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Autismo: che cos’è, epidemiologia, storia, cause, diagnosi, falsi miti e trattamenti

autismo: cos'è, sintomi, cause, diagnosi e cure

L’autismo è un disturbo pervasivo del neurosviluppo descritto per la prima volta dallo psichiatra Leo Kanner nel 1943, che lo definì come “innata incapacità a stabilire normali rapporti affettivi”.

I bambini affetti da autismo provano emozioni come tutti, ma le esprimono in maniera anomala, spesso in modo inappropriato e intenso. Infatti, possiedono un mondo emotivo alterato (in cui spesso predominano temi angoscianti). Inoltre, hanno difficoltà a riconoscere le emozioni degli altri e non sviluppano capacità “empatiche”.

L’autismo è incluso nella più ampia categoria dei Disturbi dello Spettro Autistico (DSA), è considerato un disturbo pervasivo poiché coinvolge molteplici aree dello sviluppo: comunicazione, linguaggio, motivazione e interessi.

Il 2 aprile si celebra la giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo (WAAD).

L’autismo si manifesta precocemente, nella prima infanzia, e determina un funzionamento mentale atipico e persistente. Poiché le manifestazioni dell’autismo sono molteplici e variano nel tempo, anche in intensità, si parla di spettro autistico.

Il disturbo autistico è permanente, con fasi di criticità nei passaggi di crescita (età scolare, adolescenza), che a volte si associano a condotte aggressive e auto aggressive, alternate a fasi di ipocinesia (ridotta attività motoria) al limite della catatonia.

Autismo: che cos’è

E’ un disturbo dello sviluppo psichico infantile che può compromettere anche gravemente la capacità di comunicare, di entrare in relazione con gli altri e di adattarsi all’ambiente.

Il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell’American Psychiatric Association) definisce i Disturbi dello Spettro Autistico secondo due principali criteri:

Quindi, si può parlare di autismo solo per le condizioni cliniche che rientrano in queste categorie, eliminando quelle con base biologica accertata.

Tuttavia, come altre condizioni cliniche prive di un evidente marker biologico e/o di un’eziologia nota, il disturbo autistico pone molteplici problemi di inquadramento diagnostico e, quindi, di valutazione prognostica.

Autismo: storia

La parola “autismo” deriva dal greco autús che significa “se stesso”.

Il termine è utilizzato per la prima volta nel 1908 da Eugen Bleuer, psichiatra svizzero, per riferirsi a una particolare forma di isolamento, causata, secondo la sua teoria, dalla schizofrenia.

Infatti, secondo Bleuer, l’autismo era caratterizzato da una evidente riduzione delle relazioni con gli altri e il mondo esterno.

Studi di Leo Kranner

Tuttavia, è nel 1943 che lo psichiatra infantile Leo Kanner usa il termine autismo per indicare una specifica sindrome osservata in 11 bambini, di età compresa tra i due e i dieci anni. In realtà, il loro comportamento era specifico e alterato rispetto alla normalità, ma con caratteristiche che si ripetevano all’interno del gruppo.

Kanner descrisse i suoi pazienti come “tendenti all’isolamento, con sguardo assorto, autosufficienti, felici se lasciati soli e poco reattivi in ambito relazionale”.

Inoltre, si caratterizzavano anche per una generalizzata incapacità di comunicare: tre bambini erano muti e negli altri lo sviluppo del linguaggio era anomalo.

Infatti, le prime parole pronunciate consistevano, in alcuni casi, nella ripetizione meccanica, senza comprensione, di filastrocche, liste di animali e cosi via.

Era spesso presente ecolalia, cioè ripetizione di frasi o parole udite da altri, dette al di fuori del contesto e priva di intento comunicativo. Inoltre, alcuni bambini parlavano di sé in terza persona, molti mostravano una paura ossessiva ai cambiamenti delle proprie abitudini. Non solo, altri si spaventavano in presenza di rumori o di oggetti in movimento. E ancora, altri possedevano specifiche abilità, come memoria per le date.

