Sommario
La coxartrosi è una patologia infiammatoria cronica che coinvolge l’articolazione dell’anca e comporta una progressiva usura della cartilagine articolare. Tra i sintomi ci sono dolore, sensazione di rigidità e difficoltà al movimento.
Nel tempo, infatti, l’anca va incontro a una progressiva usura e degenerazione della sua componente cartilaginea (artrosi). Tra le cause scatenanti ci sono invecchiamento, traumi, fratture e aspetti genetici che possono influire sulla morfologia dell’articolazione e creare un fattore di predisposizione.
Esiste anche, seppur rara, la condizione di coxartrosi idiopatica, senza apparenti cause correlate.
Il danno poi può colpire una sola articolazione o entrambe, in questo caso si parta di coxartrosi bilaterale, in base alle cause che scatenano il processo.
In base alla gravità della sintomatologia, l’artrosi dell’anca viene classificata in tre stadi, dal meno invalidante al più grave in termini di dolore e grado di degenerazione dell’articolazione.
Sulla base di questa classificazione avviene anche la scelta del trattamento. Solitamente si procede con una terapia conservativa, associata a una combinazione di farmaci per il controllo del dolore e della degenerazione cartilaginea. Successivamente si attiva un percorso terapeutico riabilitativo per il rinforzo e mantenimento muscolare.
Invece, nei casi più severi, si può decidere per un intervento chirurgico con una protesi dell’anca.
Cos’è la coxartrosi: anatomia dell’anca e caratteristiche
L’articolazione dell’anca è costituita da due componenti, la testa del femore e l’acetabolo.
Queste due parti ossee formano un particolare tipo di articolazione chiamato enartrosi. E’ costituito da una porzione sferica convessa (la testa del femore) e da una sfera concava che la accoglie (l’acetabolo). Questo serve per garantire l’ampiezza dei movimenti.
La presenza della cartilagine articolare permette lo scivolamento, la protezione e l’assorbimento dei traumi a carico della struttura ossea dell’anca.
Ma nel tempo, questa cartilagine va incontro a un fisiologico invecchiamento. Inoltre, spesso viene sottoposta a microtraumi ripetuti che ne possono accelerare la degenerazione che sta alla base del processo di artrosi.
Inizialmente, ad essere colpita è solo la parte cartilaginea. Ma con il tempo questa degenerazione coinvolge anche le altre strutture vicine coinvolgendo ossa e tessuti molli adiacenti.
Quindi, l’assottigliamento della cartilagine provoca uno sfregamento doloroso tra le parti ossee che a sua volta scatena un processo di rimodellamento osseo e di infiammazione.
Il dolore e la limitazione della mobilità che ne consegue sono il tentativo da parte del corpo di ridurre il progressivo danneggiamento dell’articolazione.
Artrosi primitiva, secondaria e idiopatica
Si parla di artrosi primitiva quando si sviluppa in un soggetto dopo i 50 anni, senza precedenti patologie dell’anca e senza fattori predisponenti apparenti. E’ un fenomeno definito idiopatico (senza specifiche cause scatenanti).
Le cause sono generalmente da ricercare in problemi metabolici o processi infiammatori non completamente noti.
Invece, l’artrosi secondaria può colpire soggetti di tutte le età, generalmente prima della quarta decade. Si possono presentare uno o più fattori predisponenti, come:
- Traumi che hanno danneggiato la cartilagine o l’osso.
- Difetti congeniti.
- Deformità dell’articolazione.
- Patologie reumatiche, ecc.
Spesso, sono soggetti in cui la degenerazione è già iniziata in età giovanile o infantile fino a diventare precocemente sintomatica.
Infine, più raramente si incontrano casi di artrosi idiopatica in quanto la diagnosi precoce rende possibile intercettare delle condizioni che fino a poco tempo prima restavano ignorate o sottostimate.
Scopri il nostro approfondimento sull’artrosi.
Cause della coxartrosi e soggetti a rischio
La coxartrosi nasce da un anomalo sfregamento tra le parti ossee che compongono l’articolazione dell’anca, ovvero la testa del femore e il suo acetabolo.
La cartilagine che si interpone tra queste due strutture ha il compito di ridurre lo sfregamento e assorbire i traumi che l’articolazione può subire.
Ma il fisiologico invecchiamento della cartilagine e il suo danneggiamento dovuto ad attività motoria, traumi e eventuali alterazioni metaboliche o infiammatorie, causano l’assottigliamento di questo strato che quindi risulta meno efficace nel suo ruolo di protezione.
