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Dieta a Zona: cos’è, come funziona, esempio di menù, benefici e critiche

Dieta a Zona: cos'è, come funziona, esempio di menù, benefici e critiche

La dieta a Zona, o dieta Zona, è un programma alimentare iperproteico e low-carb che si basa sul rispetto di una precisa proporzione tra i carboidrati, le proteine e i grassi assunti. Una dieta che promette di favorire il dimagrimento, prevenire le malattie e aumentare l’efficienza mentale, ma che è anche molto criticata per lo sbilanciamento tra i nutrienti e i rischi per la salute che può comportare.

Di cosa si tratta? Come funziona? Quali sono i suoi benefici e quali i pericoli e le controindicazioni? Scopri tutto sulla dieta a Zona nel nostro approfondimento.

Dieta a Zona: cos’è

La dieta a Zona è una dieta low-carb e iperproteica che ruota intorno alla regola del 40-30-30: si basa, cioè, su un preciso bilanciamento tra i macronutrienti, che prevede che, sia durante i pasti principali che negli spuntini, il 40% delle calorie provenga dai carboidrati, il 30% dalle proteine e il 30% dai grassi. Questa proporzione è finalizzata a mantenere un preciso equilibrio ormonale e alla modulazione della glicemia per favorire la salute, il controllo del peso e la riduzione dei livelli di infiammazione dell’organismo.

Storia

La dieta a Zona è stata ideata dal biochimico americano Barry Sears, studioso di lipidi, che attraverso ricerche sugli eicosanoidi, ormoni che sovrintendono a moltissime funzioni dell’organismo, ha scoperto che il loro corretto equilibrio può essere determinante per il benessere e la salute. Questo l’ha portato a elaborare una strategia nutrizionale in grado di modularne la produzione.

Ma perché “zona”? Questo termine, per gli sportivi, identifica quello stato di forma fisica e mentale in cui è possibile migliorare le prestazioni. Una condizione difficile da raggiungere, ma che quando si raggiunge, in gergo “si è in zona”, rappresenta lo stato ideale per l’organismo.

I primi su cui Sears ha testato il suo metodo alimentare sono stati proprio dei grandi atleti: la dieta a Zona punta ad estendere i benefici della “zona” per gli sportivi a tutti coloro che hanno un’attenzione verso il benessere e la forma fisica.

A partire dagli studi di Sears, sono state elaborate rivisitazioni della dieta a Zona. E’ nata così la Zona Italiana, che segue i criteri 40/30/30 di quella originaria americana, ma introduce nelle sue tabelle nutrizionali anche alimenti tipicamente mediterranei.

Un esempio è la dieta a zona di stampo mediterraneo elaborata dal dottor Gabriele Buracchi. Evoluzioni ulteriori sono la dieta a Zona vegetariana e vegana.

La dieta a Zona per l’equilibrio ormonale

La dieta a zona parte dal presupposto che l’organismo sia un complesso congegno metabolico che risponde in modo attivo al cibo che ingerisce. In particolare, le nostre scelte alimentari permettono di modulare ormoni che giocano un ruolo cruciale su benessere e peso.

Tra questi, insulina, glucagone ed eicosanoidi. La dieta a Zona, attraverso una precisa ripartizione dei nutrienti, punta a mantenere i livelli di questi ormoni entro valori fisiologici ottimali. Questo produce come conseguenza la riduzione dell’infiammazione nell’organismo, la prevenzione di malattie croniche come diabete e cardiopatie, il controllo del peso.

Insulina e glucagone

Insulina e glucagone sono due ormoni endocrini che svolgono principalmente la funzione di controllare i livelli di fluttuazione dei macronutrienti, tra cui gli zuccheri, nel sangue.

L’insulina, detta anche ormone dello stoccaggio, viene prodotta dalle cellule beta del pancreas e regola l’ingresso del glucosio all’interno delle cellule, che lo useranno come principale carburante per l’organismo.

Se la concentrazione di glucosio è adeguata, le cellule ricevono la giusta quantità di carburante, se invece la concentrazione è troppo elevata il fegato trasforma gli zuccheri in eccesso in grassi, che vengono poi accumulati nel tessuto adiposo.

