Sommario
Il tamarindo è assai noto le sue proprietà dissetanti e lassative. Questo frutto è ricco di acido tartarico che agisce come potente antiossidante, aiutando a proteggere il corpo umano dai radicali liberi dannosi. Inoltre, questo acido conferisce al frutto un sapore aspro. Sono molteplici le proprietà che si riconoscono alla polpa del frutto, ai semi e ad altre parti della pianta di Tamarindus indica e ciascuna di queste esercita benefici effetti sulla salute del nostro organismo.
Ma, nel nostro Paese e in tutto il mondo occidentale viene poco considerato come alimento. La polpa che si estrae dal frutto insieme ad altre parti della pianta sono conosciute e apprezzate per le loro numerose proprietà medicamentose. Inoltre, la polpa è abbondantemente presente come ingrediente di numerosissimi piatti, dolci e salati, e in numerose salse di condimento e bevande.
Il tamarindo costituisce un alimento che va oltre il confine della spezia, pur essendo considerato tale.
Tamarindo: che cos’è
Tamarindus indica L. è il nome con cui in botanica viene chiamata la pianta di Tamarindo.
È un albero sempreverde di grandi dimensioni che predilige un clima tropicale, originario dell’Africa orientale e del Madagascar. Il genere Tamarindus appartiene alla famiglia delle Papilionacee, anche detta delle Fabacee o delle Leguminose. La caratteristica delle piante di questa famiglia è quella di produrre baccelli contenenti semi, come appunto le fave e i legumi.
Infatti, il frutto dell’albero di tamarindo è un baccello dal guscio legnoso ma fragile di colore marrone, indeiscente, cioè che non si apre spontaneamente a maturazione avvenuta. Molto somigliante ad una grossa arachide, il baccello è di forma quasi cilindrica e dalle estremità arrotondate, liscio in superficie. In media, è lungo una dozzina di centimetri e largo un paio.
Tamarindo: valori nutrizionali
La parte polposa all’interno del baccello è la principale parte commestibile. Anche i semi possono rappresentare un’ottima fonte di nutrienti se opportunamente lavorati.
La polpa del frutto è composta di acqua per il 31%, per il 57% di zuccheri, per il 3% da proteine e per il 5% da fibre. Anche il contenuto di grassi è ragguardevole, 0,6%.
Quindi, è un alimento molto nutritivo, considerata anche la varietà degli elementi da cui è costituito. Infatti, costituisce una fonte ideale per tutti gli aminoacidi, eccetto il triptofano.
Acido tartarico
La polpa è ricca di acidi organici.
L’acido tartarico è quello preponderante con punte fine al 9%, seguito dall’acido citrico 4-6%, dal bitartrato di potassio 4,7-6% e da tracce di acido malico.
Contiene zuccheri di buona qualità, in media 20-35%, come destrosio e levulosio. È una ricca fonte di polisaccaridi non amilacei (NSP) o fibre alimentari come:
- emicellulose
- mucillagini
- pectine
- tannini.
Queste fibre aiutano a prevenire la costipazione, aumentando la massa e i movimenti intestinali.
Inoltre, contiene composti organici volatili essenziali come:
- limonene
- geraniolo
- safrolo
- acido cinnamico
- salicilato di metile
- pirazina
- alkylthiazole.
Tutti questi composti contribuiscono a rendere il tamarindo un alimento dalle spiccate proprietà medicinali.
Vitamine
Infine, l’analisi chimica del tamarindo evidenzia anche una rilevante quantità di vitamine, soprattutto del gruppo B, e di minerali in grande concentrazione, come:
- selenio
- potassio
- magnesio
- ferro
- fosforo
- calcio
- rame.
Tamarindo: benefici per la salute
Effetto lassativo e antidiarroico
È uno degli utilizzi più conosciuti della polpa di tamarindo. La medicina popolare di centinaia di anni fa già ne conosceva le applicazioni, come ci è stato abbondantemente tramandato.
Come preparare lo sciroppo in casa
In passato, ma ancora oggi a livello domestico, la polpa dei frutti di tamarindo veniva estratta dai baccelli o silique mediante un processo di purificazione che consisteva nell’immergere la polpa in acqua bollente.
Il liquido in cui si era disciolta la polpa veniva poi passato con un setaccio di crine e lasciato concentrare a fuoco lento fino a trarne un estratto molle, una massa nerastra di sapore decisamente acido.