Pertanto, lo spazio articolare tra le due componenti ossee si riduce generando dolore. Provoca anche un “rimodellamento” osseo (cioè un adattamento strutturale dell’osso alle sollecitazioni esterne) attraverso la produzione di osteofiti (escrescenze ossee), speroni ossei, che diminuiscono ulteriormente lo spazio articolare riducendo la possibilità di movimento e aumentando il dolore.
Le condizioni che predispongono a questa malattia sono, come abbiamo visto, l’età avanzata, traumi o fratture, infezioni articolari, patologie congenite dell’anca od osteonecrosi (progressiva morte del tessuto osseo).
Tra le altre cause scatenanti ci sono:
Displasia acetabolare
Quella più diffusa è la displasia acetabolare. E’ una condizione per cui l’acetabolo è poco profondo o ha una specifica conformazione (retroversa).
In questi casi, la superficie di contatto della testa del femore è ridotta. Quindi, aumenta la pressione e di conseguenza il carico sull’articolazione che va incontro a una precoce degenerazione.
La condizione di conflitto femoro-acetabolare è ormai quasi sempre scoperta in età neonatale per cui raramente è diagnosticata in età adulta.
Tuttavia, nei casi non trattati precocemente può provocare delle alterazioni strutturali all’arto interessato. Inoltre, può favorire la lussazione dell’anca e alterazioni posturali che nel tempo possono predisporre alla coxartrosi.
Alterazioni posturali
Le alterazioni posturali possono creare dei carichi non correttamente distribuiti sull’articolazione. E’ il caso, ad esempio, della scoliosi o della dismetria degli arti, in cui l’arto più lungo viene sottoposto a carichi maggiori e tende ad essere colpito più frequentemente da artrosi.
Tutte le alterazioni di tipo metabolico e reumatico sono fattori predisponenti all’insorgenza di questa patologia. Infatti, possono creare delle alterazioni a livello della cartilagine che in questo modo accumula danno e usura.
Alcuni esempi possono essere l’artrite reumatoide, ostreomieliti, diabete, il morbo di Cushing, la malattia di Paget, ecc.
Carico di lavoro sull’anca
Alcuni tipi di sport possono provocare una precoce degenerazione articolare a causa del carico di lavoro sull’articolazione, così come la condizione di sovrappeso e obesità che provocano uno stress delle strutture.
La prevalenza nella popolazione femminile va messa in relazione con la predisposizione all’osteoporosi e alle alterazioni ormonali post menopausa e alla prevalenza di patologie reumatiche.
Sintomi della coxartrosi
La persona affetta da coxartrosi avrà quindi dolore nel camminare, fare le scale e molte altre attività di vita quotidiana. Le attività possono arrivare ad essere del tutto compromesse a causa della patologia causando una perdita di autonomia.
Per questo motivo, una diagnosi precoce è fondamentale per impostare una terapia conservativa.
Il dolore andrà quindi opportunamente valutato per differenziarlo da eventuali patologie muscolari o della colonna.
Quindi, sarà opportuno rivolgersi al proprio medico. Dopo una accurata valutazione, saprà determinare la necessità di esami diagnostici ed eventuali visite specialistiche ortopediche o fisiatriche per arrivare a determinare l’origine del sintomo.
Come riconoscere la patologia
Non deve essere confusa con tutte quelle problematiche della colonna vertebrale che possono dare sintomi simili. Come ad esempio, ernie o protusioni a carico della zona lombare.
Infatti, sono tutte patologie che coinvolgono in particolare il nervo sciatico e femorale e possono dare sintomi dolorosi sovrapponibili per alcuni aspetti alla coxalgia (dolore all’anca).
Inoltre, vanno escluse anche problematiche di tipo muscolare come la sindrome del piriforme o le borsiti del muscolo ileo-psoas che, coinvolgendo l’articolazione stessa, simulano per alcuni versi i sintomi descritti.
Coxartrosi: sintomi iniziali
Negli stadi iniziali il dolore si manifesta solo durante il carico dell’articolazione. Per cui si avverte all’inizio dei movimenti, dopo un periodo di riposo, per esempio al mattino o alzandosi da una sedia, e si trova sollievo con il riposo.
Questo sintomo può esordire in maniera subdola poiché di solito è associato a un uso intenso dell’articolazione. Per questo motivo può essere sottostimato come dolore da affaticamento muscolare. Ma con la progressione della degenerazione articolare, il dolore diventa più costante. E’ spesso presente anche a riposo, e in particolare di notte, a causa del processo infiammatorio associato.
