Sommario
La vitamina K (dal tedesco “Koagulation”) è una vitamina liposolubile presente in molti alimenti: attualmente è al centro di interessanti studi nonostante pochi la conoscano.
Sembra certo però che questa vitamina svolga funzioni importanti oltre ad agire, come già noto, nel processo di coagulazione del sangue.
Scopri a cosa serve, gli alimenti ricchi di vitamina K e quando è il caso di integrare. Ad esempio, la bietola contiene buone quantità di magnesio e vitamina K, che sono importanti sia per la crescita e lo sviluppo delle ossa che per una corretta coagulazione del sangue.
Vitamina K: che cos’è?
E’ fondamentale per la sintesi a livello epatico della protrombina e dei fattori VII, IX e X, tutte proteine che una volta attivate danno vita al processo di coagulazione.
Rispetto alle altre vitamine liposolubili non è presente in grande quantità nell’organismo.
Infatti, l’assunzione avviene soprattutto con la dieta dato che la sintesi ad opera del microbiota intestinale è limitata. Precedentemente, si pensava che il fegato fosse l’unico organo di deposito della vitamina, tuttavia ora sappiamo che la possiamo trovare anche nel cervello, pancreas e reni.
L’assorbimento della vitamina K è aiutato dalla contemporanea presenza di grassi, mentre tutte le condizioni che possono determinare malassorbimento generale o dei grassi stessi si riflettono in un’alterata e insufficiente assunzione di vitamina K:
- Malattia celiaca.
- Malattie intestinali croniche.
- Malattie epatiche, ecc.
Vitamine K1 e K2: differenze
Per vitamina K, si intendono una serie di composti che si dividono in fillochinone (K1) e menachinone (K2).
La vitamina K1 è di origine vegetale, mentre la K2 è di origine batterica poiché sintetizzata per lo più dalla microflora del colon distale.
La K1 rappresenta il 90% dell’apporto della vitamina mentre la K2 solo il 10%. Esiste anche la vitamina K3 e prende il nome di menadione, ma il suo utilizzo è ristretto al campo farmacologico.
Studi sulla vitamina K e sulla sua funzione nei processi di coagulazione del sangue valsero il premio Nobel per la Medicina nel 1943 a Henrik Dam e Edward Doisy.
Vitamina K e vitamina D: i benefici
Vitamina K e vitamina D sono un binomio vincente per il benessere delle ossa. Come spiega il dottor Lorenzo Traversetti, biologo nutrizionista di Melarossa.
“La vitamina D è nota per la sua azione osteogenica, ovvero permette la fissazione del calcio nelle ossa favorendo il processo di calcificazione. Invece, la K riveste un ruolo importante nel processo di mineralizzazione ossea in quanto promuove la produzione di una molecola, nota come osteocalcina, che indirizza il calcio alimentare verso le ossa per la sua fissazione”.
In casi di carenza, comuni in caso di osteopenia o osteoporosi, spesso si ricorre a integrare il calcio assunto con la dieta. Purtroppo, in assenza della K, una minima parte di questo calcio verrebbe indirizzato realmente al nostro scheletro. La restante, abbondante, porzione, circolando nel sangue, rischierebbe di depositarsi sulle pareti dei vasi sanguigni favorendo il fenomeno dell’aterosclerosi.
È importante sia assumere le giuste dosi di calcio che consentire al corpo di utilizzarlo al meglio. Per questo la vitamina D, che consente il corretto assorbimento del calcio, viene associata alla vitamina K.
La vitamina D si trova in:
- Uova.
- Fegato.
- Pesci grassi.
Per fare il pieno alimentare di vitamina K, spazio, invece, ad alimenti quali il tuorlo delle uova (senza abusarne) ma soprattutto, olio EVO, frutta (kiwi in particolare) e verdure a foglia verde.
Se ti interessa l’argomento, scopri il nostro approfondimento sulle vitamine.
Vitamina K: a cosa serve
La K, oltre a dar vita alla cascata coagulativa, entra in gioco in diversi metabolismi.