Ancora oggi l’estratto è ampiamente usato nella medicina tradizionale sia come lassativo, sia come antidiarroico.
Dosaggio
Nel primo caso, a basso dosaggio (20-40 grammi), lo sciroppo ricavato dalla polpa del frutto permette alla funzione intestinale di regolarizzarsi.
Il suo contenuto di acido malico, acido tartarico e di potassio e l’alto contenuto di polisaccaridi non amilacei (NSP) cioè di fibre alimentari, aiutano a prevenire la costipazione, aumentando la massa e i movimenti intestinali.
Invece, a concentrazioni più alte (60-100 grammi) svolge un effetto lassativo, con il vantaggio di non provocare dolori colitici.
Trattamento della diarrea
Invece, per il trattamento della diarrea vengono usate le foglie del tamarindo, mentre nei casi di dolori addominali risultano molto efficaci le radici e le parti più morbide della corteccia, sotto forma di decotto.
Questi ultimi sono trattamenti non proprio a portata di mano, ma alcune erboristerie ben fornite potrebbero disporre di queste parti della pianta di tamarindo. Inoltre, alcuni prodotti farmaceutici utilizzano i principi attivi ricavati dalla pianta per ottenere dei prodotti di più facile utilizzo e distribuzione.
Curiosità
In Italia, già nel XVI secolo, il medico Pietro Andrea Mattioli, luminare della celeberrima Scuola medica salernitana, definiva il tamarindo come utile “per far muovere il corpo”.
Proprietà antiossidanti
Sia ai semi che alla polpa del tamarindo vengono attribuiti effetti antiossidanti. Infatti,Il frutto è un’ottima fonte di:
- flavonoidi
- tannini
- polifenoli
- antocianine
- proantocianidine oligomeriche
- composti fenolici
- vitamina C
- provitamina A (beta-carotene).
Queste sostanze sono una importante barriera di difesa antiossidante ad azione protettiva del nostro organismo.
Aiutano a contrastare l’effetto di alcuni composti reattivi dell’ossigeno (ROS) prodotti dall’organismo durante il normale metabolismo cellulare. Sono i noti “radicali liberi”, riconosciuti come responsabili dello sviluppo di molti stati patologici, quali:
- malattie cardiovascolari
- tumori, indebolimento dell’apparato visivo
- altri fenomeni connessi all’invecchiamento in generale, compresi demenza e l’Alzheimer.
Secondo i più recenti studi condotti, gli antiossidanti del tamarindo, in particolare dei semi, possono intervenire efficacemente nel rallentamento dei processi degenerativi che portano all’invecchiamento dell’organismo causato dai responsabili del danno ossidativo. (Santosh Singh Bhadoriya et al., 2011).
Anti colesterolo e ipotensivo
Studi epidemiologici hanno mostrato che i flavonidi presenti nei frutti del tamarindo hanno effetti benefici sul sistema cardiovascolare.
Infatti, l’assunzione di estratto del frutto ha determinato una riduzione dei livelli di colesterolo (LDL) e di trigliceridi nel sangue, favorendo aumenti di HDL (colesterolo buono).
Per questo motivo i frutti, ma anche i derivati dei semi del tamarindo sono consigliati come aiuto nutrizionale nei soggetti a rischio di patologie cardiovascolari legate ad un’eccessiva presenza di colesterolo nel sangue.
Anche i composti antiossidanti presenti nella polpa dei frutti hanno effetti benefici sul sistema cardiovascolare, proteggendolo dalle malattie causate dai radicali liberi per stress ossidativo.
Inoltre, il potassio ed il magnesio sono entrambi ben rappresentati nel frutto di tamarindo e costituiscono due componenti importanti dei fluidi cellulari e corporei che aiutano a controllare la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna. Altro minerale abbondante nel frutto è il ferro, essenziale nel processo di formazione di globuli rossi e come co-fattore per gli enzimi del citocromo ossidasi.
Proprietà dimagranti
L’alto contenuto di fibre genera una diminuzione nell’assorbimento dei grassi ed un migliore controllo dell’assorbimento degli zuccheri contribuendo alla prevenzione e al trattamento dell’obesità e dei disturbi metabolici associati, come malattie cardiovascolari, infarto e ictus.
Tamarindo e diabete
Il tamarindo è ampiamente usato come medicina tradizionale per la gestione del diabete mellito in India.