Al dolore si associa anche una sensazione di rigidità dell’articolazione, in particolare la mattina o dopo un periodo di inattività, anche di breve durata.
Mentre la limitazione funzionale, ovvero la riduzione di mobilità, ha un esordio più progressivo e spesso associato a stadi più avanzati di malattia.
Stadi di gravità
L’artrosi all’anca viene divisa in tre stadi, in cui i sintomi progressivamente diventano ingravescenti:
- Primo stadio. Il soggetto manifesta dolori sporadici, localizzati sulla zona dell’articolazione, specie all’inizio del movimento e spesso associati ad attività fisica moderata/intensa. La rigidità è quasi sempre assente così come la difficoltà nei movimenti.
- Secondo stadio. Il dolore diventa più intenso e non è più circoscritto alla zona dell’anca; comincia a riguardare le zone limitrofe e tipicamente coinvolge l’inguine e la zona anteriore della coscia. È associato a movimenti di bassa intensità e talvolta è presente anche a riposo. Per i primi minuti di attività, l’arto risulta rigido e le attività quotidiane, come salire e scendere le scale, vestirsi e lavarsi, possono essere compromesse a causa del dolore.
- Il terzo stadio. I sintomi sono ormai cronici e invalidanti per la persona. La sensazione dolorosa è sempre presente e riguarda la zona dell’anca, spesso anche tumefatta, ma anche quelle limitrofe. Coinvolge quindi inguine, zona glutea e lombare. La rigidità è marcata e i movimenti sono fortemente compromessi, tanto da invalidare le attività quotidiane.
Coxartrosi o artrosi dell’anca: diagnosi ed esami strumentali
Una diagnosi precoce influisce tantissimo sulle possibilità terapeutiche. Quindi, in presenza di dolori sospetti, il consiglio è di rivolgersi al medico per una valutazione clinica e anamnestica. Il medico saprà indirizzare verso eventuali esami strumentali di approfondimento o visite specialistiche.
L’esame obiettivo nel caso di sospetta artrosi di anca servirà per valutare la compromissione dell’articolazione nei movimenti attivi e passivi, la presenza di scrosci o crepitii articolari, il dolore locale e la presenza di tumefazione della zona.
Il medico osserverà anche l’atteggiamento posturale dell’arto interessato che, nel caso di artrosi, si presenta in una condizione di “accorciamento”, con arto addotto e ruotato esternamente, con una difficoltà alla rotazione interna.
Talvolta è presente una zoppia durante la camminata dovuta a una deformità in flessione dell’arto.
L’esame clinico dovrà escludere la presenza di problematiche a carico dell’articolazione del ginocchio o della colonna vertebrale. L’anamnesi, invece, indagando la storia clinica del soggetto, sarà utile per individuare patologie pregresse o predisposizioni genetiche per la patologia di anca.
Per quanto riguarda gli esami diagnostici, quello radiografico spesso è sufficiente per inquadrare lo stato di artrosi dell’articolazione e anche per valutare la presenza di alterazioni strutturali che possono provocare l’insorgenza della patologia, come la displasia, ecc.
Radiografia dell’anca
Con la radiografia, si può valutare l’alterazione del profilo scheletrico, in particolare:
- Diminuzione dello spazio articolare, dovuto alla riduzione della cartilagine.
- Presenza di sclerosi del tessuto osseo. L’aumento di pressione in quella zona provoca una crescita della densità dell’osso, risultando però meno funzionale.
- Formazione di geodi (cavità dovute alla perdita di tessuto osseo) e osteofiti (speroni ossei che aumentano la rigidità e il dolore locale).
Se il quadro radiografico non risulterà sufficiente per una diagnosi, potrebbe essere necessario eseguire altre indagini cliniche, come ad esempio una risonanza magnetica. Questo esame, infatti, può aiutare ad escludere la condizione di necrosi della testa del femore che spesso agli stadi iniziali non è visibile con un radiografia.
Un’ecografia articolare può essere utile quando il sospetto ricade su una patologia dei tessuti molli, come per esempio la borsite trocanterica.
Artroscopia diagnostica
Infine, una metodica mini-invasiva può essere quella dell’artroscopia diagnostica. Questo esame ha lo scopo di valutare l’articolazione dal suo interno, nel caso in cui le informazioni raccolte attraverso le altre indagini non siano esaustive. Questo approccio permette in alcuni casi anche di eseguire dei piccoli interventi.