Salute delle ossa
É fondamentale per il metabolismo del calcio, infatti modula i processi di calcificazione ossea permettendo l’attivazione dell’osteocalcina. Al contempo permette il riassorbimento del calcio a livello renale grazie all’azione della nefrocalcina.
Inoltre, è in grado di “costruire” le fibre dell’osso e al contempo impedirne la disgregazione. L’osso viene immaginato come qualcosa di “fisso” invece le sue cellule sono in continua proliferazione e distruzione.
Se l’equilibrio si sposta da una parte o dall’altra avremo un osso in crescita o un osso che tende a disgregarsi: è un equilibro dinamico.
Previene le malattie del cuore
Recenti studi dimostrano benefici anche a livello cardiovascolare, ovvero attraverso un’azione inibitoria sulla calcificazione delle arterie oltre che favorendo il turnover delle cellule muscolari dei vasi.
Inoltre, assunzioni di vitamina K2 maggiori di 33 mcg/die riducono il rischio di calcificazione dell’aorta, mentre un aumento di 10 mcg/die potrebbe essere sufficiente per ridurre il rischio di infarto del 9%.
Diabete
Recentemente è stato anche dimostrato un ruolo della vitamina K nella prevenzione del diabete. Una supplementazione con 500 mcg/die di fillochinone può, infatti, rallentare l’insulino-resistenza.
La vitamina K a tavola: cosa mangiare
E’ liposolubile, quindi la cottura tende a non modificarne la biodisponibilità negli alimenti. Per un completo assorbimento si rende necessaria la compresenza dei grassi.
Tuttavia fanno eccezione gli acidi grassi polinsaturi a catena lunga, i quali diminuendone la biodisponibilità svolgono l’effetto opposto.
Gli acidi grassi polinsaturi (PUFA) sono gli omega 3 e gli omega 6 che vengono definiti a catena lunga proprio perché hanno una struttura più grande rispetto ad altri acidi grassi (contengono più atomi di carbonio e quindi sono più lunghi). Sono particolarmente presenti in olio extra vergine di oliva, semi, frutta oleosa (mandorle, noci, ecc.) e pesci grassi come salmone e sgombro.
Buon esempio di piatto ricco di questa vitamina può essere un’insalata di spinaci crudi conditi con dell’olio d’oliva (ricco di acidi grassi monoinsaturi, 75g/100ml).
Soluzione ancora migliore potrebbe essere sbollentare gli spinaci e condirli con del burro e del parmigiano. In questo caso, avremo meno vitamina E e meno grassi polinsaturi (rispetto l’olio di oliva), i quali sono tra i principali inibitori dell’assorbimento della vitamina K.
Questo piatto può fare da accompagnamento a un secondo a base di carne (meglio ancora se fegato di bovino o suino), la quale, se pur in quantità minore, può comunque contribuire al fabbisogno giornaliero di vitamina K.
Fonti alimentari di vitamina K
Un’alterata coagulazione a seguito di deficit di vitamina K rimane comunque un fenomeno piuttosto raro data la sua presenza in molti alimenti di largo consumo.
Fonti principali di K1
- Ortaggi a foglia verde come prezzemolo, bieta, spinaci, broccoli, lattuga (102-483 mcg /100g).
- Quantità variabili anche negli oli vegetali, dai 7 mcg/100g dell’olio di girasole, fino ai 100 mcg/100g dell’olio di semi di soia.
- Quantità minori nella carne, nei formaggi e nei cereali (2 mcg -22 mcg/100g).
Vitamina K2
La K2 viene in parte assunta con la dieta e in parte prodotta dai batteri del colon. Si trova principalmente nei seguenti alimenti.
- Uova.
- Carne (specialmente nel fegato di bovino e suino).
- Formaggi fermentati.
- Prodotti fermentati a base di soia.
Alimenti più ricchi di vitamina K
Un corretto apporto di questa vitamina avviene attraverso un’alimentazione sana ed equilibrata.
Via libera dunque ai vegetali a foglia verde, che ne sono ricchissimi, in particolare gli spinaci, ma è soprattutto con la bieta che puoi farne il pieno.
- Biete.
- Tarassaco.
- Cavolo riccio.