Ilnfatti, il diabete mellito di tipo I e II è causato da un rilascio anomalo di insulina dovuto ai danni derivanti dall’infiammazione cronica delle cellule ß degli isolotti pancreatici. L’estratto dei semi di tamarindo, in virtù delle sue proprietà antinfiammatorie, di regolazione del glucosio nel sangue e di difesa del tessuto pancreatico, mostra un’attività protettiva su queste cellule.
Quindi, l’estratto di tamarindo presenta eccellenti proprietà ipoglicemizzanti, tenendo bassi i livelli della glicemia nel sangue.
Recenti studi hanno evidenziato una correlazione positiva tra i livelli di calcio intracellulare [Ca²⁺] nel pancreas e il rilascio di insulina. L’azione antinfiammatoria dell’estratto è significativa e favorirebbe la neogenesi delle cellule β pancreatiche e il miglioramento del normale funzionamento della ghiandola.
Scopri lo studio su diabete e tamarindo.
Proprietà antibatteriche e antiparassitarie
Grazie al contenuto di polifenoli e flavonoidi, soprattutto nelle foglioline oltre che in diverse altre parti della pianta, si attribuiscono al Tamarindus indica proprietà antibatteriche e antiparassitarie.
I decotti e gli oli essenziali di tamarindo, oltre che come antimalarici e antimicrobici, vengono utilizzati comunemente per numerose infezioni, specialmente contro:
- Burkholderia pseudomallei (batterio responsabile della Melioidosi, malattia infettiva e contagiosa dei topi, trasmissibile all’uomo attraverso cibi e bevande contaminate)
- Klebsiella pneumoniae (che è causa di polmonite e di infezioni urinarie)
- Salmonella typhi e paratyphi (batteri della Salmonella responsabili della febbre tifoide e delle febbri enteriche in genere)
- Escherichia coli (che può causare infezioni a carico del tratto digerente, delle vie urinarie o di molte altre parti del corpo)
- Staphylococcus aureus (responsabile di infezioni suppurative acute in diversi distretti dell’organismo quali pelle, apparato scheletrico, apparato respiratorio, apparato urinario e sistema nervoso centrale)
- Pseudomona aeruginosa (un patogeno opportunista molto comune che produce infezioni soprattutto nei soggetti debilitati, immunocompromessi od ospedalizzati)
- Candida albicans (un fungo saprofita normalmente presente nel cavo orale, nel tratto gastrointestinale e nella vagina).
Tamarindo stimola il sistema immunitario
Il tamarindo stimola inoltre il sistema immunitario e riduce la presenza di parassiti nel sangue. Le sue proprietà antiparassitarie derivano dalla presenza di tannino soprattutto nei semi.
Infatti, questo lega le glicoproteine presenti sulla superficie esterna del parassita e ne causa la morte. Ad esempio, in India, alle sue foglie vengono attribuite anche proprietà antielmintiche, cioè in grado di uccidere ed espellere i vermi intestinali.
Effetti antinfiammatori, analgesici e antipiretici
La presenza di polifenoli e flavonoidi nelle foglie, nei semi e in altre parti della pianta, è associata ad effetti antinfiammatori e nocicettivi, sebbene non molto elevati.
Test fitochimici hanno mostrato la presenza di steroli e triterpeni nell’estratto di tamarindo, composti che possono essere responsabili dell’attività analgesica mostrata da tale pianta. Effetti analgesici sono stati studiati su modelli di dolore meccanico, chimico e scottature.
La polpa dei frutti possiede anche effetti antipiretici e antiflogistici. Inoltre, rappresenta un ottimo coadiuvante perché, oltre che abbassare la febbre, ha un effetto antimicrobico e antibatterico.
È indicato anche nei casi di febbri reumatiche.
Trattamento delle ferite epidermiche e di ulcere gastriche
Tamarindus indica è una delle piante più citate tra i rimedi della medicina tradizionale nella cura e nel trattamento di tagli, ferite e ascessi. La corteccia e le foglie sono le parti più comunemente utilizzate. Il medicamento viene realizzato sotto forma di decotto o impasto, anche in combinazione con altre componenti di piante diverse, e viene applicato sulla parte interessata.
Il potere antimicrobico e cicatrizzante risulta molto efficace.
Azione protettiva
Allo stesso modo, gli estratti del seme del tamarindo esercitano un’azione protettiva nei confronti delle ulcere gastriche provocate, ad esempio, da un eccessivo consumo di alcool o di altre sostanze che possono ledere le mucose.