Il glucagone è l’ormone antagonista dell’insulina e svolge la funzione opposta: aiuta cioè il rilascio dell’energia stoccata nelle cellule. Se quindi la secrezione di glucagone aumenta, l’organismo sarà spinto a utilizzare l’energia, accumulata sotto forma di grassi, come carburante per le sue attività.

La dieta a Zona, attraverso l’alimentazione, modula il rilascio di questi due ormoni, attuando un controllo della glicemia.

Gli eicosanoidi

Gli eicosanoidi sono un’importante categoria di ormoni che regola molte funzioni fondamentali dell’organismo, come il sistema cardiovascolare, la coagulazione del sangue, la funzione renale, la risposta immunitaria, l’infiammazione.

Questi ormoni si dividono in due tipologie, “buoni” e “cattivi”, a seconda che svolgano una funzione antinfiammatoria o proinfiammatoria.

Più in dettaglio, fanno parte degli eicosanoidi diverse famiglie di sostanze (prostaglandine, tromboxani, leucotrieni). Alcune, soprattutto quelle derivate dall’acido arachidonico (omega-6), aumentano le reazioni allergiche, la proliferazione cellulare, la pressione sanguigna, le reazioni infiammatorie, l’aggregazione piastrinica, la trombogenesi e il vasospasmo, producono il colesterolo LDL e diminuiscono il colesterolo HDL.

Quelle derivate da EPA e DHA (omega-3), hanno effetti opposti, cioè antinfiammatorio e antiaggregante.

L’equilibrio tra i due garantisce il corretto funzionamento dell’organismo. Come nel caso di insulina e glucagone, la dieta a Zona punta a modulare, attraverso l’alimentazione, la produzione di eicosanoidi “buoni” e eicosanoidi “cattivi” per mantenere e promuovere uno stato di salute e benessere.

Le calorie non contano

La dieta a Zona mette quindi l’accento sulla risposta ormonale dell’organismo agli alimenti e ai diversi nutrienti, in contrasto con tutte le teorie che assegnano alle calorie un posto centrale all’interno di una strategia finalizzata alla salute e alla perdita di peso.

Secondo i principi della dieta a Zona le calorie, che rappresentano lo strumento più utilizzato per stabilire quanto mangiare, per scegliere gli alimenti, per comporre le ricette e i pasti, non sono il modo migliore per valutare il cibo.

Un esempio: dal punto di vista calorico carboidrati e proteine sono equivalenti, perché entrambi apportano 4,1 calorie per grammo. Ma la risposta ormonale che inducono è opposta: i carboidrati stimolano la produzione di insulina, le proteine agiscono sul glucagone.

Secondo i principi della dieta a Zona, non tenere conto di questo aspetto può portare a conclusioni sbagliate sulla causa dell’aumento di peso. Questo non significa che per dimagrire si debbano mangiare solo proteine, vuol dire però che le calorie non sono gli unici parametri da considerare per impostare una corretta alimentazione.

Dieta a Zona: i benefici

Ecco i principali benefici che la dieta a Zona permette di ottenere. Questi effetti positivi sono una conseguenza del controllo della glicemia e della riduzione o prevenzione dello stato infiammatorio dell’organismo.

Dieta a Zona: le regole

Sono 4 i principi di base su cui si fonda la dieta a zona:

Il sistema dei blocchi

Il cardine intorno al quale ruota la dieta a Zona è il sistema dei blocchi. Il blocco è lo strumento che permette di abbinare correttamente i cibi, dal punto di vista sia della qualità che della quantità.

Ogni persona, a seconda dell’età, del sesso, della vita più o meno attiva che conduce, ha un diverso fabbisogno alimentare, che si traduce in un maggiore o minore numero di blocchi. Il blocco è quindi il mattoncino che, da solo o combinato con altri, costituisce la base di tutti i pasti della giornata.

Ogni blocco completo è composto da 3 blocchetti, o miniblocchi, di carboidrati, proteine e grassi.

1 blocco = 1 miniblocco di carboidrati + 1 miniblocco di proteine + 1 miniblocco di grassi

Sia i blocchi che i miniblocchi devono rispettare la proporzione 40-30-30 tra carboidrati, proteine e grassi.

