteggiare un problema.
La compulsione nell’ingerire cibo fa seguito, generalmente, ad un’ossessione e ha lo scopo di ridurre l’ansia, i pensieri negativi o il disagio psicologico che si sta vivendo. I pensieri o le idee ossessive possono riguardare sia la bassa autostima, sia pensieri relativi al proprio status, alla propria forma fisica, ecc.
Ogni qualvolta si presenta un problema, un’idea o un’immagine spiacevole si ricorre al cibo per allontanarla, si alleviano così il dolore o le emozioni negative connesse a quel problema.
Una volta appresa e creata l’associazione stimolo stressante-cibo alleviante, questa viene innescata anche in assenza dello stimolo stressante, al solo scopo di produrre un sollievo-appagamento.
Iperfagia edonica
L’iperfagia edonica è la tendenza a ingerire cibo per il solo piacere di farlo senza che vi sia un bisogno da soddisfare (fame). Un esempio di iperfagia edonica (o iperfagia non-omeostatica) è rappresentato dall’ingestione delle patatine fritte.
L’idea di base è che l’ingestione di particolari alimenti come le patatine fritte attivi circuiti cerebrali coinvolti nei sistemi del piacere e della ricompensa.
Per esempio, uno studio tedesco ha dimostrato come i circuiti cerebrali coinvolti nei processi di ricompensa e piacere siano maggiormente attivi in topi che seguono una dieta esclusiva di patatine fritte rispetto a quelli che seguono altre tipologie di diete.
Questo suggerisce che l’iperfagia edonica inneschi un circolo vizioso che attiva i centri del piacere e spinge l’individuo alla ricerca di altro piacere aumentando il comportamento iperfagico.
È simile al fenomeno che almeno una volta nella vita tutti abbiamo vissuto quando abbiamo detto “una tira l’altra” facendo riferimento a patatine fritte, pop-corn, cioccolatini o altri alimenti specifici.
Sintomi dell’iperfagia
L’iperfagia è il sintomo principale di altre condizioni mediche e psicologiche. I sintomi sono molteplici e variano in base alla causa scatenante l’iperfagia stessa.
Non essendo un disturbo a sé stante non esistono criteri diagnostici utili per la sua diagnosi. Sicuramente però possono essere individuate alcune caratteristiche di base che ci aiutano a capire se siamo in presenza di un comportamento iperfagico o meno.
L’iperfagia, la maggior parte delle volte, si manifesta con grandi abbuffate o comunque con l’ingestione di grandi quantitativi di cibo a qualunque ora del giorno.
Altre volte, invece, si può manifestare con l’ingestione di modiche quantità di cibo in maniera continuativa durante il giorno (spuntini continui). Questo comportamento è associato a un grande ed esagerato senso di fame che sembra quasi non svanire mai.
A seguito di questo comportamento, spesso si verifica un aumento di peso fino ad arrivare all’obesità.
Sintomi
L’iperfagia è caratterizzata da:
- Desiderio e bisogno irrefrenabile di mangiare.
- Ingestione di una spropositata quantità di cibo senza che l’organismo lo richieda (grandi quantità durante i pasti o modiche quantità in maniera continuativa durante la giornata).
- La masticazione è minima o assente del tutto e la velocità di ingestione è elevata.
- Non vi sono preferenze di cibo, si varia dal dolce al salato, dalla pietanza calda a quella fredda, dalla bevanda al cibo solido.
- Mancanza di controllo del comportamento alimentare.
- Senso di fame insoddisfatto nonostante l’ingestione di cibo.
- Aumento di peso.
- Sete eccessiva e aumento della diuresi.
- Fatica e spossatezza.
- Problemi digestivi, nausea e bruciore di stomaco.
- Sentimenti di insoddisfazione personale.
- Alle volte senso di vergogna per l’incapacità di controllarsi.
- Alle volte è presente un’ossessione verso il cibo.