Tali informazioni, associate alla storia clinica del soggetto, permetteranno una classificazione della degenerazione e la scelta dell’approccio terapeutico più efficace e adeguato.
Normalmente negli stadi iniziali la terapia è conservativa con sedute di fisioterapia, uso di farmaci per il controllo del dolore e terapia infiltrativa per posticipare quanto più possibile la terapia chirurgica.
Quando si intercettano possibili cause di artrosi secondaria, come ad esempio le displasie o le alterazioni posturali secondarie o scoliosi, l’obiettivo primario è quello di ridurre il più possibile il danno articolare per prevenire un danneggiamento più grave o comunque ritardarlo nel tempo.
Coxartrosi: cure, terapie e rimedi
Intercettare una predisposizione alla coxartrosi e gestire le sue conseguenze sulla postura e sullo stress da carico dell’articolazione dell’anca, costituiscono i principali fattori di prevenzione di quadri di artrosi grave e invalidante.
Tuttavia, una volta che il danno cartilagineo è iniziato, tutti gli interventi medici e farmacologici sono solo volti a rallentare la progressione della degenerazione e a migliorare la gestione della sintomatologia in modo che questa impatti il meno possibile sulla qualità della vita.
La scelta dell’approccio terapeutico deve tenere conto dello stadio di artrosi e anche degli obiettivi e delle esigenze della persona che ne soffre.
Fisioterapia
La fisioterapia e la terapia comportamentale sono utili in tutti gli stadi di malattia.
L’obiettivo è allungare le strutture muscolari attraverso lo stretching e rinforzarle, cercando di mantenere o ripristinare la miglior mobilità possibile per quella articolazione.
Inoltre, a seconda dello stadio di gravità potrebbe essere utile eseguire un paio di sedute settimanali, nel caso della forma lieve, fino a sedute quotidiane, nella forma grave e in fase acuta, per poi progressivamente ridurre in base all’evoluzione della sintomatologia.
Stimolazione Elettrica Nervosa Transcutanea (TENS)
Si tratta di una tecnica da associare alla fisioterapia, utile per alleviare il dolore acuto o cronico.
Consiste nell’applicazione sulla cute di lievi impulsi elettrici che, attivando specifiche fibre nervose, riducono la percezione del dolore, così come nel caso dei campi magnetici che applicati nella zona artrosica dovrebbero favorire la riparazione dell’osso e della cartilagine.
Entrambe le metodiche possono essere supportive al resto della terapia, riabilitativa ed eventualmente farmacologica, ma non sostitutive.
Farmaci per curare il dolore da coxartrosi
Per quando riguarda la terapia farmacologica questa si pone come obiettivo principale il controllo del dolore.
Normalmente sono utilizzati farmaci per via orale, come per esempio il paracetamolo, il quale ha meno effetti collaterali sull’apparato gastrico.
Ma possono essere utilizzati anche farmaci appartenenti alla categoria dei FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) con un’azione analgesica e antinfiammatoria.
Nel caso in cui non si riesca a controllare il dolore, potrebbero essere indicati anche farmaci analgesici oppioidi che, tuttavia, costituiscono l’ultima scelta terapeutica.
Negli ultimi anni, la terapia farmacologica ha incluso una categoria di farmaci definiti condroprotettori orali. Sono integratori per la cartilagine che hanno lo scopo di contrastare il danneggiamento articolare, avvalendosi di molecole naturalmente presenti nell’articolazione umana.
Tuttavia, non esistono evidenze scientifiche in merito alla loro efficacia, anche se in alcuni casi hanno dimostrato di ridurre l’infiammazione. Attualmente, quindi, non costituiscono ancora un trattamento di prima scelta e, nel caso, si associano ai farmaci.
La terapia con corticosteroidi ha effetti antinfiammatori e può avvenire sia per via orale che intra articolare, attraverso delle infiltrazioni. Visti gli effetti collaterali della terapia orale, è presa in considerazione solo quando paracetamolo e FANS si dimostrano inefficaci.
L’utilizzo del cortisone per via infiltrativa, invece, si è rivelato molto efficace nella gestione dell’infiammazione articolare. Infatti, riduce e migliora la sintomatologia per un periodo prolungato, anche grazie all’utilizzo di formulazioni a lento rilascio.
Normalmente sono indicate non più di tre infiltrazioni l’anno nella stessa zona del corpo.