In dettaglio, ciascun blocco contiene:

Ma come fare a sapere quali cibi portare in tavola per comporre un blocco e in quali quantità? La dieta a Zona mette a disposizione di chi la segue delle tabelle: basta scegliere un alimento per ciascun macronutriente e utilizzare il quantitativo indicato in tabella, che corrisponde a un miniblocco.

Ecco qualche esempio per ogni miniblocco.

Sul mercato sono presenti anche snack creati ad hoc che contengono la ripartizione esatta del blocco, integratori e dolcificanti a marchio Zona. Esiste una gamma di prodotti a marchio Enerzona, che in Europa identifica in maniera esclusiva la Diet Zone ideata da Barry Sears, che fornisce la giusta combinazione di nutrienti per costituire un blocco.

L’uso di questi prodotti semplifica la gestione della dieta, ma ne fa aumentare anche i costi e non è indispensabile.

Come iniziare la dieta a Zona: guida step by step

Il primo passo per “entrare in zona” è calcolare il proprio fabbisogno alimentare, iniziando dalla quota proteica da assumere ogni giorno. Questa quota determinerà il numero di miniblocchi di proteine, e quindi anche degli altri nutrienti, da prevedere nell’arco della giornata e suddividere nei vari pasti.

Ecco i 4 step da seguire:

1 – Calcola la massa magra

Utilizza questa formula:

Massa magra = peso totale – % di grasso corporeo.

Per misurare la percentuale di grasso puoi usare uno strumento come il plicometro.

2 – Individua il tuo indice di attività fisica

L’indice di attività fisica ti servirà, insieme al valore della massa magra, per calcolare la quota proteica da assumere.

Puoi basarti su questi valori di riferimento:

I diversi valori dell’Indice di attività fisica corrispondono ai grammi di proteine per kg di massa magra da assumere, calcolate sulla base dello stile di vita più o meno attivo.

3 – Calcola la quota proteica quotidiana

Utilizza questa formula:

Quota proteica quotidiana in g = massa magra in kg x indice di attività fisica.

4 – Calcola i miniblocchi di proteine da consumare

Sulla base della quota proteica, potrai calcolare il numero di miniblocchi di proteine da consumare quotidianamente. Dato che, nella dieta a Zona, il rapporto tra i miniblocchi dei diversi nutrienti è 1:1, ogni giorno dovrai consumare anche lo stesso numero di miniblocchi di carboidrati e grassi.

Esempio: se la tua quota proteica è 100 g, dato che ogni miniblocco di proteine corrisponde a 7 grammi, dovrai consumare ogni giorno 100:7 = 14,2 miniblocchi di proteine (da approssimare a 14), quindi 14 miniblocchi di proteine + 14 miniblocchi di carboidrati + 14 miniblocchi di grassi, per un totale di 14 blocchi da distribuire nei vari pasti della giornata.

On line sono disponibili dei calcolatori che, sulla base del tuo sesso, del tuo peso, della tua altezza e delle tue misure, calcolano il tuo fabbisogno di proteine, carboidrati e grassi e in quanti blocchi distribuirlo nell’arco della giornata.

Esempio di suddivisione dei blocchi nell’arco della giornata

Ecco qualche esempio per comprendere come suddividere i blocchi nell’arco della giornata, per un uomo e per una donna con diversi fabbisogni alimentari:

Esempi di pasti

Come abbiamo visto, i diversi pasti della dieta a Zona sono composti da più blocchi, a seconda delle caratteristiche di chi segue la dieta e del suo fabbisogno alimentare.

Si va da un minimo di 3 blocchi per una donna a un massimo di 5 blocchi per un uomo, fino a 6 blocchi per un atleta.

Un pasto da 3 blocchi, per esempio, è composto da:

Ecco qualche esempio.

Dieta a zona: esempio di spuntino da 1 blocco

Dieta a zona: esempio di pranzo o cena da 3 blocchi

L’alternativa ai blocchi: il metodo della mano

Per mettere in pratica la Zona, l’alternativa al metodo dei blocchi è il metodo a occhio, o metodo della mano. Si tratta di un sistema non preciso, meno accurato di quello con i blocchi, ma molto utile per chi vuole seguire la Zona senza dover prestare troppa attenzione a pesare i cibi e per i pasti fuori casa, quando il sistema dei blocchi può essere complicato da usare.