Quindi, Kanner ipotizzò che questi bambini avessero “un’innata incapacità a comunicare”.

Inoltre, partendo dall’analisi delle famiglie, dedusse che genitori (soprattutto la madre) “freddi, distaccati e perfezionisti, privi di senso dell’umorismo e che trattavano le persone sulla base di una meccanizzazione dei rapporti umani”, fossero la causa principale di questa patologia.

Autismo: epidemiologia

L’autismo non presenta prevalenze geografiche e/o etniche.

Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale per il monitoraggio dei Disturbi dello Spettro Autistico, in Italia 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenta un disturbo di tipo autistico. Con una prevalenza maggiore nei maschi (sono colpiti 4,4 volte in più rispetto alle femmine).

Ma, a livello mondiale, nel corso degli anni, si è assistito a un forte aumento dei casi di autismo. Purtroppo, le cause non sono ancora note, ma è molto probabile che dipendano anche da un allargamento dei criteri diagnostici.

Nel 2012, il Center for Disease Control and Prevention (CDC) americano riporta come prevalenza 1 soggetto su 88. Invece, la prevalenza di disabilità nella fascia dell’età evolutiva è di 1 bambino su 6.

Inoltre, i Disturbi dello Spettro Autistico (DSA) rappresentano il 7% circa di tutte le disabilità dello sviluppo. Recenti studi hanno rilevato una prevalenza intorno all’1% nella popolazione clinica mondiale che accede ai servizi, ma sembra che i valori siano in realtà più elevati.

La difficoltà nell’avere dati certi dipende anche dal fatto che molti bambini affetti da autismo non accedono ai servizi per problematiche economiche o per mancato riconoscimento diagnostico.

Per quanto riguarda l’Italia, le uniche stime disponibili sono quelle delle regioni Emilia-Romagna e Piemonte e si attestano rispettivamente sui valori 1:357 e 1:238 nella fascia di età della scuola primaria (6-10 anni).

Tuttavia, è possibile che si tratti di prevalenze sottostimate, poiché basate sulle rilevazioni dei soli casi trattati dal Sistema Sanitario Nazionale con diagnosi di DSA e non includono i pazienti trattati nei centri riabilitativi privati.

Autismo: caratteristiche

L’autismo è una sindrome complessa che coinvolge l’età evolutiva.

Infatti, i bambini e le bambine con autismo presentano importanti difficoltà nell’interazione con gli altri, nella comunicazione e nelle attività di gioco.

Inoltre, il linguaggio verbale, se presente, è spesso inadeguato al contesto, con scarso o assente utilizzo dei gesti comunicativi. Le attività di gioco sono per lo più di tipo ripetitivo, con isolamento rispetto ai coetanei. Quindi, le manifestazioni dell’autismo sono molteplici, per questo si parla di spettro autistico.

In realtà, è un disturbo multidimensionale e i soggetti che ne sono affetti hanno caratteristiche cliniche eterogenee.

Ma esistono anche vari livelli di gravità, da forme più sfumate ad altre molto acute, associate a:

Ciò determina l’ampia eterogeneità clinica.

Autismo: difficoltà sociali, comportamentali e a comunicare

Dal punto di vista clinico, si caratterizza dalla compromissione dell’interazione sociale:

La capacità di condividere l’attenzione, un aspetto importante del normale sviluppo cognitivo del bambino, è una delle prime competenze sociali che si presenta alterata nei DSA.

La prognosi è condizionata da:

Cause del comportamento autistico

Ancora oggi, non conoscendo le reali cause dell’autismo, questa sindrome è prevalentemente definita dall’osservazione dei comportamenti descritti nei manuali diagnostici e, a livello internazionale, dall’Organizzazione Mondiale della Salute.

Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), i sintomi tipici sono riassumibili nella cosiddetta “diade sintomatologica” del comportamento autistico:

  1. deficit nell’area della comunicazione sociale: comprende il deficit nella comunicazione (linguaggio verbale e non verbale) e il deficit sociale (capacità di interagire socialmente con gli altri);
  2. deficit di immaginazione: ovvero un repertorio ristretto di attività ed interessi e comportamenti ripetitivi e stereotipati.

Sindrome e disturbi

Nella vecchia nomenclatura del Manuale Diagnostico (DSM-4) rientravano nello spettro autistico i seguenti disturbi.

Disturbo autistico

I bambini affetti da questa condizione presentano in genere gravi problemi di linguaggio, di interazione sociale e comportamentale.

Possono presentare anche disabilità intellettiva e disturbi dell’apprendimento.

Sindrome di Asperger

Anche in questa sindrome sono presenti disturbi comportamentali e di interazione sociale, ma in maniera più sfumata.

Non è presente un disturbo del linguaggio (che può manifestarsi anomalo per la fissazione su uno specifico argomento o per la verbosità), ma una limitata capacità di astrazione e difficoltà a comprendere le metafore, i modi di dire e le battute (l’uso e la comprensione del linguaggio è molto letterale).

Non mostrano disabilità intellettiva.

Disturbo pervasivo dello sviluppo

I soggetti che sono affetti da questa condizione hanno in comune alcuni aspetti del disturbo autistico e altri della sindrome di Asperger.

Il loro quadro clinico non assume caratteristiche tali da permettere una diagnosi esatta ed è considerato una variante più lieve dell’autismo.

Autismo: segni e sintomi

I sintomi compaiono già nella prima infanzia, cioè intorno al 2°-3° anno di vita (il DSM-5 indica perfino dai 12 mesi).

Primi segni: come riconoscerlo

Scopri i campanelli d’allarme per una patologia dello spettro autistico. È meglio consultare uno specialista se noti nel tuo bambino uno o più atteggiamenti come: 

Autismo: patologie associate

In circa il 10% dei casi, i disturbi dello spettro autistico sono associati a sindromi neuro-genetiche come autismo sindromico (o secondario ad altra patologia), sclerosi tuberosa, sindrome dell’X Fragile, sindrome di Down, ecc.

Quindi, queste condizioni, che comportano un disturbo intellettivo, hanno alimentato l’ipotesi dell’esistenza di molteplici autismi piuttosto che di un quadro clinico unitario.

Attualmente, queste forme di autismo sono considerate come condizioni nelle quali la disabilità cognitiva, dovuta alla malattia di base, rende clinicamente manifesta una “vulnerabilità autistica” che diversamente non si sarebbe espressa o si sarebbe espressa in misura minore.

Inoltre, l’attuale classificazione dei disturbi pervasivi dello sviluppo, secondo il DSM-5, ha ristretto il numero di condizioni cliniche che rientrano in questa categoria diagnostica, eliminando quelle con una base biologica accertata (ad esempio la sindrome di Rett).

Come altre condizioni cliniche prive di un evidente marker biologico e/o di un’eziologia nota, il disturbo autistico pone problemi di diagnosi e, quindi, di prognosi.

In altre malattie, in cui sono direttamente interessate le funzioni biologiche e/o i network neuronali che fanno parte del cervello sociale, il rapporto con il disturbo autistico è più diretto.

Diagnosi differenziale

Sempre il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, indica che la diagnosi differenziale del Disturbo Autistico sia posta in caso di disturbo di:

Negli ultimi decenni ci sono stati notevoli progressi nell’interpretazione dell’autismo e dei disturbi pervasivi dello sviluppo.

I dati scientifici più recenti ipotizzano che l’autismo abbia origine da fattori organici che interferiscono nella fase dello sviluppo del Sistema Nervoso Centrale.

Per questo rientra nei disturbi del Neurosviluppo (ovvero a base biologica).