Questo effetto si ritiene sia dovuto all’azione antiossidante e antinfiammatoria dei componenti polifenolici contenuti nei semi del tamarindo contro i radicali liberi. La fibra del tamarindo è particolarmente efficace anche nel proteggere la mucosa del colon legandosi a tossine potenzialmente pericolose, presenti negli alimenti.
Effetto digestivo e protettivo del fegato
Il frutto del tamarindo ha mostrato, già nella medicina popolare ma anche negli studi scientifici eseguiti, un’importante azione protettiva a vantaggio del fegato, nei disturbi legati alla formazione della bile e al normale funzionamento delle vie biliari e della cistifellea.
A questa proprietà corrisponde una migliore efficienza digestiva e la capacità del frutto di assicurare un efficace reintegro di minerali e di acidi organici, con conseguente effetto rinfrescante e rigenerante.
Trattamento oftalmico
La corteccia del tamarindo essiccata, pestata e poi aggiunta ad acqua, era usata in passato per il trattamento di infiammazioni oculari.
Oggi, grazie alle nuove tecnologie, l’utilizzo dei principi benefici del tamarindo in oftalmologia si sta notevolmente ampliando.
Sostituto lacrimale
Il TSP, Tamarind Seed Polysaccharide, è una frazione polisaccaridica purificata, neutra e idrosolubile, ottenuta dall’endosperma dei semi del tamarindo.
Recenti ricerche hanno inoltre dimostrato le sue potenzialità di utilizzo nell’industria farmaceutica, in ambito contattologico ed oftalmico. Il TSP è stato recentemente preso in considerazione come sostituto lacrimale di nuova generazione per via della somiglianza della sua struttura con le mucine presenti negli epiteli corneali e congiuntivali, determinando ottime proprietà muco-adesive da parte del polisaccaride.
Quindi, grazie alle sue proprietà bioadesive, mucoadesive e viscoelastiche, soluzioni contenenti il TSP hanno dimostrato un maggiore tempo di resistenza nel contatto con la superficie oculare rispetto ad altri sostituti lacrimali.
Controindicazioni e interazioni farmacologiche
Il tamarindo appartiene alla stessa famiglia delle leguminose e per questo potrebbe causare le stesse reazioni allergiche in chi è già sensibile ai legumi. I sintomi sono quelli classici di:
- eruzioni cutanee e prurito
- vertigini
- difficoltà respiratorie
- vomito.
Interazioni con alcuni medicinali
Inoltre, può interagire con l’assunzione di alcuni medicinali.
Ad esempio, con l’ibuprofene può determinare un aumento della sua biodisponibilità nel sangue. Invece, con l’acido acetilsalicilico, ovvero l’aspirina, può insorgere il rischio di sanguinamento.
Lo stesso accade nei casi di soggetti sotto trattamento con fluidificanti del sangue o con antinfiammatori e FANS. Chi soffre di diabete e assume farmaci contro eccessi glicemici nel sangue deve tener conto che il tamarindo ha una forte componente zuccherina, sebbene al frutto vengano riconosciute proprietà ipoglicemizzanti.
Pertanto, è bene assumerne quantità moderate. In tutti questi casi è sempre consigliato il preventivo parere del medico curante.
Effetti collaterali
Tra gli effetti collaterali va tenuto presente che un uso prolungato di tamarindo può comportare il deterioramento dello smalto dei denti a causa dell’eccessiva acidità del frutto.
Per quanto riguarda le altre parti della pianta, come ad esempio la parte interna dei semi, recenti studi (Lida et al.) hanno riferito che non si registrano particolari effetti tossici o collaterali, oltre a quelli già riferiti.
Il tannino e altri componenti dei semi di tamarindo possono appesantirne la digestione, quindi si consiglia di assumerlo con acqua calda.
Come consumare il tamarindo
I baccelli possono essere trovati in vendita al naturale sia freschi che essiccati, soprattutto nei negozi etnici o nei punti vendita ben forniti della grande distribuzione.
Dai baccelli si estrae la polpa interna che avvolge i semi, anch’essi commestibili se privati del loro duro rivestimento.
Al momento dell’acquisto è preferibile scegliere quelli con l’involucro integro e, soppesandoli, quelli che appaiono pieni di polpa.