Si chiama così perché consente di misurare i quantitativi di un pasto attraverso la propria mano. Ecco come funziona.

Il resto del piatto può essere riempito con verdure (insalata, pomodori, spinaci, melanzane…)

Il metodo a punti

Un terzo sistema per seguire la dieta a Zona è quello dei “punti”. E’ l’ultimo metodo ideato da Barry Sears e differisce dagli altri due nelle finalità.

Il metodo a blocchi e quello a occhio hanno come obiettivo il bilanciamento dei macronutrienti, ovvero mirano a garantire il mantenimento del rapporto 40-30-30 tra carboidrati, proteine e grassi.

Il metodo a punti è finalizzato a limitare il carico glicemico complessivo di un pasto, ovvero la velocità di ingresso del glucosio nel sangue a fronte della quantità dei carboidrati assunti.

Questo metodo è quindi funzionale al rispetto di uno dei principi fondanti della dieta a Zona, ovvero quello di limitare il consumo dei carboidrati ad alto indice glicemico e privilegiare quelli a basso e medio IG, come frutta e verdura.

Un pasto rientra nelle logiche della dieta a Zona se, oltre a rispettare la proporzione 40-30-30 tra i macronutrienti, è al di sotto di una certa quota di punti, ovvero di una certa quota di carico glicemico.

La quota di punti da non superare a ogni pasto è di:

Quanti punti ha ogni alimento?

Nel volume del 2005 “The Anti Inflammation Zone”, pubblicato in Italia col titolo “Prevenire con la Zona”, il primo in cui Sears teorizza il metodo a punti, è presente una tabella che spiega, con alcuni esempi, a quanti punti corrispondono alcuni tra i cibi di più comune utilizzo, indicandone anche le quantità.

Come applicare correttamente la dieta a Zona a tavola: cibi da mangiare e da evitare

Proteine: magre e da fonti animali e vegetali

Il fulcro intorno al quale ruota la preparazione di un pasto completo e bilanciato sono le proteine. E’ importante prediligere una fonte favorevole (proteine magre) come carni bianche (pollo, tacchino), pesce, uova, legumi e derivati (per esempio i derivati della soia). Le carni rosse dovrebbero invece essere consumate con moderazione.

E’ importante, anche se non si segue una dieta vegetariana, inserire fonti di proteine vegetali almeno in alcuni pasti della settimana, per ridurre il carico di proteine animali.

Pochi carboidrati, meglio se a basso Indice Glicemico

Seguire la dieta a Zona richiede una forte attenzione alla “risposta glicemica” che ogni alimento provoca a livello del sangue, quindi alle sue conseguenze sui livelli di insulina e glicemia. Per questo, è fondamentale non solo introdurre una quota adeguata di carboidrati (il 40%), ma anche scegliere quelli con un carico glicemico basso, per evitare picchi di insulina. Le fonti di carboidrati da preferire sono verdura cruda e frutta matura.

Il consumo di carboidrati ad alto IG, come pane, pasta e pizza, deve essere invece molto limitato.

Frutta e verdura in abbondanza

Frutta e verdura hanno un’importanza fondamentale nella dieta a Zona e devono essere consumate in abbondanza. Aiutano infatti a controllare l’assorbimento degli zuccheri, evitando le impennate di insulina provocate dai glucidi. La frutta, inoltre, contribuisce all’azione antinfiammatoria della dieta a Zona grazie alla sua ricchezza di polifenoli ad effetto antiossidante.

Bisogna naturalmente privilegiare quelle che inducono una risposta insulinica moderata, limitando le verdure amidacee (come carote e barbabietole) e la frutta molto zuccherina, come le banane e i fichi.

Grassi: limitare i saturi, occhio al giusto bilanciamento omega 3 / omega 6

Nella dieta a Zona è importante limitare il consumo di grassi saturi, preferendo per esempio le carni bianche a quelle rosse.

I grassi aggiunti da prediligere sono quelli di origine vegetale come l’olio di oliva, le noci o le mandorle. Se si consumano carni o formaggi grassi, è bene ridurre le dosi di grassi o non utilizzare il miniblocco dei grassi perché questi nutrienti sono già presenti negli alimenti insieme alle proteine.

