Sommario
Il ferro è un minerale che svolge un ruolo attivo nelle reazioni che regolano i processi biologici. La sua abbondanza sulla superficie terrestre fa in modo che esso sia contenuto in molti alimenti di origine animale, o vegetale. Ad esempio, frattaglie, carne rossa, verdure a foglia larga e frutta secca sono tra gli alimenti che contengono più alte dosi di ferro. Purtroppo, però, non tutto il ferro presente nel cibo è assimilabile dall’organismo umano con la stessa facilità.
Infatti, questa varia a seconda della natura dell’alimento stesso (vegetale o animale) e della presenza di sostanze che ne possano facilitare (vitamina C) o ridurre (ossalati, fitati e tannini) l’assorbimento. Il ferro, assunto con la dieta, ha un fabbisogno giornaliero che cambia dagli 8 ai 27 mg / giorno, a seconda dell’età, del sesso e di particolari condizioni di salute dell’individuo (operazioni chirurgiche, gravidanza, ecc.).
Pertanto, spesso si riscontrano episodi di carenze di ferro, che possono avere effetti anche gravi, come l’anemia sideropenica. Per sopperire a tali carenze molte persone fanno uso di integratori alimentari. Ma, se presi senza indicazioni di uno specialista, possono generare fenomeni di tossicità per eccesso di ferro, il quale, accumulandosi nei tessuti, può portare a complicanze altrettanto critiche, come cirrosi epatica, aritmie e scompenso cardiaco.
Cos’è il ferro
Il ferro è un elemento chimico molto diffuso sulla Terra e in natura difficilmente si trova allo stato puro. E’ più spesso presente come minerale o legato ad altri elementi a formare composti chimici (ossido, idrossido, carbonato, o solfuro di ferro), più facilmente assimilabili dall’organismo.
Infatti, il ferro, viene assunto con la dieta come composto, legato alle strutture proteiche degli alimenti (vegetali o animali) e all’interno del corpo umano svolge importantissime funzioni necessarie alla sopravvivenza.
In primis, la sua capacità di legare l’ossigeno gli attribuisce un ruolo cruciale nella regolazione degli scambi gassosi che avvengono nel sangue. Inoltre, è parte fondamentale della struttura molecolare di numerose proteine (enzimi di trasporto, o immagazzinamento dell’ossigeno) ed ha ruolo in molti processi biologici.
Per questi motivi, è un minerale indispensabile nella dieta umana e per un regolare svolgimento delle funzioni biologiche sono necessari circa 8/10 mg al giorno, con differenze in base a sesso, età o particolari fasi della vita della donna (in gravidanza, il fabbisogno di ferro aumenta fino a 27 mg/giorno).
A cosa serve il ferro
Il ferro è un minerale che svolge numerose funzioni biologiche, necessarie alla sopravvivenza dell’organismo.
È indispensabile per il trasporto e l’utilizzazione dell’ossigeno da parte dei tessuti, ma è anche coinvolto in numerosi processi metabolici, dove la sua presenza risulta essenziale per l’attività di molti enzimi. Esso, infatti, prende parte alla sintesi di:
- Emoglobina e mioglobina, implicate nel trasporto dell’ossigeno.
- Collagene, la principale proteina strutturale del tessuto connettivo.
- Enzimi, quali la nitrogenasi, responsabile della fissazione biologica dell’azoto, e la catalasi, coinvolta nella detossificazione della cellula da specie reattive dell’ossigeno.
- Citocromi, coinvolti nel trasferimento di elettroni nella respirazione cellulare.
Oltre ad essere coinvolto nei meccanismi di:
- Produzione di energia per la cellula.
- Metabolismo degli acidi nucleici, ossia i tasselli principali per la sintesi di DNA ed RNA.
- Conversione di beta-carotene in vitamina A.