Il tamarindo si sguscia come un’arachide, avendo l’accortezza di non deteriorare la polpa appiccicosa sottostante, che comunque ha un aspetto compatto. Estratta la polpa, la si separa dai semi con l’aiuto di un coltello.
Dopo essere stata pulita, la polpa di tamarindo può essere utilizzata tal quale oppure subire un successivo trattamento di purificazione per dissoluzione in acqua bollente e di concentrazione (sia per cottura a bagnomaria che per essiccazione al sole).
Preparazione di bevande, infusi e sciroppo
In questo modo, può essere utilizzata per la preparazione di bevande, infusi o sciroppi rinfrescanti e rigeneranti, oppure per la produzione di prodotti dolciari, come caramelle e marmellate, gelatine, canditi o frutta secca.
Le differenti preparazioni si ottengono tutte a partire dalla polpa dei frutti. La polpa già pronta che si trova in commercio può essere definita “greggia” o “depurata” in dipendenza dal contenuto o meno di parti del frutto, miste a semi, o a foglie.
La polpa si presenta bruna oscura, quasi nera (tamarindo bruno o nero), oppure bruna rossastra (tamarindo rosso o biondo).
Uso delle foglie e radici
Puoi preparare bevande, decotti e infusi di tamarindo con altre parti della pianta, ovvero le foglie e le radici.
Infatti, queste parti hanno anche proprietà differenti da quelle del frutto, come quelle antiossidanti e protettive delle funzioni epatiche.
Nelle erboristerie fornite è possibile acquistare le foglie essiccate del tamarindo. In alternativa, è possibile ricorrere alle bustine già pronte.
L’utilizzo dello sciroppo di tamarindo si spinge fino alla preparazione di un liquore dal sapore particolarmente aspro, nella cui formulazione è prevista anche l’aggiunta di gin e succo di limone.
Baccelli e estratti fatti in casa: conservazione
I baccelli di tamarindo possono essere conservati per circa tre settimane, purché custoditi in un luogo fresco e asciutto.
Invece, l’estratto realizzato in casa va tenuto in frigorifero dove può resistere anche fino a sei mesi. Per conservarlo adeguatamente è importante utilizzare recipienti in legno, ceramica o plastica, mai di ferro o rame.
Per gli altri prodotti acquistati già confezionati, controllare la data di scadenza impressa sulle confezioni.
Marmellata di tamarindo
La conserva di tamarindo è un prodotto che facilmente si trova in commercio.
Quella in vendita in farmacia, solitamente è miscelata con altre erbe dalle proprietà lassative ed è indicata più specificatamente a quello scopo. La marmellata di tamarindo è possibile realizzarla anche a livello domestico: è un ottimo condimento per accompagnare cibi saporiti e salati, come ad esempio i formaggi.
Analogamente, si possono preparare gelatine o aggiungere l’estratto come edulcorante acidulo nella tecnica galenica per la correzione del sapore di alcuni preparati.
Usi alternativi del tamarindo
Oltre all’uso gastronomico e farmacologico, il tamarindo viene impiegato per la preparazione di prodotti cosmetici.
In India, il tamarindo è usato come colorante e per la concia del tabacco.
Usi in cucina
La polpa del tamarindo viene anche utilizzata in pasta, generalmente in combinazione con altre spezie, come condimento agrodolce, soprattutto per le carni cucinate alla griglia o per la preparazione di zuppe di verdure o di piatti a base di pesci o crostacei.
È una sorta di crema viscosa marrone scura venduta talvolta sottovuoto. Il suo odore ha un delicato aroma fruttato. Il sapore è aspro, molto fruttato e, per apprezzarne le caratteristiche, va aggiunto ai cibi sia direttamente nel piatto in cottura, sia a crudo sul cibo o in aggiunta alle salse.
Usi in cucina in Italia
Nel nostro Paese, così come nell’area geografica definita “occidentale”, l’utilizzo del tamarindo in cucina è assai raro e limitato.
Viene impiegato nella preparazione di bevande rinfrescanti, decotti, tisane e nella preparazione di alcuni prodotti dolciari, o al massimo come ingrediente della salsa Worcester.
Gli amanti di una certa cucina orientale e mediorientale, invece, sanno perfettamente che il tamarindo è un ingrediente fondamentale per la preparazione di molti piatti, dove il sapore agrodolce è una consuetudine.