Autismo: cause e fattori di rischio

I Disturbi dello Spettro Autistico hanno una significativa componente genetica, anche se, ad oggi, non è stato possibile individuare un unico gene responsabile. Infatti, l’analisi genetica ha evidenziato che i geni associati all’autismo sono moltissimi e si presentano in modo variabile nei vari soggetti.

Tuttavia, la maggior parte delle alterazioni genetiche individuate sono responsabili della costruzione delle connessioni tra le cellule del cervello.

Invece, i fattori biologici responsabili dell’autismo sono noti solo nel 20% dei casi, mentre la presenza di anomalie metaboliche sembra interessi il 5% dei casi.

In più, le ricerche sugli aspetti neuropatologici hanno evidenziato, in alcuni soggetti, la presenza di anomalie localizzate nel cervelletto, nel sistema limbico e nella corteccia cerebrale.

Invece, in altri casi, è stato evidenziato il ruolo dei fattori:

Inoltre, non vanno sottovalutate le patologie neurologiche associate alla sindrome, che aggravano il quadro clinico: iper o ipo-tonia, turbe della coordinazione motoria, distonie, stereotipie motorie, dismorfismi, alterazioni dell’udito, ritardo mentale ed epilessia.

Quindi, gli studi finora eseguiti evidenziano la presenza di una multifattorialità di cause genetiche, organiche o acquisite precocemente che, in modi diversi, potrebbero giustificare l’insorgenza del disturbo autistico e che vanno ulteriormente indagate.

Gravidanza e periodo post-natale

Qualunque condizione che interferisca con lo sviluppo del cervello può comportare teoricamente effetti a lungo termine sulle funzioni sensoriali, linguistiche e mentali del bambino, tanto da determinare una sintomatologia autistica.

Anche se sono state chiamate in causa diverse situazioni in gravidanza come infezioni, problemi legati al parto o fattori ambientali, attualmente non c’è alcuna evidenza scientifica certa tra situazioni patogene e autismo.

Inoltre, tra i fattori di rischio non legati ai fattori genetici si possono indicare:

Infine, tra gli altri fattori che si stanno studiando, si annoverano la carenza di alcune vitamine o l’esposizione a farmaci e a sostanze tossiche ambientali durante la gravidanza.

Anche in questo caso non vi sono evidenze scientifiche valide.

Autismo: ereditarietà e genetica

Le nuove tecnologie di analisi genomica hanno identificato una serie di geni e di alterazioni genetiche associate all’autismo.

È probabile che molteplici geni siano coinvolti nello sviluppo della complessa rete di neuroni implicati nell’evoluzione del comportamento sociale, la cui alterazione definisce un livello di vulnerabilità per questo disturbo.

La maggior parte delle alterazioni genetiche individuate sono responsabili della costruzione delle connessioni tra le cellule del cervello.

La frequenza dell’autismo in fratelli di soggetti autistici è intorno al 3%, con un rischio relativo nei fratelli circa 10-30 volte maggiore rispetto alla frequenza nella popolazione generale.

Autismo nei gemelli

Diversi studi epidemiologici su gemelli dello stesso sesso suggeriscono che l’elevato rischio di ricorrenza familiare abbia una base genetica. Infatti la corrispondenza dell’autismo nelle coppie di gemelli monozigotici è elevata (60%), mentre nelle coppie di gemelli dizigotici la frequenza è simile a quella riportata per i fratelli di individui affetti.

Gli studi sui gemelli indicano anche che la predisposizione genetica all’autismo può estendersi a un gruppo più ampio di disturbi sociali e/o di comunicazione, con caratteristiche simili a quelle dell’autismo classico, ma presenti in forma isolata o meno grave (il cosiddetto broader phenotype) nei familiari dei soggetti con autismo.

Emozioni dei bambini autistici

Autismo ed emozioni

I bambini affetti da autismo provano emozioni come tutti, ma le esprimono in maniera anomala, spesso in modo inappropriato e intenso. Infatti, hanno un mondo emotivo alterato (in cui spesso predominano temi angoscianti). Inoltre, hanno difficoltà a riconoscere le emozioni degli altri e non sviluppano capacità “empatiche”.