Acido ialuronico
Anche l’acido ialuronico viene usato per le infiltrazioni.
Questa sostanza è prodotta fisiologicamente nelle articolazioni. Tuttavia i suoi livelli possono ridursi nel caso di artrosi, per cui viene meno il suo ruolo analgesico, protettivo e di nutrimento dell’articolazione.
Per questo motivo, inserire l’acido ialuronico all’interno dell’articolazione attraverso le infiltrazioni si è dimostrata una pratica utile per ridurre il dolore e migliorare la funzione dell’articolazione stessa.
Infatti, sembrerebbe che l’acido ialuronico ripristini in parte le proprietà dell’articolazione ma è anche utile a stimolare la produzione di acido ialuronico da parte dell’articolazione stessa.
L’utilizzo nell’articolazione dell’anca è ancora dibattuto e sembra avere un’efficacia nel breve periodo ma non avere ripercussioni sulla prognosi nel tempo.
Plasma
Di più recente applicazione è la terapia PRP, Platelet-Rich Plasma o plasma arricchito in piastrine. È un prodotto di derivazione ematica che è allo studio da diversi anni in molti campi della medicina.
Nel caso di artrosi, il suo impiego è giustificato perché le piastrine rilasciano numerose sostanze, tra cui i fattori di crescita, che sono in grado di influire sulla cartilagine e sulle articolazioni, promuovendone anche una rigenerazione che rallenta il danneggiamento.
In questo modo si ottengono degli effetti positivi sulla gestione del dolore e un miglioramento della mobilità articolare, per un tempo che può durare tra i sei e i dodici mesi.
Normalmente il ciclo proposto è di tre infiltrazioni intrarticolari a distanza di 30 giorni.
Cellule staminali
Un’altra frontiera terapeutica è quella delle cellule staminali prelevate dal tessuto adiposo e impiegate per rigenerare la cartilagine all’interno di un’articolazione danneggiata.
Tuttavia, questa metodica non è ancora adeguatamente supportata da studi clinici che ne giustifichino l’utilizzo, ma la sua efficacia è in fase valutativa.
Coxartrosi: intervento chirurgico
Nell’ultimo stadio di artrosi, quando la gestione del dolore non è più possibile e quando il grado di invalidità del soggetto ostacola la sua vita quotidiana, dovrà essere valutata l’opzione chirurgica.
L’intervento consiste nella sostituzione delle parti articolari danneggiate con una protesi.
Si parla di artroprotesi totale convenzionale quando vengono asportati l’acetabolo e la parte articolare del femore (testa e collo) e sostituiti con materiale protesico. I materiali di più recente impiego consentono una durata dell’impianto che va dai 15 ai 18 anni. La maggior parte delle persone viene operata seguendo questa metodica.
Invece, la tecnica dell’artroprotesi di superficie dell’anca è riservata ai casi in cui ci sia una buona qualità dell’osso, quindi in assenza di osteoporosi e deformità ossee.
In questo caso, non viene sacrificata la testa del femore, mentre la cavità acetabolare posizionata è di dimensioni maggiori rispetto a quella della protesi totale, per garantire il movimento. Nel tempo, tuttavia, questo tipo di protesi può essere sostituita da un intervento di artroprotesi totale.
In entrambi i casi, dopo l’intervento ci si dovrà sottoporre a un trattamento riabilitativo. Dopo 3 o 4 giorni si potrà riprendere la deambulazione con le stampelle.
La precoce mobilizzazione assistita è utile a raggiungere il recupero della funzione articolare. E’ importante anche indicare al soggetto le attitudini comportamentali da seguire per prevenire le lussazioni dell’articolazione durante la ripresa delle attività quotidiane.
Attività sportive
Sono consigliati esercizi aerobici quotidiani come la camminata o l’uso della cyclette.
Invece, gli sport in acqua sono indicati nei soggetti che presentano stadi avanzati della malattia e perciò impossibilitati alle attività che sfruttano il peso corporeo.
Prevenzione e convivenza con la coxartrosi
La prevenzione è di fondamentale importanza. Consente di intercettare precocemente tutte quelle condizioni che possono provocare una degenerazione della articolazione e intervenire il prima possibile per ridurre il danno articolare dovuto ad alterazioni morfologiche ereditate.
In presenza di patologie metaboliche, cercare di mantenere un buon compenso ormonale è un fattore che influenza positivamente la progressione dell’artrosi dell’anca.