Meccanismo di trasporto dell’ossigeno
L’ossigeno (O2), necessario alle funzioni biologiche di quasi tutti gli esseri viventi, circola nell’organismo umano attraverso il sangue e raggiunge i tessuti periferici legato all’emoglobina, all’interno dei globuli rossi (eritrociti), mentre il suo rilascio a livello muscolare è coordinato dalla mioglobina.
Queste due molecole sono in grado di legare l’ossigeno grazie agli atomi di ferro (II) presenti nella loro struttura interna.
Quindi, gli scambi gassosi sono garantiti dalla diversa affinità di legame che queste molecole hanno nei confronti di ossigeno (O2) e anidride carbonica (CO2).
- L’emoglobina, infatti, è in grado di legare anidride carbonica con maggiore affinità dell’ossigeno. Questa caratteristica è vantaggiosa perché permette un più rapido rilascio di ossigeno a livello dei tessuti e, allo stesso tempo, consente di “ripulirli” dall’anidride carbonica, gas di scarto del metabolismo.
- La mioglobina, al contrario dell’emoglobina, ha un’affinità di legame con l’ossigeno molto più alta. Essa svolge il ruolo di immagazzinamento dell’ossigeno a livello muscolare e lo rilascia solo in condizioni di concentrazioni di ossigeno molto basse (stress ossidativo), che si verificano a seguito di sforzi muscolari intensi.
Metabolismo del ferro
Nell’organismo umano sono presenti circa 4 grammi di ferro che ha un ruolo funzionale differente a seconda della sua natura chimica e della conseguente capacità di creare legami atomici. Infatti, si può trovare in due forme che differiscono per stato di ossidazione:
- ferro bivalente (II), o ione ferroso, più conosciuto come ferro EME, con numero di ossidazione +2.
- Ferro trivalente (III), o ione ferrico, detto ferro non-EME, con numero di ossidazione +3.
Quindi, il numero di ossidazione (abbreviato con la sigla “n.o.”) rappresenta il grado di ossidazione dell’atomo in esame e fornisce informazioni sulla natura dei legami che gli è possibile creare.
Difatti, solamente il ferro con numero di ossidazione +2, è in grado di legare gli atomi di ossigeno.
Ferro (II) EME
La maggior parte del ferro contenuto nel nostro organismo si trova nel sangue, sotto forma di ferro bivalente, o ferro eme (75% del totale), integrato nella struttura di molecole responsabili degli scambi gassosi.
Il 65% costituisce il nucleo centrale dell’Emoglobina, molecola responsabile del trasporto di ossigeno e anidride carbonica a livello sistemico. Mentre il restante 10% è parte strutturare della mioglobina, proteina che, in caso di sforzo, rilascia ossigeno a livello muscolare. Questa differenza percentuale è spiegabile dalla diversa struttura molecolare delle proteine implicate negli scambi gassosi.
Infatti, la mioglobina è formata da un’unica unità strutturale (struttura monomerica), quindi è in grado di legare un solo atomo di ferro, mentre l’emoglobina è formata da 4 unità monomeriche pertanto in grado di legare 4 atomi di ferro.
Ciascuna unità presenta un gruppo funzionale, detto Gruppo EME al cui interno è contenuto l’atomo di ferro capace di creare legami di coordinazione con le molecole gassose.
Ferro (III) non-EME
Il ferro non-eme, con stato di ossidazione +3, è presente in minor quantità nell’organismo umano (25% del totale) e si trova principalmente in milza, fegato e midollo osseo.
Nonostante la sua natura non ionica non gli permetta di legare l’ossigeno, quello non-eme è comunque in grado di creare dei legami. Infatti, lo troviamo legato a proteine quali, ad esempio, la transferrina, con funzione di trasporto, o la ferritina con funzione di deposito.