Per questo motivo, è necessario un percorso di apprendimento per insegnare a questi bambini la capacità di esprimere e di riconoscere le emozioni. In sostanza, devono imparare, a livello cognitivo, ciò che non hanno sviluppato nella crescita.

Infatti, le emozioni, i sentimenti, la condivisione con gli altri, sono reazioni innate in mancanza di sindromi specifiche. Quindi, imparare a riconoscere le emozioni aiuta i bambini autistici a modularne l’intensità e insegna loro l’autoregolazione.

Come insegnare a gestire le emozioni

È necessario soffermarsi su ciò che il bambino sta provando nel momento esatto in cui sta vivendo un’emozione.

Solamente così lo si aiuta ad analizzare le proprie emozioni, partendo dalle sensazioni percepite fisicamente e assegnandogli un nome. Infatti, dare un nome a ciò che sta provando lo aiuterà a riconoscerlo successivamente in sé e negli altri.

Quindi, esistono giochi pensati appositamente per aiutare il bambino a esprimere e riconoscere l’emozione attraverso il tono della voce, l’espressione facciale e la postura del corpo. Inoltre, mimare alcune azioni con l’obiettivo di associare gesti socialmente rilevanti alla loro descrizione e denominazione è sicuramente un’attività ludica importante.

Tuttavia, ciò che conta è che tali giochi avvengano, almeno la prima volta, con la supervisione di personale esperto e insieme ai familiari.

Autismo e comportamento alimentare

Nei bambini affetti da DSA si osserva con una certa frequenza un comportamento alimentare disfunzionale denominato “selettività alimentare” e può riguardare un bambino su due. Si caratterizza da regimi alimentari piuttosto rigidi, con pochi alimenti.

Inoltre, si manifesta anche sotto forma di “selettività sensoriale”, ossia con un’avversione a certi odori e sapori, colori e consistenze. Infatti, alcuni bambini sono sensibili ai colori (vogliono mangiare ad esempio solo cibi rossi o verdi), altri non mangiano se il cibo non è disposto in un certo modo sul piatto.

Quindi, tali selettività sono considerate aspetti diagnostici importanti poiché rientrano negli interessi e comportamenti ristretti, ripetitivi e stereotipati tipici dell’autismo.

La selettività alimentare: cos’è

Riguarda circa il 30% dei bambini, ma in chi è affetto da Disturbo dello Spettro Autistico, la percentuale arriva fino al 50%.

Infatti, ricercatori dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma hanno condotto uno studio su 158 bambini, tra i 3 e i 18 anni di età, affetti da autismo, metà dei quali con abitudini alimentari particolari.

In particolare, lo studio, che ha coinvolto anche i genitori, ha evidenziato che tra i bambini autistici selettivi e non selettivi non ci sono differenze cliniche e comportamentali, ovvero il rifiuto del cibo non è determinato dal livello di gravità della sindrome.

Invece ciò che è emerso è che la selettività incide sulla percezione dei genitori riguardo alla malattia del figlio. Quindi, i bambini selettivi sono vissuti dai genitori come più problematici e la gestione del momento del pasto diventa per loro un elemento di stress e preoccupazione.

Infatti, la seconda parte dello studio riguarda il parent training, ovvero lo sviluppo di tecniche comportamentali da insegnare ai genitori per approcciare i pasti con meno ansia.

Anche perché la selettività alimentare descrive situazioni e comportamenti che riguardano non solo la scelta dei cibi, ma anche i comportamenti anomali messi in atto al momento del pasto come:

Infine, è importante rilevare che la selettività alimentare non ha un inquadramento clinico univoco e che è necessaria un’attenta gestione medica e multidisciplinare del bambino e il sostegno alla famiglia.

Selettività sensoriale: cos’è

Una particolare sensibilità sensoriale può portare ad opporre resistenza verso certi cibi e può essere correlata in particolar modo alla consistenza e all’odore.