Un discorso a parte meritano gli acidi grassi omega 3 e omega 6. Questi acidi grassi essenziali sono precursori degli eicosanoidi, quindi la dieta a Zona, che è finalizzata a modulare la loro produzione attraverso l’alimentazione, suggerisce un riequilibrio fra acidi grassi omega 6, precursori degli eicosanoidi “cattivi”, e gli omega 3, precursori degli eicosanoidi “buoni”: il rapporto fra omega 3 e omega 6 dovrebbe infatti essere 1:4, mentre il valore tipico dei regimi alimentari dei Paesi occidentali industrializzati è in media 1:10.

Per questo motivo, la dieta a Zona raccomanda di assumere con regolarità cibi ricchi di omega 3 (come pesce azzurro, noci, olio di semi di lino, avocado) o, se necessario, prevedere delle integrazioni.

Dieta a Zona: critiche

Sono tante le critiche mosse alla dieta a Zona dalla comunità scientifica. Ecco le principali.

Sbilanciamento tra i nutrienti e apporto proteico troppo elevato

La dieta a Zona è considerata una dieta iperproteica, che prevede un consumo troppo elevato di proteine, sia in assoluto che in rapporto agli altri macronutrienti, a discapito dei carboidrati. Le critiche sottolineano che l’apporto proteico della dieta a Zona sia superiore al fabbisogno raccomandato dai LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento per la popolazione italiana), che per un maschio adulto è di 0,71 g per kg di peso al giorno (le indicazioni della dieta a Zona prevedono un apporto che supera 1 g per kg di peso al giorno).

Dal punto di vista del bilanciamento dei nutrienti, il rapporto 40-30-30 tra carboidrati, proteine e grassi è molto distante dai principi della dieta Mediterranea, che prevede questa ripartizione delle calorie quotidianamente assunte:

Potere chetogenico

Secondo alcune critiche, la dieta a Zona, a causa della forte riduzione dei carboidrati che prevede, determina la produzione di corpi chetonici, che l’organismo utilizza come fonte di energia al posto degli zuccheri. Queste sostanze, che vengono sviluppate come conseguenza di un’alterazione del metabolismo, determinano una condizione tossica per l’organismo, soprattutto a carico dei reni, costretti ad uno sforzo per eliminare i chetoni.

Dubbi sulla capacità di controllo dei livelli di insulina

Una delle critiche alla dieta a Zona mette in discussione il suo principio fondante, ovvero la sua capacità di controllare i livelli di insulina, evitandone i picchi, che deriverebbe dal fatto che questa dieta abbina ai carboidrati anche proteine e grassi.

Questo accostamento, secondo gli ideatori della dieta a Zona, permetterebbe di modulare i livelli di insulina perché le proteine favoriscono la produzione di glucagone (ormone antagonista dell’insulina), mentre i lipidi non hanno la proprietà di stimolare l’insulina. Abbinare ai carboidrati gli altri due nutrienti, inoltre, allungherebbe i processi digestivi, rallentando di conseguenza l’assimilazione dei glucidi e abbassandone così l’impatto glicemico e insulinico.

Le critiche ritengono infondata questa teoria in considerazione del fatto che, dal punto di vista biochimico, tutti i macronutrienti, non solo i glucidi, hanno il potere di innalzare i livelli di insulina. Questo significa che un pasto misto, soprattutto se contenente una quota glucidica, stimola comunque la secrezione di insulina, e in misura maggiore rispetto all’assunzione della stessa quota di carboidrati da sola. I parametri più utilizzati per misurare l’impatto glicemico di un alimento sono l’indice glicemico e il carico glicemico, che però tengono conto solo della risposta indotta dai carboidrati.

C’è tuttavia un terzo parametro da considerare, ovvero l’indice insulinico, che riconosce la stimolazione insulinica da parte di tutti i nutrienti, anche se in misura diversa, sottolineando che i pasti misti (specie quelli che abbinano carboidrati e proteine) determinano una risposta insulinica, ovvero una secrezione di questo ormone, più alta della loro risposta glicemica, come si legge in uno studio dell’Università di Sidney pubblicato su The American Journal of Clinical Nutrition.