Fabbisogno giornaliero di ferro per donne e uomini
Bambini (dai 1 a 3 anni) | 8 mg |
Bambini (dai 4 ai 10 anni) | 11-13 mg |
Adolescenti maschi (11-17 anni) | 10-13 mg |
Adolescenti femmine (11-17 anni) | 10-18 mg |
Uomini adulti | 10 mg |
Donne in età fertile | 10-18 mg |
Gravidanza | 27 mg |
Allattamento | 11 mg |
Menopausa | 10 mg |
Il fabbisogno giornaliero, ossia il quantitativo di ferro necessario per svolgere le funzioni biologiche, cambia a seconda dell’età e del sesso dell’individuo, oltre che in condizioni particolari come, ad esempio, la gravidanza.
Secondo le tabelle LARN (Livelli di Assunzione Giornalieri Raccomandati di Nutrienti per la popolazione italiana), il fabbisogno giornaliero raccomandato per un uomo adulto è di circa 10 mg, mentre per una donna in età fertile 18 mg/giorno.
La differenza di valore è spiegata dal fatto che la donna, in età fertile, ha maggiori perdite di ferro dovute alla presenza del ciclo mestruale. Queste vanno compensate con una dose di assunzione giornaliera adeguata, per non andare in contro a carenze nutrizionali che possono avere conseguenze anche gravi, come deficit di emoglobina nel sangue e la conseguente anemia.
Quindi, la dose giornaliera di ferro raccomandata dai LARN è raggiungibile mediante l’alimentazione o con integratori alimentari.
La donna, nel corso della vita, è più sensibile dell’uomo a variazioni in termini di fabbisogno giornaliero di ferro, pertanto è più soggetta a rischio di carenze di questo minerale.
Ferro in gravidanza
Sebbene la comparsa del ciclo mestruale comporti una maggiore richiesta di ferro (circa 18 mg/giorno), il picco massimo la donna lo raggiunge con la gravidanza, dove il fabbisogno arriva ad essere di circa 27 mg/giorno.
Infatti, durante la gravidanza le richieste di ferro non sono omogenee, ma aumentano in modo graduale a seconda delle necessità, per permettere la formazione della placenta e lo sviluppo del feto:
- Primo trimestre. Le richieste del feto sono minime (circa 1,2 mg/giorno) e vengono compensate dalla perdita del ciclo mestruale, pertanto il fabbisogno di ferro della donna non varia particolarmente.
- Secondo trimestre. Invece, le richieste di ferro per lo sviluppo del feto e degli annessi embrionali iniziano ad aumentare in modo più consistente (circa 4,7 mg/giorno) e di conseguenza aumenta anche il fabbisogno di ferro della madre.
- Terzo trimestre. Le richieste di ferro del bambino sono soggette ad un ulteriore incremento (circa 5,6 mg/giorno) e per permettere una corretta ossigenazione della mamma e del bambino, i LARN suggeriscono un’assunzione di ferro non inferiore ai 27 mg/giorno.
Dove si trova il ferro: gli alimenti ricchi
In assenza di patologie metaboliche che compromettono l’assorbimento intestinale, è possibile ovviare alla carenza di ferro semplicemente introducendolo con la dieta. Magari scegliendo i cibi più ricchi di ferro, tra i quali spiccano:
- frattaglie: fegato, milza, ecc.
- Frutti di mare: ad esempio, cozze, ostriche, caviale.
- Carne rossa: bovina, equina.
- Tuorlo d’uovo.
- Legumi, lenticchie, fagioli, ecc.
- Cereali integrali, soprattutto l’avena.
- Frutta secca.
- Alcuni ortaggi a foglia larga: spinaci, indivia, radicchio verde.
- Alcuni tipi di pesce, come scorfano, occhiata, spigola, acciuga, cefalo, sarda, tonno, dentice, sgombro.
Integratori di ferro: quando assumerli
Assumere le sostanze nutritive attraverso l’alimentazione è preferibile. Ma, in particolari situazioni in cui l’individuo non riesca a raggiungere il fabbisogno indicato dai LARN con la dieta, per prevenire carenze di ferro è possibile fare uso di integratori alimentari.