Infatti, da uno studio basato prevalentemente sulle interviste ai genitori di bambini autistici con selettività alimentare è emerso che i criteri prevalenti di scelta del cibo sono:

Infine, altre osservazioni riguardano la quantità, il colore, la forma, la confezione o la marca.

Rifiuto del cibo: cause

Le ipotesi sono molte e tra queste una delle più discusse indica nei problemi gastrointestinali la causa principale del rifiuto verso alcuni cibi.

Tuttavia, ad oggi, non si è trovata una associazione statisticamente significativa che confermi questa teoria. 

Invece, altri ricercatori avanzano l’ipotesi dell’attivazione di specifici pattern di sensibilità gustativa e, in particolar modo, la sensibilità al gusto dell’amaro, che potrebbe spiegare il limitato consumo di specifiche classi di alimenti come le verdure.

Tuttavia, questi studi hanno ottenuto una variabilità di dati piuttosto ampia, a volte contrastante e al momento vi è una scarsa replicazione dei risultati.

Infatti, ciò che occorre ricordare è che l´autismo è primariamente una condizione neuropsichiatrica. Quindi, è possibile che alcuni soggetti possano avere anche altre problematiche cliniche, ma sono secondarie rispetto alla condizione principale.

In conclusione, la correlazione tra selettività alimentare e altre possibili patologie non significa che abbiano la stessa origine o che vadano considerate unitariamente.

Autismo: diagnosi

La diagnosi dei Disturbi dello Spettro Autistico si esegue sulla base dell’osservazione clinica del soggetto, secondo i criteri indicati nei due principali manuali di riferimento DSM e ICD (International Classification of Diseases).

Si utilizzano anche scale di valutazione standardizzate, come l’ADOS (Autism Diagnostic Observation Schedule) e l’ADI-R (Autism Diagnostic Interview-Revised).

Inoltre, nel percorso che porta alla diagnosi di autismo è molto importante tenere conto delle osservazioni dei genitori (o del personale scolastico) che per primi possono cogliere alcuni campanelli d’allarme. Queste osservazioni vanno riportate al pediatra, che valuterà se indirizzare il bambino a una visita specialistica.

È importante che la diagnosi sia posta da un’ equipe multidisciplinare specializzata, che deve includere un neuropsichiatra o uno psicologo.

Inoltre, può includere anche terapisti della neuro-riabilitazione e del linguaggio (logopedisti), per una valutazione complessiva della capacità di:

Disturbi dello spettro autistico

Per la diagnosi dei DSA (Disturbi dello Spettro Autistico) non devono essere presenti tutti i sintomi, i bambini devono presentare una sintomatologia relativa sia al punto A, sia al punto B (vedi Tabella sotto).

Inoltre, i segni possono variare moltissimo in termini di gravità.

Disturbi dello spetto autistico: segni e Sintomi

La diagnosi e quindi la valutazione dei sintomi è fatta da un’equipe multidisciplinare composta da neuropsichiatra, psicologo, TNPEE (Terapista della neuropsicomotricità dell’età evolutiva) e logopedista attraverso l’osservazione clinica e l’ausilio di test strutturati, colloqui e interviste con i genitori. 

Prognosi

La prognosi per i bambini autistici è condizionata dai seguenti fattori e variabili:

Comunque, grazie a interventi tempestivi e specifici, i bambini affetti da autismo possono acquisire nuove competenze.

Autismo: cure

Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico prevede percorsi integrati, composti da interventi educativi, pedagogici, riabilitativi, psicoterapeutici e, se necessario, farmacologici.

In realtà, non esistono farmaci per la cura dell’autismo. Tuttavia l’uso di farmaci può essere indicato in presenza di specifici sintomi comportamentali come auto ed etero-aggressività, iperattività, comportamenti stereotipati, insonnia, ecc.

Trattamento farmacologico

Si valuta clinicamente in base alle caratteristiche del paziente e può comprendere farmaci antipsicotici o stimolanti.