- Raramente sono associate condotte compensatorie (soprattutto nei DCA).
Iperfagia: quali sono le cause?
In linea generale, il comportamento iperfagico è sempre scatenato da fattori bio-fisiologici o psicologici. Nel primo caso, l’iperfagia è prodotta da un’alterazione dei meccanismi di regolazione del rapporto fame-sazietà a causa di alterazioni ormonali, condizioni mediche, lesioni cerebrali o altro.
Esempi di questa tipologia di fattori sono i comportamenti iperfagici derivanti da patologie come il diabete, l’ipotiroidismo o lesioni dell’ipotalamo.
Nel caso dei fattori psicologici, l’iperfagia viene agita come compensazione di bisogni psicologici irrisolti. Come nel caso dei DCA o nella depressione atipica, il comportamento iperfagico è messo in atto come “soluzione” per allontanare i sentimenti e le sensazioni negative che si provano.
A lungo andare questa iperfagia “psicologica” potrebbe generare un’alterazione dei meccanismi di regolazione del rapporto fame-sazietà e dei sistemi di ricompensa.
Iperfagia nel corso della vita
Nel periodo evolutivo e di sviluppo del bambino non è difficile che si verifichino episodi di iperfagia come anche periodi di rifiuto totale del cibo. Questi periodi sono generalmente transitori e legati a specifici momenti di marcati stress e ansia.
Durante tutto il corso dello sviluppo e dell’invecchiamento il rapporto con il cibo è in contino mutamento. Come nello sviluppo, anche nell’invecchiamento fisiologico e/o patologico, frequenti sono i disturbi del comportamento alimentare che spaziano dall’anoressia all’iperfagia. In caso di demenza fronto-temporale, l’iperfagia, specialmente nei confronti di alimenti dolci e alcolici, è frequente.
A questo si aggiunge il fatto che con l’invecchiamento la solitudine (percepita e reale) aumenta come anche i problemi di masticazione e digestione e la svogliatezza nel preparare un pasto o nel fare la spesa.
Questo si traduce in una scelta selettiva del cibo da ingerire e nell’eccedere con l’ingestione di alcuni cibi rispetto ad altri anche in assenza di fame fisica, quando ci si annoia.
Sia nell’anziano che nel bambino e nell’adulto le situazioni stressanti o di noia possono innescare una fame nervosa in cui il cibo diventa il mezzo di conforto in cui ci si rifugia per allontanare le emozioni negative che non si vogliono affrontare.
Se questa condizione dovesse protrarsi nel tempo, potrebbe causare un disagio psico-fisico all’individuo e sfociare nell’obesità o in un disturbo del comportamento alimentare o in altre condizioni mediche. In questo caso è di fondamentale importanza rivolgersi a un medico o a un professionista della salute in grado di aiutarci.
Iperfagia e depressione
L’iperfagia rappresenta un campanello d’allarme. L’aumento dell’appetito, infatti, è uno dei sintomi di molte patologie organiche e psicologiche come l’ipotiroidismo, il diabete, un DCA o la depressione.
Quest’ultima è un disturbo psicopatologico strettamente legato a un’alterazione dell’appetito. La depressione, infatti, rappresenta uno dei maggiori rischi per l’insorgenza dell’obesità a seguito di iperfagia.
Questo rischio varia in funzione della tipologia di depressione ed è molto elevato in presenza di un disturbo depressivo maggiore atipico. In questa tipologia, infatti, oltre a un’elevata reattività dell’umore è presente iperfagia (aumento dell’appetito) associata a una ipersonnia (aumento del sonno). La conseguenza è un aumento di peso e l’insorgenza dell’obesità.
Le variazioni dell’umore tipiche della depressione sono strettamente legate al senso dell’appetito e possono variare da persona a persona. A seguito dell’insorgenza del disturbo depressivo non deve sorprendere che mentre in alcune persone si verifica una riduzione dell’appetito, in altre aumenta, determinando un aumento di peso.