Per assicurarsi un assorbimento ottimale di ferro si consiglia di assumere integratori a base di sali organici ferrosi (solfato, fumarato, o gluconato), piuttosto che sali ferrici, perché più facilmente assimilabili dall’organismo.
Inoltre, sono preferibili le preparazioni contenenti vitamina C, acido folico, e B12, che svolgono un’azione sinergica nel prevenire i disturbi da carenze di ferro.
Se non diversamente specificato, è consigliabile assumere integratori di ferro a stomaco vuoto, per evitare che alcuni elementi dall’azione antinutrizionale contenuti nel cibo possano limitarne la biodisponibilità.
I livelli di ferro contenuti negli integratori alimentari, solitamente, non sono tali da determinare problematiche da eccesso di ferro (rispettando i dosaggi indicati sulla confezione) ad ogni modo si rimanda alla consultazione del medico prima dell’assunzione.
Assorbimento del ferro
Il ferro, di cui necessitiamo per svolgere importantissime funzioni biologiche, viene normalmente introdotto nell’organismo con la dieta. La sua assimilazione attraverso gli alimenti avviene, però, molto lentamente e presenta alcune complicazioni correlate allo stato di ossidazione in cui esso si trova all’interno degli alimenti, oltre che alla natura degli stessi.
La capacità di un elemento, o composto chimico, di essere assorbito e metabolizzato dall’organismo, viene detta biodisponibilità.
Ma, non in tutti gli alimenti, anche a parità di quantitativo, il ferro presenta la stessa biodisponibilità. Quindi, a grandi linee si può affermare che questa è maggiore negli alimenti di origine animale, piuttosto che in quelli di origine vegetale.
Infatti, nei primi, la biodisponibilità è pari al 15-35%, ciò significa che, mediamente, di 100 grammi di ferro ingeriti, solo 15-30 g entrano nell’organismo e vengono utilizzati per svolgere le funzioni biologiche.
Invece, per quanto riguarda gli alimenti vegetali, la biodisponibilità è ulteriormente ridotta al 3-20%, a causa della presenza di fattori anti-nutrizionali, come fitati, ossalati ed altri composti che ne limitano l’assorbimento a livello intestinale.
In aggiunta, negli alimenti vegetali, il ferro, si trova più spesso nella forma non-EME (+3) richiede un ulteriore sforzo da parte dell’organismo per essere convertito (ridotto) a ferro EME (+2) e utilizzato al meglio.
Anche il calcio può limitare l’assorbimento di ferro se assunto in contemporanea, mentre cibi o preparazioni ricchi di vitamina C, lo incrementano.
Come l’organismo elimina il ferro
Con il termine escrezione si intendono tutti quei processi biologici che portano all’eliminazione di un dato elemento, o molecola, dall’organismo. L’escrezione di un determinato elemento può avvenire attraverso più vie di eliminazione, ed è proprio questo il caso del ferro.
Ma, la via preferenziale di eliminazione di questo minerale è rappresentata dalla desquamazione fisiologica degli epiteli, anche se in piccola parte viene espulso dall’organismo attraverso la bile, le feci, l’urina e il sudore.
Carenza di ferro e anemia
L’anemia è una condizione in cui non si hanno emoglobina o globuli rossi sufficienti a compensare le richieste di ossigeno di organi e tessuti.
Clinicamente si parla di anemia quando si soddisfa almeno una delle seguenti condizioni:
- Livelli di emoglobina nel sangue sono inferiori a 13 g/dl per l’uomo, o 12 g/dl per la donna (11 g/dl in caso di donne in gravidanza).
- Valori di ematocrito inferiori al 40% per l’uomo, o 37% per la donna.
Note: l’ematocrito è un indice della fluidità del sangue e si esprime con il rapporto percentuale tra corpuscolati (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) e plasma.
Esistono diverse forme di anemia e le loro complicanze possono avere conseguenze anche molto gravi, come compromissioni del sistema cardiocircolatorio ed infarto del miocardio.