Dubbi sulla capacità di stimolare il glucagone

L’altra critica mossa alla dieta a Zona riguarda la sua capacità di favorire la produzione di glucagone, ormone antagonista dell’insulina. Le proteine stimolano, effettivamente, il rilascio di glucagone insieme all’insulina, ma questo succede se il pasto non contiene glucidi: in questi casi l’insulina, stimolata dagli aminoacidi degli alimenti proteici, in assenza di carboidrati causa ipoglicemia, condizione che deve essere controbilanciata dall’ormone antagonista dell’insulina, il glucagone appunto. Ma se nel pasto è presente anche una quota glucidica insieme a quella proteica, la produzione di glucagone si attenua perché l’insulina innesca processi come la lipogenesi (conversione dei glucidi in trigliceridi) che inibiscono la produzione di glucagone.

Dubbi sulla maggiore efficacia rispetto ad altre diete dimagranti

Il CREA ha sottolineato che non ci sono evidenze che dimostrino un effetto più favorevole sulla perdita di peso nel lungo periodo della dieta a Zona rispetto alle diete ipocaloriche Low-Fat.

Dieta difficile da applicare nella vita quotidiana

Altroconsumo, che in un’indagine che ha analizzato i più diffusi programmi alimentari per dimagrire, ha assegnato alla dieta a Zona la valutazione di “mediocre”. Un giudizio legato al forte sbilanciamento nutrizionale di questa dieta, ma anche alla sua complicata articolazione dei pasti e ai costi.

Queste le motivazioni:

Controindicazioni

Le principali controindicazioni della dieta a Zona sono legate dalla sproporzione tra i nutrienti, con un eccesso di proteine e una limitazione dei carboidrati.

L’elevata quota proteica, se fornita prevalentemente da alimenti di origine animale, può infatti avere effetti negativi sui livelli del colesterolo LDL e aumentare anche il rischio di insorgenza di alcuni tipi di tumore, a causa dell’aumento dei grassi saturi assunti.

La riduzione della quota di carboidrati, oltre a rendere la dieta nutrizionalmente sbilanciata, può anche compromettere importanti funzioni come quelle ormonali e cognitive, perché l’organismo, privato di una fonte energetica, non è in grado di svolgerle, come ci ha spiegato anche il nutrizionista, Lorenzo Traversetti.

Dieta a Zona: il commento del nutrizionista

“Chiamato con i nomi più disparati, l’incremento notevole nell’assunzione delle proteine a scapito dei carboidrati viene da sempre considerato, erroneamente, la migliore strategia per perdere peso mantenendo la propria salute – commenta Lorenzo Traversetti, biologo nutrizionista – . Tale approccio ha visto la sua massima applicazione nella dieta a zona. È indubbio che se diamo meno energia al nostro corpo, lui usi le riserve per far funzionare le normali reazioni biochimiche e fisiologiche, ma tutto ciò, specie se prolungato nel tempo, ha inevitabili conseguenze, spesso serie, sulla funzionalità di reni e fegato“.

“Altro aspetto di non poco conto: il nostro corpo, quando gli diamo molta meno energia del dovuto, tende a eliminare tutti quei processi ‘non prioritari’, perché richiederebbero un surplus energetico che non stiamo fornendo, alterando funzionalità importanti come la produzione ormonale o le capacità cognitive. Un esempio: l’amenorrea come conseguenza di un apporto sbilanciato di nutrienti.

Come sempre, non è l’eliminazione di un nutriente a rendere funzionale un percorso nutrizionale bensì il corretto stile di vita e un’alimentazione sana, varia e completa. Un esempio su tutti? La dieta mediterranea”.

Cosa ne pensa Melarossa

Melarossa non può che associarsi alla raccomandazione del nutrizionista, ovvero quella di affidarsi a diete complete, varie e ben bilanciate, che assicurano il controllo o la riduzione del peso senza rischi, ma anzi favorendo il mantenimento di un buono stato di salute. La dieta mediterranea è stata riconosciuta la migliore in questo senso, motivo per cui anche le diete personalizzate di Melarossa si ispirano a questo regime alimentare.

Se vuoi saperne di più e richiedere un menù Melarossa tarato sulle tue caratteristiche, il tuo obiettivo peso e le tue preferenze alimentari, segui le indicazioni step by step della nostra guida all’iscrizione, compila i dati e ricevi subito la tua dieta su misura.

Fonti:

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