Sia che si perda peso sia che lo si prenda, il motivo sottostante l’alterazione del comportamento alimentare sta nella presenza di bisogni insoddisfatti o nella necessità di allontanare emozioni negative e spiacevoli ricercando sollievo nel cibo.
Dopamina
Può essere causata dall’alterazione dei sistemi cerebrali coinvolti nella gratificazione e nel piacere. È vero che dal punto di vista biologico e neurochimico l’assunzione di cibo è associata alla produzione di dopamina, il neurotrasmettitore del piacere.
Mangiare produce dopamina, piacere, e ci spinge a ricercare altro piacere quindi a mangiare ancora. È anche vero, però, che tutti noi, nella maggior parte dei casi, siamo in grado di smettere di mangiare quando ci sentiamo sazi o iniziare a mangiare solo quando abbiamo fame.
Questo perché esistono dei meccanismi di regolazione e di controllo che ci aiutano a gestire l’appetito e l’ingestione di cibo. Alcune condizioni come stress, DCA e alterazioni dell’umore possono, però, andare a modificare questi equilibri sia dal punto di vista biologico che psicologico.
La fame iperfagica (se non legata a una patologia organica come il diabete), infatti, non è una fame fisica ma piuttosto una fame emotiva, psicologica.
Questa spinge a mangiare in maniera insensata anche quando si è pieni. Basti pensare a quando siamo tristi e troviamo consolazione in una coppa di gelato o in qualche birra.
Se mangiamo quando siamo tristi, disattiviamo per qualche istante i sentimenti negativi che stiamo provando e li sostituiamo con sentimenti ed emozioni positive: il piacere.
Tuttavia, se è vero che mangiando allontaniamo le emozioni spiacevoli, è anche vero che questa è una soluzione temporanea che ci porterà a ricorrere al cibo quando le emozioni torneranno.
Lesioni cerebrali
L’ipotalamo è una struttura cerebrale sottocorticale coinvolta, tra le altre cose, nel controllo del comportamento alimentare. L’ipotalamo agisce sul controllo del rapporto fame-sazietà in diversi modi e con diversi meccanismi.
Alcune regioni dell’ipotalamo rispondono al digiuno e alla restrizione calorica (quando siamo a dieta ad esempio) stimolando l’assunzione di cibo.
Altre popolazioni di neuroni, invece, hanno un effetto contrario, inibiscono l’assunzione di cibo. In base alla localizzazione della lesione ipotalamica si possono verificare due condizioni: la mancanza totale di fame e la fame estrema.
Altre manifestazioni delle lesioni ipotalamiche, oltre all’iperfagia, includono obesità, anoressia, disturbi del sonno e disturbi psicologici che contribuiscono a loro volta, come in un circuito chiuso, alla manifestazione dell’iperfagia stessa.
Tiroidismo
Il tiroidismo è una condizione medica in cui la tiroide presenta funzionalità alterata.
La tiroide è una ghiandola del nostro corpo responsabile della produzione di diversi ormoni coinvolti in diverse funzioni. Tra queste troviamo anche il metabolismo e il meccanismo di controllo della sazietà.
Un malfunzionamento della tiroide può provocare un aumento o una diminuzione della fame.
Sindrome premestruale (SPM)
Le variazioni ormonali, soprattutto del progesterone, che avvengono nelle diverse fasi del ciclo mestruale, possono contribuire alla manifestazione della “fame nervosa” tipica della fase premestruale.
Non di rado, nella sindrome premestruale si verificano abbassamenti dei livelli di serotonina, l’ormone del buonumore, responsabile del “cattivo umore” tipico di questa fase.
Alla diminuzione della produzione della serotonina contribuisce anche l’aumento del metabolismo del magnesio e del gruppo delle vitamine B, elementi importanti per la sintesi di questo ormone.