Le cause di sviluppo di questa malattia possono essere di origine genetica (anemia mediterranea e anemia falciforme), o secondarie ad un’altra patologia (celiachia, malattie croniche intestinali, o epatiche). Ma possono anche svilupparsi a seguito di un’alimentazione sbilanciata, per carenze vitaminiche (B12, B9, C), o di ferro (anemia sideropenica).
Quest’ultima è la tipologia di anemia più comune. Quindi, lo scarso trasporto di ossigeno nel sangue è dovuto alla carenza di ferro, o a una sua disponibilità insufficiente nell’organismo, che gioca un ruolo cruciale per la sintesi dell’emoglobina, molecola responsabile degli scambi gassosi che avvengono nel sangue, di conseguenza, se scarseggia può determinare la condizione di anemia.
Per prevenire l’insorgenza di questa patologia, esclusi alcuni casi ereditari, legati a disfunzioni metaboliche e patologie, è opportuno seguire un regime alimentare bilanciato per quanto riguarda gli apporti vitaminici e di ferro.
Emocromatosi
L’emocromatosi è una malattia esclusivamente ereditaria, che comporta l’accumulo di ferro nell’organismo, per difetti in geni coinvolti nei meccanismi di regolazione del suo metabolismo.
Quindi, il ferro, non viene smaltito correttamente e si accumula nei tessuti, generando nel tempo fenomeni di tossicità, che possono portare gravi danni agli organi e comprometterne la funzione.
Ad oggi si conoscono 5 diversi geni, i cui “difetti” (polimorfismi) sono responsabili dello sviluppo di emocromatosi:
- HFE (tipo 1): trasmesso in forma recessiva.
- HFE2 (tipo 2A): trasmesso in forma recessiva.
- HAMP (tipo 2b): trasmesso in forma recessiva.
- TFR2 (tipo 3): trasmesso in forma recessiva.
- SLC40A1 (tipo 4): trasmesso in forma dominante.
Il primo organo comunemente colpito negli stadi avanzati di questa patologia è il fegato (sede principale del metabolismo del ferro), con lo sviluppo di cirrosi epatica, che può evolvere in epatocarcinoma.
Ma, altre gravi conseguenze dovute all’eccesso di ferro nell’organismo sono legate al sistema cardiocircolatorio:
- Scompenso cardiaco.
- Aritmie.
- Artropatia, ecc.
Per curare l’emocromatosi solitamente è possibile rimuovere il ferro in eccesso mediante una semplice terapia, che consiste nel prelievo periodico di quantità di sangue variabili a seconda del peso e del sesso. Solo in casi particolari questo metodo non è sufficiente ed occorre seguire approcci terapeutici mirati, in centri specializzati.
Conclusioni
Il ferro è un minerale essenziale per il nostro organismo, fondamentale per la produzione di emoglobina, la proteina dei globuli rossi che trasporta l’ossigeno ai tessuti.
La carenza di ferro può portare all’anemia, una condizione che causa stanchezza, debolezza e difficoltà di concentrazione.
Per garantirne un adeguato apporto, è importante includere nella dieta alimenti ricchi di ferro, come carne rossa, legumi, spinaci e frutta secca. Inoltre, per migliorarne l’assorbimento, è utile consumare cibi ricchi di vitamina C insieme a quelli contenenti ferro.
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Fonti
- Nutritional iron deficiency. The lancet, 370 (9586), 511-520.
- Antinutrients and “in vitro” availability of iron in irradiated common beans (Phaseolus vulgaris). Food Chemistry, 98 (1), 85-89.
- Iron metabolism and toxicity. Toxicology and applied pharmacology, 202 (2), 199-211.
- Total heme and non‐heme iron in raw and cooked meats. Journal of Food Science, 67 (5), 1738-1741.
- Iron deficiency anaemia – NHS.
- Iron deficiency anemia – Symptoms & causes – Mayo Clinic.