I bambini e le loro famiglie partecipano al trattamento gestito da un’équipe multidisciplinare (comprendente neuropsichiatri infantili, pediatri, medici di famiglia, educatori, pedagoghi, logopedisti e terapisti della neuro e psicomotricità).

Infatti, il coinvolgimento delle famiglie nel programma di intervento è fondamentale per imparare a interagire con i bambini, favorendo il loro benessere emotivo.

Trattamento comportamentale

Si tratta di programmi intensivi, efficaci soprattutto se attivati in età prescolare. Tra questi, i più studiati sono quelli basati sull’analisi comportamentale applicata (Applied Behaviour Analysis – ABA), che possono migliorare:

Inoltre, per stimolare e agevolare la comunicazione si possono impiegare materiali per il supporto visivo. Infatti, è molto importante che chi interagisce con il bambino adotti le stesse modalità di comunicazione e di comportamento.

Quindi, è necessario adattare l’ambiente sociale e fisico dei soggetti autistici seguendo una routine e limitando i fattori disturbanti (rumori eccessivi e improvvisi, luci accecanti, ecc.).

Inoltre, nei soggetti con sindrome di Asperger o autismo ad alto funzionamento, può essere adottata anche una terapia cognitivo comportamentale.

Prevenzione e falsi miti

Le conoscenze sull’eziologia dei Disturbi dello Spettro Autistico sono ancora insufficienti per dare indicazioni specifiche a carattere preventivo.

Tuttavia, è stato osservato che i fratelli di bambini con autismo hanno una probabilità maggiore di sviluppare un disturbo neuro-psichiatrico (autismo, disturbi specifici del linguaggio e/o dell’apprendimento) rispetto alla popolazione generale.

Pertanto, è consigliabile un monitoraggio specifico dello sviluppo neuro-comportamentale di bambini che abbiano fratelli con autismo, per poter diagnosticare precocemente eventuali problemi e intervenire con tempestività.

Autismo: il mito del vaccino

L’ipotesi che la vaccinazione antimorbillo-parotite e rosolia (Mpr) possa essere associata all’autismo è stata sollevata negli anni Novanta da uno studio inglese pubblicato nel 1998 su The Lancet.

Tuttavia, questa ipotesi è stata valutata da numerosi studi condotti sia in Europa che negli Stati Uniti, ma nessun ricercatore ha confermato una relazione causale tra vaccino Mpr e autismo.

Infatti, gli stessi ricercatori dello studio inglese hanno ritirato le loro conclusioni e nel 2010 la rivista The Lancet ha formalmente ritirato l’articolo.

Successivamente anche altre organizzazioni, inclusa l’American Academy of Pediatrics, e numerosi studi epidemiologici condotti in diversi Paesi europei, hanno raggiunto le medesime conclusioni, respingendo l’ipotesi di una relazione causale tra vaccino Mpr e autismo.

Autismo: a che punto è la ricerca

Nella ricerca condotta dai Centers for Disease Control (CDC) di Atlanta (USA), sono stati studiati 256 bambini con disturbi dello spettro autistico e confrontati con 752 bambini non autistici. È stata mostrata la loro esposizione, nei primi due anni di vita, ad antigeni contenuti nei vaccini. I risultati hanno mostrato che:

Quest’ultima ricerca conferma le conclusioni dell’Institute of Medicine (IOM) (Immunization Safety Review: Vaccines and Autism), basato su una approfondita revisione degli studi clinici ed epidemiologici sul rapporto vaccini/autismo, effettuata da ricercatori indipendenti americani.

Fonti

  1. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
  2. Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo (WAAD).

Con la consulenza della Dott.ssa Franca Carzedda (Psicologa e Psicoterapeuta) dell’Equipe per l’Età Evolutiva delle Scuole di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva, Associazione di Psicologia Cognitiva (APC) e Scuola di Psicoterapia Cognitiva (SPC).

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