La diminuzione dei livelli di serotonina, l’aumento del metabolismo basale e carenze di alcuni componenti nutritivi contribuiscono, come le variazioni ormonali, all’aumento del senso di fame.
Come conseguenza, durante la SPM c’è il bisogno di ricercare alimenti, come i carboidrati e il cioccolato, in grado di favorire la produzione di serotonina.
Diabete e ipoglicemia
Nel diabete la capacità di trasformare gli zuccheri ingeriti in energia da utilizzare per le funzioni vitali è compromessa. Non riuscendo a ricavare energia il corpo reagisce inviando al cervello segnali specifici.
Questi segnali che servono a indicare la necessità di energia vengono tradotti in una richiesta continua di cibo e in un aumento del senso di fame.
Anche l’ipoglicemia, una carenza di zuccheri nel sangue, può rappresentare una causa scatenante dell’iperfagia. L’ipoglicemia, in condizioni non patologiche, può essere determinata dal digiuno e dal mangiare in maniera errata privilegiando alimenti ricchi di grassi e zuccheri semplici.
Insonnia e stress
Studi recenti dimostrano come l’insonnia sia associata a uno sbilanciamento della concentrazione e produzione di due ormoni: leptina e grelina.
La leptina è un ormone secreto dalle cellule adipose e serve a regolare il senso di sazietà. Essa invia segnali al cervello segnalando quando le riserve energetiche assunte con il cibo sono sufficienti e non è più necessario ingerire altro.
La grelina, invece, è un ormone prodotto principalmente dallo stomaco e ha lo scopo di regolare il senso di fame stimolando l’appetito. Questi due ormoni lavorano in sinergia.
Quando si dorme poco e male il loro rapporto è alterato comportando una diminuzione della leptina e un aumento della grelina. La conseguenza di questo squilibrio è l’aumento della fame durante la giornata.
L’esposizione a periodi prolungati di stress può provocare un’alterazione del funzionamento della struttura ipotalamo-ipofisi-surrene. Questa struttura del nostro organismo è coinvolta nella risposta fisiologica allo stress e nella regolazione del comportamento alimentare.
A questo si aggiunge il fatto che quando si è stressati, non solo si mangia tanto perché si ha fame ma si mangia anche male.
Iperfagia: fattori di rischio
- Prediabete e diabete.
- Disturbi metabolici.
- Sindrome premestruale.
- Disfunzioni ormonali.
- Alcune sindromi genetiche.
- Lesioni cerebrali.
- Gravidanza.
- Obesità e familiarità con obesità.
- Dieta squilibrata.
- Sedentarietà.
- Disturbo del comportamento alimentare.
- Familiarità con DCA.
- Insonnia.
- Disturbi dell’umore (come depressione atipica).
- Ansia e stress.
- Bassa autostima e bassa autoefficacia.
- Difficoltà relazionali.
- Fobie sociali.
- Assunzione di farmaci.
- Sospensione del fumo.
- Uso di cannabis, alcol o droghe.
Iperfagia: cura e trattamenti
La terapia varia in funzione della causa scatenante il comportamento iperfagico.
È sicuramente un comportamento che richiede l’intervento di professionisti della salute in grado di fornirti una diagnosi e un valido percorso terapeutico. La terapia si concentrerà sul trattamento della sua causa scatenante. Il trattamento potrà essere farmacologico, psicoterapico, alimentare, ormonale o integrato.
Quando l’iperfagia è causata da patologie come il diabete o l’ipotiroidismo, il trattamento privilegiato sarà quello farmacologico e alimentare. Per altre condizioni quali bulimia nervosa, stress, sindrome da alimentazione notturna, si ricorrerà a un trattamento farmacologico (se necessario), alimentare e psicoterapeutico.
In linea generale, condurre uno stile di vita sano e preferire una dieta sana e bilanciata come quella di Melarossa, è molto importante perché risulta un’utile strategia per il controllo della fame ma anche per la gestione della condizione scatenante l’iperfagia stessa.