Invece, per quanto riguarda i fattori ambientali, questi riguardano principalmente il carico a cui è sottoposta l’articolazione. Per cui è importante prevenire eccessivi e usuranti carichi derivanti da attività sportive, sovrappeso o obesità.
Infatti, la riduzione del peso corporeo è in grado non solo di prevenire l’insorgenza ma anche di avere un effetto prognostico positivo nei casi di malattia evidente.
Nei casi di predisposizione nota o di patologia in atto, alcune abitudini di vita quotidiana possono aiutare a prevenire la degenerazione articolare o rallentarla.
Attività motoria
Praticare una attività motoria leggera e piccoli esercizi quotidiani stimola la produzione di liquido sinoviale all’interno dell’articolazione. Quindi fare attività fisica, anche leggera, ha un effetto positivo sulla sensazione di rigidità e sul dolore.
Inoltre, in questo modo si previene la perdita del tono muscolare, che causerebbe un peggioramento della sintomatologia.
Per mantenere una buona mobilità dell’articolazione sono indicate sia la cyclette che la camminata. La cyclette riduce lo stress sull’arto inferiore e può essere indicata anche in stadi di malattia già avanzata.
Durante la camminata può essere utile un sostegno come il bastone che, per essere della misura corretta, deve arrivare all’altezza del gran trocantere, la sporgenza ossea che si percepisce sul fianco subito al di sotto del bacino.
Esiste anche la possibilità di usare un plantare nelle scarpe per alleggerire il carico sull’arto, il cui posizionamento andrà però valutato con un podologo.
Eventualmente una serie di esercizi mirati potrà essere concordata con un fisioterapista che valuterà il programma più indicato per ogni singola situazione.
L’attività fisica, quindi, anche se moderata, è importante per la salute in generale e per prevenire il dolore all’anca.
In particolare, è utile rinforzare i muscoli delle cosce poiché consentono una maggiore stabilità quando si cammina. Anche lo stretching è importante per allungare correttamente questa zona del corpo, anche perché l’anca include due gruppi muscolari principali, il muscolo iliaco e la zona dei glutei.
Eseguire esercizi di stretching e mantenere l’elasticità muscolare è fondamentale per prevenire dolori e infortuni.
Consigli pratici
Per facilitare alcuni aspetti della vita quotidiana ci si può dotare di ausili, per esempio per infilare le calze o le scarpe. Oppure in presenza di dolori all’anca, la posizione consigliata per dormire è quella sul fianco, appoggiandosi su quello opposto a quello dolente. E’ sicuramente utile usare un cuscino interposto tra le ginocchia per ridurre la tensione a livello della muscolatura posteriore del bacino.
Ma si possono anche seguire alcuni semplici consigli che aiutano a ridurre e a prevenire il dolore. Vediamo quali.
Sana alimentazione
Un’alimentazione corretta dal punto di vista nutrizionale è molto importante per la salute delle ossa e delle articolazioni. Consumare cibi ricchi di sali minerali come ferro, fosforo e calcio è certamente utile per le articolazioni.
Anche assumere nella dieta vitamine come la A, C e D ha un effetto benefico, poiché aiutano a sintetizzare il collagene (la principale proteina del tessuto connettivo), fissano il calcio nelle ossa e hanno un’azione antinfiammatoria.
Quindi, tenere sotto controllo il peso per non gravare sulle ossa e sulle articolazioni e seguire una dieta equilibrata sono attività fondamentali per attenuare e prevenire il dolore all’anca.
Integratori
Un integratore a base di magnesio può essere utile poiché è un minerale fondamentale per l’attività muscolare, per favorire le funzioni del sistema nervoso e per migliorare il metabolismo. Quindi sostiene il muscolo e il suo funzionamento.
Ma anche gli integratori vitaminici contenenti solfato di glucosamina sono ottimi alleati per prevenire il dolore all’anca. Si tratta di una sostanza presente nelle cartilagini ed è un precursore dei glicosaminoglicani, il mattone che forma il tessuto cartilagineo. È sempre bene tuttavia sentire il parere del proprio medico, soprattutto se si stanno assumendo farmaci.
Scelta delle scarpe
Il dolore all’anca può essere causato o può determinare una disfunzione degli arti inferiori, soprattutto del piede. Un piede, ad esempio, che cade verso l’interno può causare un malfunzionamento anche dell’articolazione dell’anca. In questo caso è bene evitare scarpe con il tacco alto o che presentano una differenza tra tallone e avampiede troppo elevata. È meglio quindi usare scarpe che possano sostenere il piede.