- Spinaci.
- Radicchio.
- Cime di rapa.
- Indivia.
- Cavolini di Bruxelles.
- Lattuga a foglia rossa/ verde.
- Rucola.
Fabbisogno di vitamina K per fascia di età
In condizioni fisiologiche, la dieta è capace di far fronte alle normali esigenze di vitamina K.
Un’assunzione di 0,3-1,0 mcg per Kg di peso corporeo è sufficiente a mantenere il tempo di protrombina nei range di normalità (11-13,5 secondi, oppure un INR tra 0,9 e 1,2).
- Per i lattanti sono raccomandati 10 mcg/die.
- Bambini: valori che vanno dai 50 mcg/die (1 anno) fino a 90 mcg/die (10 anni).
- Adolescenti e adulti sono consigliati 140 mcg/die.
- 140 mcg per donne incinte e durante allattamento.
- 170 mcg /die dopo i 60 anni (donne e uomini).
L’integrazione è fortemente consigliata in caso di deficit anche perché il fillochinone libero (assunto come supplemento) presenta una biodisponibilità cinque volte più elevata rispetto alla controparte vegetale.
La spiegazione è data dal gran numero di antinutrienti presenti in molte verdure a foglia verde (es: spinaci) che “schermano” la vitamina e ne impediscono l’assorbimento.
La vitamina E è un antagonista della vitamina K, infatti insieme agli acidi grassi polinsaturi ne preclude l’assorbimento.
La vitamina E e gli acidi grassi polinsaturi sono sostanze che anche loro (come gli antinutrienti negli alimenti) possono sminuire l’assorbimento della K.
Esempio: più vitamina E e/o acidi grassi polinsaturi si mangiano (insieme alla vitamina K) e meno la vitamina K sarà assorbita.
Carenza di vitamina K
Bassi livelli ematici di vitamina K sono associati ad una minore densità ossea.
Questo espone a possibili fratture spontanee in età avanzata. Per questo, carenze di vitamina K possono essere la concausa di osteopenia ed osteoporosi per un’alterata calcificazione e uno scarso riassorbimento di calcio a livello renale.
La carenza di questa vitamina si può verificare in seguito alla somministrazione di farmaci che interferiscono con l’azione dei batteri intestinali (antibiotici, sulfamidici), oppure in situazioni di inadeguato assorbimento intestinale (ad esempio per mancanza di bile).
Soggetti a rischio deficit
- Chi fa uso di anticoagulanti orali.
- Chi prende antibiotici perché interferiscono con la flora batterica.
- I neonati perché la vitamina K non attraversa la placenta e l’intestino del neonato non ha ancora una flora microbica ben formata.
La carenza di vitamina K può dar luogo a una coagulazione anormale che può manifestarsi con epistassi (sangue dal naso) ed ematuria (presenza di sangue nelle urine).
Integratori di vitamina K: quando integrare
L’integrazione con vitamina K è un trattamento nei casi di ipoprotrombinemia o emorragie per sovradosaggio di anticoagulanti orali.
Per tale motivo, il rapporto tra anticoagulanti e vitamina K va finemente regolato nella dieta.
Un eccesso di fonti di questa vitamina potrebbe impedire l’effetto terapeutico degli anticoagulanti cumarinici (warfarin).
In caso di deficit di protrombina, l’integrazione con vitamina K (ma anche di coenzima Q10) può aiutare a ristabilire un ottimale processo di enocoagulazione, mentre al contrario la vitamina E tende a diminuirlo.
Per evidenziare un eventuale deficit di vitamina K, si può fare :
- Dosaggio della protrombina plasmatica (80-120 mcg/mL).
- Dosaggio dell’ostecalcina.
- Tempo di protrombina, ovvero il tempo necessario alla formazione del coagulo di fibrina.
Tossicità e effetti collaterali
Non sono stati registrati casi di tossicità per le vitamine K1 e K2, ma solo per la loro forma sintetica (K3). Ne sono particolarmente suscettibili i neonati prematuri che possono manifestare effetti collaterali come :
Con la collaborazione della biologa nutrizionista Maria Cassano.