Il consiglio è di rivolgersi a un medico se questo comportamento dovesse persistere, protrarsi nel tempo e aggravarsi. Se l’iperfagia determina un aumento di peso considerevole e va a incidere sul proprio stato di salute psico-fisica, è importantissimo intervenire adeguatamente e prontamente con un piano terapeutico mirato specifico per il paziente e per la patologia o condizione scatenante l’iperfagia.
Terapia cognitivo comportamentale
La psicoterapia cognitivo comportamentale è il percorso che meglio si adatta a questo tipo di problematica soprattutto se derivante da un DCA. La terapia si fonda sulla relazione paziente-terapeuta sulla base della quale è possibile stabilire un piano d’azione considerando sempre il ruolo attivo che DEVE avere il paziente in questo processo.
L’intervento cognitivo-comportamentale ha l’obiettivo di migliorare la consapevolezza del proprio comportamento, alimentare e non.
La mancanza di fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità e il senso di vergogna che si manifestano a seguito delle abbuffate rappresentano due altri punti su cui questo tipo di terapia potrà intervenire. Il paziente migliorerà le sue capacità di interagire con gli altri ritrovando fiducia in sé stesso.
La terapia aiuterà a riconoscere e a distinguere le emozioni che si sperimentano e a gestire le sensazioni che si presentano, soprattutto quelle negative. Attraverso l’insegnamento di tecniche specifiche, la terapia cognitivo-comportamentale permetterà di affrontare l’ansia, e lo stress associati all’iperfagia.
Possibili complicazioni
L’iperfagia, generalmente, è successiva (sintomo) ad una condizione medica o psicologica. Tuttavia, la sua presenza innesca un circolo vizioso che aggrava o favorisce l’instaurazione della patologia organica o psicologica di base.
Sebbene rappresenti generalmente un sintomo di altre condizioni, cioè una conseguenza di qualcos’altro, la sua presenza può contribuire all’insorgenza delle stesse patologie di cui è sintomo e non solo.
Come in un circolo vizioso l’iperfagia rafforza o facilita l’insorgenza di patologie che a loro volta determinano la persistenza dell’iperfagia stessa.
Conseguenze a breve termine dell’iperfagia
L’iperfagia ha ricadute molto importanti per l’individuo sia sul piano fisico che su quello psicologico sia a breve termine che a lungo termine.
Conseguenze a breve termine:
- Nausea.
- Vomito.
- Difficoltà respiratorie.
- Pancia gonfia.
- Difficoltà nella digestione.
- Mal di stomaco.
- Reflusso.
- Aumento delle dimensioni dello stomaco per accogliere il cibo con conseguente aumento della pressione sugli altri organi.
- Letargia.
- Brividi di freddo, sudore e anche vertigini.
Conclusioni
Sebbene l’iperfagia venga spesso accomunata al binge eating disorder e alla bulimia, essa non deve essere confusa con questi.
L’iperfagia generalmente è un segnale d’allarme per la presenza di uno di questi disturbi anche se non necessariamente e non esclusivamente.
L’iperfagia è una condizione che può influenzare significativamente la qualità della vita e la salute generale. Comprendere le cause sottostanti e adottare strategie mirate può essere il primo passo verso il controllo e il miglioramento della gestione dell’iperfagia.
Affrontare il problema è fondamentale e richiede un approccio olistico che coinvolga aspetti fisiologici, psicologici e comportamentali.
Fonti
- Shell, A. L. (2019). Depressive Symptoms and Eating Behaviors: Do Atypical Symptoms Drive Associations with Food Attentional Bias, Emotional Eating, and External Eating? (Doctoral dissertation).
- Berthoud, H. R., Lenard, N. R., & Shin, A. C. (2011). Food reward, hyperphagia, and obesity. American Journal of Physiology-Regulatory, Integrative and Comparative Physiology, 300(6), R1266-R1277.