Cucina internazionale
La cucina indiana e quella del sud-est asiatico ne fanno un abbondante uso, sotto qualsiasi forma, dalla semplice preparazione di delicate salse, condimenti chutney ad elaborate ricette curry e minestre di verdure e pesce o di verdure e legumi, nonché pietanze di carne o pesce.
Una delle più semplici preparazioni è il “Rasam”, conosciuto anche con il nome di “Saaru in Kannada”.
Rasam in lingua Tamil significa “succo” ed è una zuppa speziata con tamarindo, pomodori ed erbe aromatiche. Le spezie più utilizzate sono:
- senape
- cumino
- fieno greco
- pepe nero.
Una zuppa molto digestiva e popolare nell’India meridionale, alla portata di tutti e molto gradita anche dai bambini, nella versione senza pepe o peperoncino.
Chutney di tamarindo
Il chutney di tamarindo (saunth ki chatni) si prepara con la pasta di tamarindo unita a peperoncino, zenzero, coriandolo e sale. L’aggiunta di zucchero permette di regolare il grado di agrodolce, che in alternativa può essere esaltato con l’aggiunta di datteri, zucchero di palma o di canna. A questi si possono aggiungere semi di cumino, semi di nigella (o cumino nero – kalonji) e semi di finocchio.
Come gran parte dei chutney, anche quello con il tamarindo è caratterizzato da una decisa piccantezza e dal sapore agrodolce.
Invece, più vicino al gusto Thai, è il chutney di cocco, un condimento composto da un trito di polpa grattugiata di una noce di cocco, peperoncini verdi e purè di tamarindo, al quale si aggiungono semi di senape nera e di coriandolo saltati in padella col ghee (il burro chiarificato della cucina ayurvedica).
Tamarindo: botanica
La pianta è longeva e può raggiungere quasi due secoli di età.
La sua vasta chioma può raggiungere un’altezza di circa 25 metri. Sebbene abbia una crescita molto lenta con uno sviluppo di circa 60 centimetri l’anno, offre una straordinaria solidità. Grazie alle sue radici profonde e ramificate, l’albero del tamarindo riesce a stabilizzare il suolo e a formare una barriera frangivento. Inoltre, la sua densa chioma non consente la crescita del sottobosco e, per questa ragione, offre anche una buona protezione dalla propagazione di piccoli incendi.
Pianta
La pianta sviluppa un fusto centrale basso, tozzo, di legno duro con una corteccia ruvida marrone-grigiastra. Il tronco può raggiungere un diametro di oltre 2 metri e da questo si sviluppano i rami che costituiscono la parte aerea. Le ramificazioni sono molto dense, lunghe e pesanti, tanto che si piegano con facilità. Nelle coltivazioni i rami vengono spesso potati per ottimizzare la densità e facilitare la raccolta dei frutti.
La corona dell’albero ha quindi una conformazione molto irregolare, a forma di vaso, costituita da una cospicua densità fogliare.
Le foglie sono piccole (meno di 3 cm) glabre, con un corto picciolo, sono pennato-composte cioè raggruppate in rametti che ne ospitano da 10 a 18 paia, disposte in modo alterno e paripennate. Sono di colore verde lucido nella pagina superiore e verde pallido in quella inferiore. La loro forma è leggermente oblunga, ellittico-ovulare.
Fiori di tamarindo
I fiori di tamarindo sono ermafroditi, poco appariscenti ma gradevolmente profumati.
I boccioli sono di color rosato, completamente racchiusi da due bratteole che cadono molto presto quando il fiore si apre.
Sono larghi poco più di 2 cm, formati da quattro sepali e da cinque petali, dei quali solo i tre superiori sono ben sviluppati e di colore giallo con striature arancioni o rosse.
Le infiorescenze sono raggruppate in piccoli racemi di circa 20 cm.
La fioritura generalmente si verifica nello stesso periodo in cui avviene la crescita di nuove foglie, che nella maggior parte delle aree avviene durante la primavera.
Produzione
I frutti si raccolgono in primavera-estate. La pianta fruttifica molto tardi, tra i 7 e i 12 anni dopo la semina. La rendita dei baccelli si stabilizza intorno ai 15 anni.
Il periodo così lungo che precede la prima fruttificazione ha dato vita ad un famoso proverbio in Oriente, ovvero: “chi pianta tamarindi non raccoglie tamarindi”.
La pianta rimane produttiva fino ad età avanzata, rendendo ogni anno fino a 150 kg per albero.
Trattandosi di una specie tropicale, il tamarindo cresce bene in pieno sole ed è sensibile al gelo.
Il tamarindo predilige terreni acidi argillosi misti di terriccio e sabbia. Può resistere alla siccità perdendo le foglie, nonché a brevi inondazioni occasionali. Cresce anche in prossimità delle aree costiere e resiste a leggere spruzzate di acqua salina. È molto sensibile al gelo e non cresce bene sotto i 7 ° C.
Tamarindo: cenni storici
Il nome del tamarindo deriva, dall’arabo tamar= dattero ed hindi= indiano, cioè “dattero dell’India”. La spiegazione risiede nella forma dei baccelli che hanno l’aspetto simile ad un dattero o ad un dito (dactylus).
L’albero del tamarindo fin dall’antichità ha avuto una vasta diffusione in tutta l’Asia tropicale, particolarmente nel subcontinente indiano.
Sembra abbia raggiunto l’Asia meridionale ad opera degli scambi tra le popolazioni arabe e quelle indiane, che ne favorirono la coltivazione già diverse migliaia di anni prima di Cristo. Infatti, il tamarindo è stato spesso segnalato come indigeno in India, dove è conosciuto come “imli” in lingua Hindi-Urdu e dove viene festeggiato ogni novembre, in quanto l’albero è legato al matrimonio di Krishna secondo la mitologia Hindu.
Invece, sappiamo che è originario dell’Africa orientale dove cresce spontaneamente in:
- Etiopia
- Tanzania
- Sudan
- Madagascar
- Zambia
- Kenya.
Si è poi esteso in luoghi diversi, sia in Asia Sud-orientale, ma anche nella parte occidentale del continente africano, come in Camerun e in Nigeria. Si trova allo stato selvatico anche nella penisola arabica, in Oman, nel Dhofar, dove cresce sulle pendici montane affacciate sul mare.
Medioevo e espansione del tamarindo
Nel Medioevo, i crociati impegnati nelle varie “guerre sante” ebbero modo di entrare in stretto contatto con la cultura araba.
Da questa appresero, tra l’altro, nozioni sul consumo dell’essenza di tamarindo, che all’epoca era già molto diffuso tra gli Arabi, trasferendole poi nelle proprie terre d’origine.
Ma gli Arabi, in Europa, avevano già avuto modo di riportare le proprie conoscenze sul frutto, testimoniandone l’apprezzamento e divulgandone le proprietà nel campo della medicina tradizionale.
Il medico Ali Alhervi, già agli inizi del IX secolo, paragonava l’azione lassativa del tamarindo a quello delle prugne della Siria.
Invece, il medico Abd-al-Latif (1150-1220), che esercitava a Bagdad, per il mal di denti consigliava un infuso di tamarindo e canfora.
Ma, furono gli spagnoli, nel XVII secolo, che introdussero la pianta nel Nuovo Mondo ovvero nelle “Indie occidentali”, dove è coltivato ancora oggi. Il tamarindo venne trapiantato prima nelle Antille, dove diede vita a una varietà a frutti corti oligospermi chiamata “Tamarindus occidentalis” per distinguerla dalla varietà Afro-asiatica a frutti lunghi, chiamata “Tamarindus orientalis”.
Successivamente, la diffusione della pianta interessò il resto dell’area caraibica e il centro America, particolarmente il Messico. I portoghesi contribuirono a portare la coltivazione anche in altre aree del continente sud-americano, soprattutto in Brasile.
Paesi produttori
La coltivazione di Tamarindo oggi interessa anche:
- Australia settentrionale
- Oceania
- Taiwan
- Cina
- alcune parti della Florida.
Attualmente, l’India è il più grande produttore di tamarindo.
Ottime produzioni provengono anche dal Pakistan, dal Bangladesh e dalla Nigeria, seguiti da molti altri paesi tropicali, dove viene impiegato in medicina tradizionale, oltre che come alimento fondamentale. Le abitudini alimentari del subcontinente indiano hanno contribuito a consolidare nel tempo la rilevanza produttiva del tamarindo e la sua diffusione è dovuta proprio al suo ruolo centrale nelle cucine di tutto il sud-est asiatico.
È proprio nelle zone aride dell’Asia che il tamarindo cresce abbondantemente ed il suo frutto, quando maturo, viene esportato fresco, essiccato ed anche in forma di estratto o di pasta, in più di sessanta paesi.
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Link esterni
- Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti- USDA.